Galline in fuga aveva sorpreso tutti all’alba del nuovo millennio per essere estremamente divertente, per una caratterizzazione dei personaggi da subito forte e un uso della tecnica della stop-motion perfettamente connessa alla storia – nonché la pellicola con quel linguaggio con il più alto incasso di sempre – e soprattutto per il femminismo ante litteram che portava con sé. Un film estremamente avanti per i suoi tempi. Facendone un sequel più di vent’anni dopo si rischiava quindi di incorrere nel tranello in cui cadono molti cult rivisitati nell’epoca nostalgica in cui stiamo vivendo. Per fortuna non è così in questo caso, come spiegheremo nella recensione di Galline in fuga: L’alba dei nugget, disponibile questa volta su Netflix (e non in sala) dal 15 dicembre, giusto in tempo per le visioni familiari di Natale 2023.
Ritorno al pollaio
La trama di Galline in Fuga 2 riprende esattamente da dove avevamo lasciato il primo capitolo. Gaia e Rocky sono riusciti a costruirsi un mondo idilliaco al di là del fiume e della foresta, letteralmente la loro personale isola felice insieme alle galline con cui sono scappati e al vecchio Cedrone. I due hanno anche formato una famiglia con la pulcina Molly. Il tempo scorre velocemente e quest’ultima, pre-adolescente, diventa piena di curiosità verso il mondo esterno, anche perché ha preso i geni dei genitori, soprattutto della madre, e non vuole che nessuno la tenga rinchiusa in gabbia, nemmeno metaforica e all’aria aperta come può esserlo l’isola.
Sarà quindi un viaggio “al di là del fossato/foresta” – che ricorda quanto accaduto al di là dello stagno in Prendi il volo, al di là della superficie in Alla ricerca di Nemo, e così via – a riportare i nostri impavidi eroi a fare squadra per ritrovare la pulcina. Che ancora una volta fugge per incomunicabilità coi genitori, che preferiscono tenerla all’oscuro del loro passato e dei reali pericoli che si trovano al di là piuttosto che spiegarglieli apertamente. Così come il primo istinto di Gaia, ora madre, non è la rivoluzione e la lotta ma il nascondersi e proteggere le galline.
Un nuovo tipo di consumismo
Quello messo al centro di Galline in fuga: L’alba dei nugget è un nuovo tipo di consumismo e capitalismo, dato che l’industria della carne e del pollo si è evoluta da più di vent’anni fa. C’è un nuovo tipo di produzione di massa nel racconto che si focalizza così su una satira al fast food: velocità al posto di qualità.
La Aardman Animation ancora una volta viaggia al passo coi tempi, questa volta affidando la sceneggiatura a Karey Kirkpatrick & John O’Farrell e Rachel Tunnard e la regia a Sam Fell (già dietro la macchina da presa di quel gioiellino che è ParaNorman e di Giù per il tubo), che confermano di conoscere bene i personaggi e la materia. La caratterizzazione è infatti da subito efficace e risulta una perfetta evoluzione di coloro che avevamo conosciuto più di vent’anni fa, mentre le new entry sono da subito riconoscibili, a partire dalla giovane Molly. Proprio il “fuoco dentro” della libertà riporta in auge il concetto di femminismo, tramandato di madre in figlia.
Anche questo è femminismo
Proprio questo rapporto è al centro della nuova pellicola, al contrario di Prendi il volo e Alla ricerca di Nemo ci si concentra soprattutto quello tra padre e figlio. Anche perché quella gallinacea è una società fortemente matriarcale e lo dimostra il fatto che il luogo ideale che hanno creato su quell’isola è abitato perlopiù da galline (Barbieland sei in ascolto?) e gli unici due galli presenti sono Rocky e Cedrone. Mentre quest’ultimo vive ancora in ricordo dei propri giorni di gloria, il primo risulta il “sesso debole” della coppia: tolta l’aura da gallo ribelle che veniva sparato da un cannone del primo film, rimane un personaggio maschile impaurito e intento a proteggere la propria famiglia, senza riuscirci sempre per davvero e combinando guai a destra e a manca.
È proprio il suo essere pasticcione però a renderlo adorabile e a rendere la coppia con Gaia estremamente solida e fondata sul rispetto reciproco. Non manca poi la caratterizzazione delle altre galline già conosciute e amate nel primo Galline in fuga, come la forzuta Tantona e la sempre impegnata a lavorare a maglia Baba, proprio nello spirito della gallinella casalinga. È incredibile come nulla venga lasciato al caso e questo valga anche dall’altra parte della barricata: torna infatti la nemesi di Gaia, Mrs. Tweedy, che proprio come una vedova nera si è trovata un altro marito-oggetto e ancora una volta è lei a dettare le regole, spesso non rendendosi conto che sta perdendo esponenzialmente il controllo della situazione.
Slapstick funzionale
Anche a livello tecnico non abbiamo granché da eccepire a questo sequel. Funziona l’uso della stop-motion e della claymation (ovvero la plastilina applicata a quel tipo di tecnica) sia sugli ambienti che sui personaggi, giocando ancora di più sulla loro caratterizzazione accentuata, come dicevamo, e sulla comicità slapstick grazie al corpo estremamente buffo e rotondo dei volatili protagonisti. Non mancano le citazioni a celebri pellicole e saghe della storia del cinema, a partire dal titolo che richiama Romero e i suoi morti viventi, ma andando poi nella messa in scena maggiormente verso la spy story di Mission Impossible e degli heist movie.
Dopo essere evasi, questa volta devono infatti riuscire a penetrare il perimetro, per utilizzare un gergo a tema. Ma c’è spazio per omaggi addirittura a 2001: Odissea nello Spazio e a The Truman Show. Con Prendi il volo (qui la recensione) e questo film, sono proprio i volatili a caratterizzare l’animazione di questo Natale per tutta la famiglia. Se la pellicola targata Illumination/Universal punta soprattutto sulle riprese aeree e in volo, qui dato che siamo di fronte ad animali che non possono sostanzialmente librarsi in aria, bisogna ingegnarsi in altro modo, proprio come era stato fatto nel primo capitolo. Questo però non impedisce anche a questo film di spiccare il volo.
Alla fine della recensione di Galline in fuga: L’alba dei nugget ci possiamo ritenere soddisfatti del lavoro fatto a distanza di vent’anni su un titolo così cult per l’animazione stop-motion. Funzionano la nuova trama e l’evoluzione dei personaggi rispetto alla precedente, senza dimenticare il femminismo di fondo tanto dalla parte degli animali quanto degli umani protagonisti. Tra omaggi e citazioni al cinema spionistico e comicità slapstick risulta un intrattenimento piacevole e realizzato con intelligenza, pur senza stravolgere il linguaggio come aveva fatto la pellicola del 2000.
- La caratterizzazione dei personaggi, vecchi e nuovi.
- Il ribaltamento della missione.
- Il ritorno del femminismo e il rapporto madre-figlia.
- Le citazioni al genere spy story.
- È (fisiologicamente) più canonico del primo film.