Coltivazione itinerante in trasformazione: un equilibrio tra cicli e resilienza
In India succede un qualcosa che studiamo tutti a scuola e coinvolge le comunità rurali. Tre ricercatori però cercano il dialogo anche con le politiche locali. Ecco il motivo.

Gli articoli scientifici dedicati all’agricoltura raggiungono il grande pubblico. Il tema può sembrare ostico o noioso per molti ma dietro ha tantissime dimensioni interdisciplinari. Non parliamo di semplici guide su come si coltiva qualcosa, anche a casa, ma veri esperimenti tenuti da ricercatori che coinvolgono anche agricoltori singoli o comunità agricole. Nagaland è uno stato dell’India dove da decenni esiste la coltivazione itinerante. Jagannath, Dutta e Jamir sono dei ricercatori che hanno condotto un nuovo studio, poi pubblicato sull’International Journal of Anthropology and Ethnology.
A scuola studiamo l’importanza della rotazione dei terreni nelle coltivazioni. L’agricoltura itinerante, soprannominata taglia e brucia, è una pratica diffusa in regioni forestali ad alta biodiversità. Corrisponde molto alla classica rotazione dei terreni: uso temporaneo di un appezzamento poi riposo di alcuni anni che prende il nome di maggese. In zone ricche di piante e animali, questa rotazione dà tempo alla natura di rigenerarsi, ritorna fertile il suolo e ricrescono le piante.
Una nuova coltivazione itinerante ma non troppo: tre ricercatori hanno integrato sistemi moderni di osservazione, analisi e scelta
La porzione di foresta scelta dove coltivare viene selezionata bene all’inizio. Si studiano la topografia del luogo e le esigenze comunitarie. L’area viene anche disboscata per produrre biomassa secca. Le ceneri verranno utilizzate come fertilizzante naturale. Gli agricoltori poi seminano: le colture devono essere diversificate. Vengono scelte piante alimentari che in altre parti del mondo vengono prodotte estensivamente per accontentare il commercio mondiale ma lasciando foreste e terreni consumati. Parliamo di riso, mais, legumi e tuberi che fanno parte anche dell’alimentazione locale.
I tre studiosi hanno combinato il telerilevamento e la profilazione avanzata dei nutrienti del suolo. Sì alla rotazione dei terreni ma con metodi di analisi del terreno, della produttività agricola e della biosfera boschiva più profondi e moderni rispetto ai metodi tradizionali. Quello che si ottiene sono dati migliori sui bisogni sia del terreno che delle piante. Parliamo di nutrienti, carbonio e altri elementi climatici importanti.
I tre ricercatori hanno anche esplorato le conoscenze indigene e popolari per selezionare quelle più efficaci nella produzione e preservazione della natura e dell’agricoltura. Uno studio che ha unito anche dialogo con le comunità rurali e richiamo all’attenzione politica visto che si affronta anche il nodo cruciale e globale dei cambiamenti climatici e della resilienza rurale.