Aspirina nella prevenzione degli infarti: studio rivela bassa adesione tra i pazienti cardiopatici

L’aspirina è un farmaco a basso costo e ampiamente disponibile che viene raccomandato a molte persone con problemi cardiaci, soprattutto a coloro che hanno già avuto un infarto. La ragione di questa raccomandazione è che studi precedenti hanno dimostrato che l’aspirina a basse dosi può significativamente ridurre il rischio di un secondo attacco cardiaco o di un ictus. Tuttavia, una nuova ricerca ha rivelato che solo il 40% dei pazienti cardiopatici a cui è stata prescritta l’aspirina la sta effettivamente assumendo. Questa tendenza è particolarmente preoccupante, considerando quanto sia semplice reperire questo farmaco in tutto il mondo e quanto sia conveniente dal punto di vista economico.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Jama, ha analizzato i dati provenienti da 51 Paesi e ha seguito l’uso dell’aspirina in questi luoghi per un periodo di sette anni, dal 2013 al 2020. Questi dati rivelano una disparità significativa nell’adesione al trattamento in diverse regioni del mondo. Ad esempio, in Paesi con economie più povere come l’Etiopia, il Benin e l’Afghanistan, solo il 16,5% dei pazienti cardiopatici che dovrebbero prendere l’aspirina lo fa effettivamente. D’altro canto, in Paesi sviluppati come l’Inghilterra e gli Stati Uniti, circa il 65% dei pazienti cardiopatici segue regolarmente il trattamento.

Questi dati sollevano diverse preoccupazioni. In primo luogo, c’è una chiara necessità di sensibilizzare maggiormente il pubblico sui benefici dell’aspirina nella prevenzione delle malattie cardiache. I pazienti devono essere consapevoli dell’importanza di seguire il trattamento prescritto dai loro medici. Inoltre, potrebbero essere necessarie politiche sanitarie mirate a migliorare l’accessibilità all’aspirina e a fornire informazioni chiare e accurate sui farmaci cardio-protettivi.

È importante notare che l’uso insufficiente dell’aspirina è un problema non solo nei paesi a basso reddito ma anche in molte regioni sviluppate. Ciò significa che c’è spazio per migliorare la gestione della terapia farmacologica in tutto il mondo. Un approccio globale che coinvolga medici, pazienti, istituzioni sanitarie e organizzazioni governative potrebbe aiutare a ridurre il rischio di futuri episodi cardiaci tra la popolazione cardiopatica. Inoltre, è importante considerare le sfide legate all’aderenza al trattamento, come possibili effetti collaterali o preoccupazioni finanziarie, e cercare soluzioni per affrontarle in modo efficace.

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