Nel 2024, l’industria delle app è stata travolta dall’entusiasmo per l’intelligenza artificiale generativa. Il risultato? L’App Store di Apple è stato invaso da centinaia di applicazioni che promettono di rivoluzionare la routine dell’utente grazie all’AI. Un’indagine di The Verge ha esplorato questo nuovo trend, scoprendo che non sempre la qualità delle app è all’altezza di quanto promesso all’utente.
App AI: tanto hype, poca sostanza?
Tra le app di grafica e design più scaricate, molte incorporano la sigla “AI” nel nome, un dettaglio che sembra attrarre gli utenti. HUBX, uno sviluppatore con sede in Turchia, domina la scena con tre app ai vertici della categoria, tra cui DaVinci AI, un generatore di immagini che promette editing avanzato. Tuttavia, la realtà è ben diversa: gli strumenti più utili sono bloccati dietro abbonamenti costosi (30€ all’anno o 5€ a settimana), mentre la versione gratuita offre risultati deludenti, con immagini piene di errori visivi e interfacce difficili da navigare. Anche le altre app di HUBX, come Home AI e Tattoo AI, si sono rivelate poco performanti, con funzionalità che spesso non funzionano o producono risultati spazzatura.
Curiosamente, le app in questione hanno un enorme numero di recensioni positive, nonostante non manchino, sommerse da altri pareri a cinque stelle, i commenti degli utenti che sono rimasti delusi dalla loro qualità.
E poi ci sono le app dei big
Non tutte le app AI del settore creativo sono deludenti. Ad ogni modo, quasi sempre vale la pena di puntare sui grandi nomi. Photoroom e Picsart AI, ad esempio, secondo The Verge riescono a offrire funzionalità solide senza deludere le aspettative. Insomma, fanno esattamente quello che promettono. Questi strumenti si distinguono per l’affidabilità nella rimozione di sfondi o oggetti indesiderati e per le opzioni di design intuitive, anche se alcune funzionalità premium sono bloccate dietro abbonamenti mensili.
Nel complesso, le app di peggiore qualità (che The Verge definisce addirittura “app spam”) si rivolgono ad un pubblico generalista, senza nemmeno tentare di attrarre i professionisti — che comprensibilmente possono contare su nomi consolidati come Adobe e Clip Studio.