Quando, la maggior parte delle volte per meriti commerciali, una serie viene eletta ad ammiraglia di un progetto più ampio legato all’immaginario da essa generato, allora non solo cambiano la sua natura, i suoi scopi e le sue ambizioni, ma cambiano soprattutto i suoi presupposti. Ciò può aprire a tutta una nuova lista di rischi e possibilità e la sfida diventa a quel punto trovare una nuova strada per gestire la metamorfosi editoriale ed integrarla con il corpus originale. In qualsiasi dei casi bisogna che gli spettatori comprendano di essere di fronte ad una creatura del tutto nuova.

Questa consapevolezza non può che giocare un ruolo predominante nella recensione della quarta stagione di The Boys, su Prime Video dal 13 giugno 2024 con i primi 3 episodi per poi procedere settimanalmente, come da tradizione della serie originale Amazon ideata da Eric Kripke.

Essa è infatti la prima del titolo che dichiaratamente risente a livello narrativo della portata di un successo tra il pubblico del piccolo schermo (di cui buona parte non ha mai probabilmente letto il fumetto creato da Garth Ennis e Darick Robertson) tale da aver ampliato il proprio universo con spinoff già usciti, The Boys presenta: Diabolico! e Gen V (qui la nostra recensione), e un altro in arrivo dal titolo The Boys: Mexico. Tutto ciò ha portato The Boys 4 a dover essere giudicata in modo diverso rispetto ai 3 atti precedenti, mettendo sul piatto della bilancia il dovere degli autori di tenere la barra dritta tenendo conto dei mutamenti.

Un compito arduo e che le menti dietro lo show hanno cercato di gestire puntando sulla sfera politica della serie (un suo cavallo di battaglia) e sull’approfondimento dei personaggi, cercando parallelamente una continuità di trama. Non tutto è riuscito a pieno perché si avverte un certo scollamento tra i vari interessi e a farne le spese è una trama che gira un po’ a vuoto per gran parte della stagione, tenuta alla fine insieme dal carisma di alcuni personaggi e dalle solito ottimo adattamento delle trovate dark in stile The Boys carta stampata.

Equilibri precari

Jeffey Dean Morgan - The Boys 4

There’s a new player in town.

La storia è fatalmente legata a quella della prima stagione di Gen V, durante la quale si viene a sapere di un virus in grado di uccidere i Super. Informazione della quale viene a conoscenza l’uomo che più ama i Super al mondo, ovvero il nostro Billy Butcher (Karl Urban), leader dei Boys, con i quali però i rapporti sono “leggermente” deteriorati dopo i fatti legati al “Soldatino-gate”.

Peccato per lui perché il gruppo si è guadagnato l’appoggio della CIA, che però ha trovato più affidabile la guida di Marvin “Latte Materno” Milk (Laz Alonso), il quale ha però in realtà non poche difficoltà a gestire Frenchie (Tomer Kapon) e Kimiko (Karen Fukuhara) e soprattutto Hughie (Jack Quaid), nonostante le buone intenzioni. Fortunatamente per l’inglese arriverà un aiuto nuovo sotto forma di Joe Kessler (Jeffrey Dean Morgan), ex collega di Butcher.

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Il rimpasto interno al gruppo di eroi / antieroi è sinonimo di quello che è avvenuto nel mondo dopo l’abbandono dei Sette da parte di Starlight, venuta allo scoperto come Annie January (Erin Moriarty) per contrastare pubblicamente l’immagine di Patriota (Antony Starr), che vuole invece rivoluzionare il suo team, cercando di dare nuova linfa ai vecchi membri e introducendone una under dog, Sister Sage (Susan Heyward), il cui apporto sarà fondamentale per i piani della Vought, a partire dalla decisione di assoldare l’influencer / podcaster complottista Firecracker (Valorie Curry).

Patriota e Ryan - The Boys 4

Padre e figlio che passano del tempo insieme.

In questo grande mosaico che si sta riassestando è ancora viva la questione Ryan (Cameron Crovetti), diviso tra due figure paterne sempre più tossiche, e, soprattutto, il problema di Victoria Neuman (Claudia Doumit), l’”esplodi teste” dalla dubbia moralità in piena corsa per un ruolo abbastanza importante alle presidenziali degli Stati Uniti d’America.

La difficoltà di essere The Boys oggi

The Boys ha trovato da tempo la formula con cui farsi apprezzare dal suo pubblico e si basa soprattutto sul rimpasto dell’estrema ironia del fumetto e il ribaltamento dei classici toni del racconto supereroistico. La cosa più bella di questa stagione (come della scorsa) rischia infatti di essere ancora una volta tutto ciò che ruota intorno a questo giochino, dalle trovate di trama ai siparietti fini a se stessi. Dunque, tutto ciò che è concorso a creare l’immaginario sul quale si basa il successo della serie anche in quanto marchio.

The Boys 4

I nuovi volti dei Sette.

Su questo si è innestato il piano politico che ormai ha preso vita propria e in questa nuova stagione soppianta la storia in sé, che cerca di sopravvivere attraverso l’esplorazione ulteriore dei background (alcuni già ampiamente scandagliati tra l’altro), ma riuscendoci solo a tratti a causa della mancanza di sbocchi. La quarta stagione di The Boys per larghi tratti sembra girare a vuoto, mentre parla di incel, cultura woke, ramo complottista, prende di mira lo scontro propagandistico contemporaneo negli USA e prova a riscrivere il profilo dei suoi volti, cercando la crisi di ognuno di loro ad ogni costo.

Il tutto con l’elefante nella stanza del virus (altro riferimento al mondo attuale) che pretende di essere chiamato in causa a dispetto di uno sviluppo narrativo che invece, anche per meriti conquistati sul campo, vuole prendersi il tempo di ampliare il proprio universo, cercare nuove strade per sfidare lo spettatore. Peccato perché si ferma sempre un tantino prima di farlo, nonostante qualcosina di succoso accade, consapevole del fatto che ciò che fa andare avanti lo show siano i pezzi da novanta: Butcher e Patriota, portati in scena ancora una volta in modo impeccabile da Urban e Starr.

Patriota - The Boys 4

Patriota e i suoi momenti felici

Alla sua quarta stagione possiamo dire che l’ambizione di The Boys sia divenuta quella di costituire uno specchio distorto, ma più possibilmente veritiero della società reale, mettendo in secondo piano l’intenzione di raccontare una storia con delle logiche inattaccabili. Un fenomeno pop che vuole farsi sempre più trattato sociale (a volte persino intimo), che però continua a funzionare al meglio solo quando si ricorda da dove è partito. Non vuoldire che sia da buttare cosa sia diventato, anzi, ma che gli risulta sempre più difficile tenere tutto quanto insieme e funzionare a dovere. L’ago della bilancia sarà alla fine dei conti lo stesso delle stagioni precedenti.

70
The Boys
Recensione di Jacopo Fioretti

Nella recensione della quarta stagione di The Boys, la serie originale Amazon creata da Eric Kripke, vi abbiamo parlato di una serie profondamente cambiata rispetto alla sua forma originale. Questo nuovo atto arriva dopo che lo show ha acquisito un posizionamento nuovo a livello editoriale e ha il compito di integrare gli spinoff e alzare l'asticella. Nel farlo punta all'approfondimento dei personaggi e al suo lato politico, cercando di divenire un trattato sociale a scapito della storia che racconta, sacrificando un po' di coerenza ed efficacia, consapevole per altro del fatto che sono i suoi pezzi da novanti e le formule consolidate a sostenerlo.

ME GUSTA
  • Nuove ambizioni vuol dire nuove sfide.
  • Patriota e Butcher sempre sugli scudi.
  • La ricerca della lettura del contemporaneo ad ogni costo.
  • Le vecchie formule sono sempre efficaci per divertire e consolidare l'immaginario.
FAIL
  • La trama viene ogni tanto messa da parte e gira a vuoto.
  • Alcuni ulteriori approfondimenti dei personaggi sono superflui.