Per i lettori più attenti il titolo di questo articolo risulterà familiare. Realtà in Gioco infatti è un concorso letteraio conclusosi alcuni mesi fa di cui anche su Lega Nerd si è scritto.
Quello di cui oggi vi parlo invece è il frutto di quel concorso.
Vi presento il libro (un tomo di 672 pagine) che raccoglie i 27 racconti dei vincitori (quasi tutti scrittori in erba, esperti videogiocatori) e 7 penne note, che invece per la prima volta si sono cimentati a scrivere storie ispirate alla realtà virtuali.
Uscirà la prima settimana di maggio per Multiplayer.it Edizioni (che ha organizzato il concorso) al prezzo di 15 Euro e verrà presentato al Salone del Libro di Torino, venerdì 17 (che data! Se mentre ci vai scivoli su una buccia di banana puoi citarli :D) alle ore 18, presso l’area Book To The Future.
Veniamo ora alle cose serie: cosa ha di speciale questo libro?
Facciamo un passo indietro per capirne la genesi.
Un concorso letterario che nasce per raccogliere le storie degli amanti dei videogiochi è una cosa completamente nuova, un’impresa ardua in cui pochissimi credono negli ambienti “letterari”.
Ispirarsi ai videogiochi per scrivere romanzi è di per se ancora in Italia una pratica denigrante o in qualche modo un po’ svilente. Siamo in quelle zone d’ombra, in cui ci si ritrova spesso se sei un poveretto che ama il fantasy, la fantascienza o peggio mi sento, sotto generi come lo steampunk, il post-apocalittico, le distopie futuristiche.
Nessuno credeva che gli amanti delle storie a base di pixel potessero essere anche originali autori di storie incredibilmente belle, talvolta un po’ fuori di testa, ma originali e nuove. Ecco invece hanno partecipato in 190, più di 70 racconti sono stati pubblicati online sul sito del concorso per circa 6 mesi, votati e commentati. I primi 10 più votati sono andati diretti nell’antologia, altri 17 invece sono stati selezionati da 3 “esperti”. Dietro ogni testo c’è il lavoro di un editor, di un revisore e della redazione della casa editrice.
“Storie Straordinarie per Vite Ordinarie” è tutto questo, un libro vicino a chi lo legge perché attinge all’immaginario collettivo di tutti coloro che coltivano la passione dei videogiochi, della fantascienza hard core, dei film alla “Matrix” e di tutte quelle forme di intrattenimento classificate genericamente “geek”, “pop” e “nerd” (che stress le definizioni!).
Visto che però le chiacchere stanno a zero e sui libri vale quella formula da televendita che andava di moda negli anni ’80 “Provare per credere”, di seguito trovate una piccola anticipazione.
Potete scaricarla qui (estratto direttamente dal libro) oppure continuare a leggere…
Introduzione di Luca Corvi
Fino a qualche anno fa, devo ammetterlo sinceramente, l’antologia di racconti che avete fra le mani sarebbe stata impossibile.
Non ci sarebbero stati né gli autori in grado di scrivere certe storie né ci sarebbero stati videogiochi così influenti mediaticamente da dimostrare che non esiste più un confine fra certi passatempi, un certo tipo di cinema e un certo tipo di letteratura.
Al giorno d’oggi ci sono game che producono cicli fortunati di romanzi, film che vengono sviluppati parallelamente in formato gioco, e letteratura fantastica che reinventa per i lettori il linguaggio tecnologico e sincopato di piattaforme come la PlayStation, il Wii o l’Xbox.
Quando vidi entrare per la prima volta in casa mia il Pong dell’Atari mai mi sarei immaginato che quell’invenzione ludica potesse creare altri universi narrativi e potesse arrivare a costruire un vero e proprio immaginario.
Mi ricordo ancora il mio babbo che goffamente portò a casa quella scatola nera che gli avevano dato in RAI (con allegato un semplice foglio bianco con pochissime istruzioni), dicendogli che era un gioco sperimentale da provare sulla televisione casalinga attaccandola con i cavi. I cavetti noi non ce l’avevamo e non erano nella scatola.
Dovemmo costringere mia madre ad andare dall’elettricista del quartiere a cercarli. L’elettricista nemmeno capì a cosa le potevano servire. Io e mio fratello però, armati di cavetti, tentammo l’esperimento senza per fortuna prendere la scossa. Per un po’ lo schermo del televisore rimase scuro.
Eravamo convinti di averlo rotto e mia mamma cominciò a dircene di ogni. Non si vedevano più nemmeno i canali. Poi, quasi magicamente, si materializzò una striscia bianca al centro dello schermo, assieme a due bacchettine ai lati con qualcosa che rimbalzava pigramente nel mezzo da una parte all’altra.
Ci volle qualche istante per capire che era una sorta di ping pong elettronico e che il nostro ruolo era quello di dirigere la pallina da una parte all’altra in modo da segnare punti nel campo avversario, utilizzando le due bacchette attaccate alla scatola nera che facevano parte del kit del gioco.
Nel giro di una settimana divenne difficile staccarci dal televisore. E per provare lo stesso tipo di stupore devo ammettere che dovemmo attendere qualche anno. Ovvero quando avvenne la diabolica invenzione delle macchinette da bar che si illuminavano con i videogiochi.
Prima eravamo abituati ad avventarci sul calcio balilla, anche perché i colorati flipper erano considerati territorio per adolescenti scafati e adulti che si erano stufati delle carte da scopone (e il jukebox ahimè era sempre rotto).
Il primo videogioco ad apparire nel bar di montagna sull’Appennino emiliano, dove io e mio fratello passavamo le vacanze estive, fu quello che conteneva nella sua pancia Space Invaders.
Immaginatevi mia nonna che cominciò a prendere sistematicamente per le orecchie me e mio fratello per portarci a casa, perché il bar non era esattamente luogo da bimbi e i videogiochi non erano certo una sana passione. Meglio mandarci a innaffiare le centinaia di rose del giardino con la scusa che potevamo giocare a cowboy e indiani.
Potrei anche ricordare l’emozione tascabile di quando regalarono a mio fratello Alessio il Donkey Kong della Nintendo di colore arancione, piccola scatolina che produsse parecchi capricci e litigi in casa (visto che ce l’aveva solo lui). Ma torniamo al punto vero di questa introduzione: non mi sarei mai aspettato che quei giochini così ipnotici per noi bimbi (capaci persino di cancellare la forza attrattiva della televisione) alla lunga avrebbero prodotto altri mondi e soprattutto nuova letteratura.
Eppure avrei dovuto sospettarlo fin da quando il desiderio di ascoltare una nuova canzone inedita della rock band americana dei Journey mi spinse ad andare al cinema a vedere Tron (1982). Un film rivoluzionario per la sua concezione grafica e narrativa, che ci mostrava cosa letteralmente succedeva fra le pieghe d’una realtà fantastica come quella di un videogioco.
La Walt Disney non venne immediatamente ripagata dell’investimento, ma il regista e sceneggiatore di quella pellicola, il geniale Steven Lisberger, svelò i segreti di un mondo che nessuno osava neppure immaginare. E figuratevi se io potevo arrivare a sognarmi che a ispirare fin dal 1976 l’idea narrativa di quel film era stata proprio la fascinazione per Pong.
Quello stesso gioco in bianco e nero, che aveva sconvolto la mia vita e rischiato di distruggere la nostra televisione, aveva sconvolto anche quella di Lisberger. Ricordo poi lo stupore di adolescente quando al cinema vidi un altro mio cult movie: War Games (1983) di John Badham.
Scoprii come si poteva penetrare nei sistemi di difesa del Pentagono semplicemente giocando a Space Invaders. Non era ancora né l’epoca di internet né l’epoca in cui gli hacker si divertono quotidianamente a bersagliare le major mettendo letteralmente in ginocchio i sistemi di accesso alle banche dati. Eppure c’era già uno scrittore che studiando il mondo informatico e ludico ipotizzava l’esistenza di altre realtà.
Sto parlando di William Gibson che mi è capitato di intervistare qualche anno fa e che mi ha confessato apertamente: “Due cose mi hanno letteralmente suggerito l’idea che una realtà come il cyberspazio poteva esistere: la diffusione del primi personal computer e soprattutto l’avere osservato i ragazzini che giocavano con i primi videogame.
Mi ha incuriosito vedere come questi giovani stavano ore e ore incollati agli schermi e consideravano quel momento sì un momento di gioco ed evasione, ma soprattutto mi davano l’impressione di voler in qualche modo entrare dall’altra parte dello schermo. I ragazzini volevano far parte della rete, entrare nei videogiochi.
Erano consapevoli che quella era una sorta di nuova realtà senza limiti né confini, nella quale potevano penetrare in una maniera molto reale”. Quindi opere di Gibson come La notte che bruciammo Chrome (che contiene l’idea fondativa di internet), Negromante, Giù nel Cyberspazio, Monna Lisa Cyberpunk e Luce virtuale forse non sarebbero mai esistite se lo scrittore inglese non avesse osservato per ore i ragazzini che giocavano a Space Invaders.
E mentre la fantascienza ha cominciato a esplorare in parallelo questo nuovo universo narrativo, a partire dal movimento cyberpunk, poco per volta anche il mondo del thriller ha capito che c’era materia narrativa da produrre e attingere dal mondo dei game. Pioniere in questo senso è stato il guru del tecno-thriller americano Tom Clancy che decise di accantonare per un po’ il suo eroe Jack Ryan (nonostante lo straordinario successo de La grande fuga dell’Ottobre Rosso) per dare vita, nel 2002, allo “sparatutto” di spionaggio Splinter Cell della Ubisoft.
Un gioco che in seguito ha dato origine a una fortunata serie di romanzi a esso collegati, nella stesura dei quali Clancy si è fatto aiutare negli anni da un esperto cowriter come David Michaels.
Poi sono arrivati i grandi successi in libreria della saga di Resident Evil, realizzati dalla scrittrice S. D. Perry, che ha dimostrato di saper sfruttare le tematiche zombesche indipendentemente dalle schermate dell’omonimo videogioco.
Ma sono esplose anche le incursioni della serie Dawn of War, scritta dall’irlandese Goto Cassern S. ispirandosi al celeberrimo wargame tridimensionale futuristico Warhammer 40.000.
Per non parlare poi del successo planetario dei romanzi storico-avventurosi di Oliver Bowden legati ad Assassin’s Creed e capaci di raccontare in maniera avvincente il Rinascimento italiano, ma anche le guerre d’indipendenza americane.
E quanto epico possa essere lavorare con certi materiali lo conferma non solo il risultato di quei romanzi, ma anche il fatto che possano dare vita a vere e proprie rievocazioni storiche in costume come la battaglia di Bunker Hill, alla quale ho assistito personalmente l’anno scorso sotto le mura della città di Lucca assieme alle centinaia di figuranti coinvolti nell’impresa bellica, rischiando prima di essere investito dal cavallo imbizzarrito di Connor e poi di affondare in un acquitrino.
Solo sbirciando il catalogo di Multilpayer.it Edizioni, che ha coraggiosamente deciso di produrre l’antologia che avete fra le mani, vi accorgerete che – fra i titoli di narrativa prodotti in questi ultimi anni – spiccano quelli di serie come Metal Gear Solid, Blood Brothers, Gears of War, Dragon Age, Mass Effect, Kilo-5, God of War, Doom, BioShock. Titoli ormai indipendenti dai videogiochi che li hanno generati e che attingono a generi diversi come il fantasy, la fantascienza, il bellico, l’epic e l’horror, e che spesso possono essere mescolati fra loro ottenendo risultati incredibili.
Ormai tutte le contaminazioni sono possibili. Chi si sarebbe mai aspettato che Dante Alighieri con la sua Divina Commedia potesse essere totalmente reinventato grazie a un gioco come Dante’s Inferno e chi si sarebbe mai aspettato che questo passaggio mediatico avrebbe poi prodotto anche cartoni animati e fumetti di successo? Grandi film come la trilogia de Il Signore degli Anelli, quella di Batman di Christopher Nolan, quella di Matrix dei fratelli Wachowski, la saga di Harry Potter ma anche Avatar non avrebbero avuto lo stesso impatto senza una tecnologia ludica di supporto che ha permesso a questi film di espandersi anche in altri territori.
E che dire poi di grandi registi e sceneggiatori di Hollywood come John Milius che decidono di allearsi a scrittori di genere come Raymond Benson (già celebre per i suoi sequel di James Bond) per dare vita contemporaneamente a videogiochi e romanzi distopici come Homefront.
La voce della libertà? Insomma ci troviamo davanti a una realtà narrativa davvero singolare, che ha bisogno di espandersi su più fronti e che pur utilizzando linguaggi molteplici riesce a mantenere la stessa forza immaginifica. Vanno registrati anche fenomeni singolari come quelli delle storie nate on line che diventano poi videogame di successo.
Pensate a Metro 2033 e Metro 2034 del russo Dmitry Glukhovsky, scaricati originariamente da oltre tre milioni di persone in rete e trasformati, in attesa di sbarcare al cinema, in un acclamato videogioco ma anche in una saga libraria capace di vendere oltre 500.000 copie in Europa, con tanto di spin-off letterari siglati da autori come Tullio Avoledo, Vrochek Shimun, Andrey Dyakov.
Quanto gli universi dei giochi, dei fumetti, della letteratura e del cinema sono fusi e imprescindibili gli uni per gli altri, lo scoprirete proprio leggendo i racconti contenuti in quest’antologia, scritti da autori che non solo si sono impadroniti del linguaggio dei videogiochi, ma da essi hanno tratto un immaginario narrativo singolare.
A Natale di quest’anno mi è capitato di vedere assieme ai miei figli un divertente film d’animazione come Ralph Spaccatutto di Rich Moore. Nessuno dei miei puffi ha pensato che quella storia omaggiasse in molte sequenze giochi come Super Mario, Donkey Kong, Crash Team Racing, Gears of War, Halo, Street Fighter, Final Fantasy, Diablo, Tomb Raider, Pac-Man, Centipede e Pong. I miei quattro figli hanno però notato subito gli omaggi ad Alice nel Paese delle Meraviglie e alla serie di cartoni animati di Hanna-Barbera intitolata Wacky Races.
Vorrei che anche voi vi divertiste a leggere le storie che seguono, capendo lo spirito giocoso e avventuroso che hanno le citazioni e gli omaggi contenuti in questi racconti originali.
Omaggi in alcuni casi espliciti e in altri più criptici che vi invito a scoprire e magari a commentare sul sito di Multiplayer.it. Vi troverete davanti a classici sparatutto, ad adventure game, a storie di vampiri e zombie, a love story impossibili, a fantasy avveniristici con draghi, maghi e principesse, a storie di guerra del passato e del futuro. Situazioni ludiche che possono appartenere a piattaforme diverse, ma che hanno in comune la passione per il divertimento.
Una volta che le inizierete, anche voi comincerete a giocare e vi sarà difficile smettere. Sappiate che per tutti gli autori che hanno partecipato all’impresa è stato davvero una scommessa costruire certe trame e dar vita a certi personaggi. E credo che il grande narratore fantastico Richard Matheson approverebbe il desiderio di contaminazione che pervade tutte queste “storie straordinarie per vite ordinarie”.
La sovrapposizione fra i generi non è un problema, anzi come mi ha raccontato Matheson stesso: “Uno scrittore che ragiona per generi è fuori strada. Forse i lettori avvertono la necessità di distinguere gli scrittori in base al genere, di inserirli in comode nicchie ma io ho sempre cercato di scansare quest’operazione. Io ho scelto volontariamente di scrivere romanzi che contenessero elementi noir ed elementi horror… È talmente facile saltare da un genere all’altro che si può ambientare una storia d’amore su Marte come se si trattasse di un romanzo di fantascienza, così come viceversa si può ambientare quella stessa storia d’amore nel buon vecchio West ed ecco che si è scritto un western.
Oppure si può persino dislocarla in Transilvania ed ecco che si è scritto un romanzo dell’orrore! L’idea stessa di costringere uno scrittore entro confini predefiniti mi è aliena. Quegli scrittori che continuano a scrivere la stessa cosa e che non la smettono mai di ripetersi finiscono poi in trappola”. Non posso certo mentire dicendovi che tutti gli autori di questa antologia scrivono in maniera fulminante come Matheson, ma posso assicurarvi che ci hanno davvero messo tutti cuore e fantasia.
Anche perché alcuni di loro sono stati costretti a combattere nell’arena di internet per potersi meritare il diritto di entrare a far parte di questa raccolta. Non è detto che amerete tutte le loro storie, ma sicuramente vi sarà impossibile dire che sono una uguale all’altra. Non ci sono cloni nei plot che leggerete e non impressionatevi se arrivati all’ultima pagina del volume vi apparirà la scritta: Game Over! Se vorrete riprendere la partita non avrete più bisogno di gettoni, vi basterà semplicemente riaprire a caso le pagine del libro. E allora che cosa aspettate a schiacciare “start”?!
Buona lettura!
Se siete arrivati qui in fondo a leggere, allora vi meritate una buona notizia. La prossima anteprima sarà il racconto integrale scritto per la raccolta da Roberto Recchioni Get a life (fatte ’na vita) – un racconto di Asso –
Manuela lavora per Multiplayer.it Edizioni e ci regalerà in esclusiva su Lega Nerd svariate anteprime e news dal mondo dell’editoria, tenetela come riferimento e come persona a cui rompere le palle se volete informazioni o avete domande sui libri usciti o in uscita da Multiplayer.
Per maggiori informazioni:
- I Vincitori del Concorso Letterario sul sito di Multiplayer.it Edizioni
- La scheda del libro