[image]https://leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_040737.jpg[/image]

Sul finire dell’800 una porzione significativa della ricerca in fisica si stava concentrando su un’aspetto singolare di alcuni elementi: la [b]fosforescenza[/b]. Si trattava di eccitare elettromagneticamente (in parole povere, di illuminare) un materiale, il fosforo, e poi osservare al buio le conseguenze dell’esposizione alle radiazioni luminose: l’effetto consisteva nel fatto che il fosforo “brillava” al buio, emettendo luce.
La spiegazione (a grandi linee) è molto semplice: gli elettroni vengono eccitati e “saltano” sulle orbite più esterne acquistando energia dall’esterno (dai [b]fotoni[/b]). Quando poi l’elemento viene lasciato a riposo questi elettroni eccitati tendono a tornare sulle loro orbite ordinarie e, nel farlo, emettono radiazioni (anche nello spettro visibile all’occhio umano).

In Francia [b]Antoine Henri Becquerel[/b] (figlio e nipote di scienziati) stava studiando appunto la fosforescenza dei [b]sali di uranio[/b]: si trattava di irraggiare tali sali e di porli su una lastra fotografica che ne sarebbe rimasta “impressa”. L’interesse primario era dovuto al fatto che tali materiali potevano essere considerati una sorta di [i]accumulatori[/i] di energia naturale (la luce solare) da venir poi rilasciata poco a poco.. ma erano tutte questioni aperte, non c’era nulla di certo (proprio così funziona la ricerca scientifica d’avanguardia).

Il caso volle che una sera (la sera più fortunata della storia della scienza) Becquerel uscì dal suo laboratorio lasciando una[b] lastra fotografica vergine[/b] (avvolta nel foglio metallico protettivo) in un cassetto chiuso: l’avrebbe utilizzata i giorni immediatamente seguenti nei suoi esperimenti.. Il caso volle che però in quello stesso cassetto erano rimasti accidentalmente alcuni sali di uranio (che lui stesso utilizzava quotidianamente nei suoi esperimenti sulla fosforescenza) che impressionarono la lastra fotografica nella più totale oscurità.

Il giorno seguente, quando Becquerel tirò fuori la lastra dal suo involucro protettivo la vide impressionata e, da scienziato quel era, invece di gettarla via e di procurarsene una vergine si domandò cosa potesse essere successo in quella “strana” notte: tirò fuori il cassetto e trovò i sali di uranio dimenticati là dentro chissà quanti giorni prima..

Fu così che un’idea iniziò a prendere forma nella sua mente di ricercatore: i sali di uranio dovevano aver impressionato la lastra [i]AUTONOMAMENTE[/i], senza l’energia aggiuntiva dovuta all’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche!

Ma non era finita: la lastra era stata impressionata nonostante fosse protetta dai fogli metallici in cui era avvolta, per cui Becquerel dedusse che le emissioni dei sali di uranio fossero molto più penetranti dei normali raggi luminosi emessi durante il fenomeno della fosforescenza.. forse erano affini ai Raggi X, anch’essi scoperti da poco?
[nb: della stessa idea era anche Henri Poincaré, amico e stimatore del nostro Becquerel, che lo spinse ad approfondire la questione, se mai avesse avuto dei dubbi in merito].

Quello stesso anno una studentessa modello di nome [b]Maria Skłodowska[/b], meglio nota come [i]Marie Curie[/i] (toglietevi il cappello ogni volta che pronunciate il Suo nome!), si interessò alla questione e fece la sua tesi di dottorato proprio su questo argomento, aiutata anche dal marito [b]Pierre Curie[/b] (collega e amico di Becquerel).

Pochi giorni dopo il suo interessamento alla questione dei “raggi d’uranio” la Curie scoprì, assieme al marito, che anche il [i]torio[/i] possedeva le stesse caratteristiche dell’uranio e che la [i]pechblenda[/i] (un minerale dell’uranio) era circa 100 unità di grandezza più “attiva” dei comuni sali di uranio: fu da questo minerale che pochi anni dopo (nel 1898) i due coniugi isolarono i due elementi che battezzarono “[i]Polonio[/i]” (in memoria del paese di origine di lei) e “[i]Radio[/i]” (a causa della sua notevole attività).

Fu proprio nel lavoro pubblicato dai due coniugi nel 1898 che venne usato per la prima volta il termine “[b]radioattività[/b]”.

Curiosità:
[more]
1) Proprio utilizzando il radio la Curie riuscì a stabilire la natura dei raggi emessi scoprendo che trattava di 3 tipi di radiazioni: la prima elettricamente carica negativamente [cacofonia mode=”ON”], la seconda carica positivamente e la terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell’alfabeto greco α (alfa), β (beta), γ (gamma).

2) Nel 1903 Becquerel condivise il Premio Nobel per la Fisica con Pierre e Marie Curie “[i]in riconoscimento degli straordinari servizi che ha reso con la sua scoperta della radioattività spontanea[/i]”.

3) L’unità del Sistema Internazionale per la radioattività, è appunto il becquerel (Bq) e a lui stesso fu intitolata anche la specie minerale becquerelite.

4) L’esposizione prolungata ai materiali fortemente radioattivi ha causato la morte di entrambi i coniugi Curie le cui bare sono state rivestite con il piombo al fine di schermare i visitatori dalle radiazioni emesse dai loro corpi.

5) La Curie è l’unica donna ad aver ricevuto due premi Nobel: per la fisica e per la chimica. :res:
[/more]

Fonte: io.
[url=http://it.wikipedia.org/wiki/Radioattivit%C3%A0]wiki[/url] per “approfondire” la radioattività.
Qualche wiki per approfondire le persone: [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Antoine_Henri_Becquerel]wiki su Becquerel[/url], [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Marie_Curie]wiki sulla Skłodowska[/url], e [url=http://en.wikipedia.org/wiki/Pierre_Curie]wiki su Pierre Curie[/url].

Per approfondire vi linko, appena lo ritrovo, un bel testo .pdf dell’università di Torino (mannaggia a me che non l’ho salvato tra i preferiti).
AGGIORNAMENTO: ecco il link che vi dicevo! ;) [url=http://newton.ph.unito.it/~ramella/Documenti%20scuola/RELAZIONE%20RADIOATTIVITA.pdf]Qua[/url]

[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/serendipity/][Serendipity][/url] è la rubrica a cura di @abbo che si occupa di scoperte accidentali.[/rubrica]