Quella di Paul e Rachelle Baron era una storia di successo: l’ennesimo esempio di come Amazon può dare slancio anche alle piccolissime imprese, rendendo possibile la creazione di un impero partendo da una semplice idea ben realizzata. Il pannolino lavabile che avevano progettato per il loro figlio è diventato rapidamente un best seller grazie all’algoritmo di Amazon, che ha portato a valutazioni a cinque stelle e feedback positivi da parte dei clienti soddisfatti.

Poi l’e-commerce ha commesso un errore clamoroso, rovinando il loro business a la loro vita. Un cliente ha scritto di aver ricevuto un pannolino usato e macchiato di feci, con tanto di foto dell’orrore allegate alla recensione. Da lì è andato tutto a scatafascio. Peccato però che i due imprenditori non avessero nessuna colpa.

Oggetti restituiti venduti come nuovi: ma Amazon controlla?

Amazon sostiene di ispezionare ogni reso prima di rimetterlo ad inventario e, dunque, proporlo in vendita ad altri potenziali clienti. Ma è evidente che non sempre le cose vanno per il meglio: il volume dei resi è enorme, al punto che ormai l’e-commerce, per alcuni oggetti di piccolo valore, preferisce restituire i soldi al cliente senza chiedere indietro l’oggetto.

Tale quantità di oggetti restituiti ogni giorno rendono virtualmente impossibile un controllo capillare. Può quindi succedere che il cliente riceva uno smartphone che non funziona. Oppure un pannolino usato, come in questo caso.

La coppia ha prontamente avvisato l’assistenza clienti del clamoroso incidente, ma l’e-commerce non ha mosso un dito, lasciando che quella recensione rimanesse online per diversi anni. Morale? Le vendite sono crollate a picco e i coniugi Baron si sono dovuti indebitare per mantenere aperta la loro attività. Ora hanno entrambi un doppio lavoro: il marito fa consulenze per altri imprenditori, mentre la moglie lavora part time nella logistica.

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Il muro del servizio clienti

Non riuscendo ad ottenere una risposta positiva dall’assistenza di Amazon, i due imprenditori hanno tentato di contattare l’acquirente, che inizialmente si è dimostrato comprensivo. “Mi hanno spiegato che Amazon gestisce in autonomia le restituzioni e le spedizioni”, ha raccontato a Bloomberg. “Avevo ogni intenzione di tornare sui miei passi e modificare la recensione, ma la vita è complicata e tra un impegno e l’altro mi sono dimenticato di farlo”.

Bloomberg racconta che, dopo averlo contattato lo scorso giugno per l’intervista, il cliente inizialmente sembrava non sapere nemmeno di cosa stesse parlando il giornalista. Non si ricordava minimamente né del pannolino, né di aver lasciato una recensione. Eppure il suo commento è bastato per mandare in crisi un’azienda.

Nel frattempo, Amazon ha cambiato parzialmente le sue regole. Adesso i venditori possono scegliere di non accettare che gli oggetti restituiti vengano automaticamente rimessi in vendita da Amazon: selezionando questa opzione, almeno in teoria, incidenti di questo tipo non dovrebbero ripetersi.

In un comunicato, un portavoce di Amazon ha spiegato che l’azienda, quell’incidente, se lo ricorda molto bene: “da quando è capitato, quattro anni fa, abbiamo cambiato le nostre procedure d’ispezione: ora controlliamo anche gli interni dei pacchi per controllare che sia tutto ok”.