Barbenheimer: esplosione e implosione di un fenomeno mediatico

Solo qualche mese fa nessuno avrebbe mai pensato che l’estate (non solo cinematografica) 2023 sarebbe stata caratterizzata da un fenomeno mediatico partito come singolare meme e che, ora, sta monopolizzando le discussioni relative a cinema, marketing, cultura pop e sensibilità sociale e storica. Stiamo parlando del Barbenheimer (qualcuno lo chiama anche Barbieheimer, ma è una forma errata dell’hashtag effettivamente in voga), ovvero la mania pop legata all’incontro/scontro delle due pellicole regine delle sale cinematografiche dell’estate e, con tutta probabilità, dell’anno intero. Due pellicole assai diverse, e da lì arriva la forza del meme, che inizialmente “contrapponeva” un biopic molto serio su Oppenheimer, lo scienziato ‘padre’ della bomba atomica realizzato da uno registi di culto degli anni 2000 – Christopher Nolan – e il live allegorico sulla bambola più famosa di sempre, Barbie, un blockbuster d’autore diretto da Greta Gerwig.

Entrambi i film vantano una grandissima distribuzione e un cast delle grandi occasioni e sono stati accompagnati da campagne marketing che hanno cercato di valorizzarli esaltandone i punti di forza. A un certo punto, però, qualcosa è scattato, un vero e proprio corto circuito mediatico prima virtuoso e poi, negli ultimi giorni, decisamente caustico, che ha portato a una sorta di “incidente diplomatico” ieri in Giappone. Ma cos’è successo?

I’m a Barbie girl, in a Oppenheimer world

Inizialmente c’era una sorta di rivalità innescata dai fan di un film (e dei suoi realizzatori e interpreti) verso l’altro, basata per l’appunto sulle loro diverse qualità. Trend immediatamente intercettato anche dal marketing ufficiale e dall’establishment di Hollywood, che ha cercato di dirottarlo in maniera positiva sul fatto che, in un periodo in cui anche franchise importantissimi per il box office e l’immaginario popolare come Indiana Jones, Transformers e Fast & Furious producono risultati mediocri, il cinema di grande distribuzione potesse essere “salvato” da due grandi registi a capo di poderose produzioni in grado di conciliare spettacolo e artisticità. Da un lato, Nolan, che ha consegnato alla storia un Batman di enorme successo e pellicole di fantascienza dal ginormico seguito; dall’altro, una regista fortemente autoriale in grado di parlare al grande pubblico e rendere un live action basato su un giocattolo non solo un momento di svago ma anche l’occasione per parlare della società moderna e del ruolo dei generi all’interno di essa.

A questo aggiungiamo il bel messaggio, da parte di molti, di non porre barricate del tipo “noi o loro” ma anzi di attori e registi che mostravano entusiasti i loro biglietti per entrambi i film acquistati in prevendita (tra cui Quentin Tarantino), perché l’amore e il supporto per il cinema non è esclusivo, anzi è incondizionato. Questo ha portato un poderoso effetto anche sul box office vero e proprio, che in questo periodo post-pandemico soffre per molteplici ragioni, tra cui l’identità stessa della visione in sala, che per sopravvivere ha bisogno anche del film “evento” sempre più raro in un mercato annacquato e pigro che non aspetta altro che riversare la maggior parte del suo prodotto sulle piattaforme streaming.

Sensibilità e opportunità

barbie

Solo che, a un certo punto, la fuoriserie rosa bubblegum su cui il fenomeno girava la rete ha sbandato. In rete, si sa, è un attimo che un fenomeno diventi virale, e un film come quello di Barbie offre infiniti spunti che, nelle mani sbagliate, fanno deragliare tutte le buone intenzioni di un’operazione collettiva. In questa sede accenneremo solamente al fatto che la discussione sul femminismo e il consumismo presenti nella pellicola con protagonista Margot Robbie sia andata presto scemando verso lidi poco edificanti, rumorose frange di dileggiatori che hanno frainteso il messaggio del film. Ma è purtroppo normale di questi tempi, in cui qualunque tematica sensibile inserita in un prodotto audiovisivo diventa terreno fertile per polemiche, destinate poi a lasciare il tempo che trovano e a essere sommerse da valanghe di meme di ogni tipo.

E qui arriviamo alla polemica che sta animando il web nelle ultime ore. Una volta che il movimento del Barbenheimer (che, ricordiamo, è stato spontaneo) è divenuto qualcosa di concreto e virale sono cominciati a spuntare meme, vignette satiriche, parodie di ogni tipo, che andavano in qualche modo a incrociare i due film. In particolare, è diventata molto popolare l’idea di “mischiare” i due mondi, in maniera più o meno innocua. Oppenheimer (naturalmente con le fattezze di Cillian Murphy) al posto di Ken che balla con Barbie e scorrazza sulla sua auto, ad esempio. Alcuni poster sono relativamente innocui e scherzano magari anche sugli attori (sostituendo Ryan Gosling con Murphy in una singolare versione della locandina di La La Land, ad esempio) ma altri si sono spunti decisamente più in là, divenendo inoltre la norma. Ad esempio, inserire all’interno dei poster e degli still ufficiali di Barbie un fungo atomico sullo sfondo, magari ricolorato in rosa.

Ridicolizzando e ammorbidendo un personaggio, quello di R. Oppenheimer, che di certo è opera di agiografia nel film di Nolan, ma non è neanche il perfetto bersaglio per divenire un divertente zimbello che sostituisce il ridanciano Ken. Qualcosa che, al di là dello stridente – e relativamente buffo, per alcuni – effetto iniziale ha fatto sollevare molti sopraccigli all’interno dell’opinione pubblica nipponica, soprattutto quando meme, poster e anche video in stop motion con le bambole hanno cominciato a girare come se niente fosse. Com’è logico che sia, in qualunque parte del mondo, quando si utilizza con leggerezza un tema per fare humor nero senza curarsi della sensibilità specifica di un popolo magari lontano, l’opinione pubblica locale comincia a farsi sentire e, in breve, a diventare una voce che si fa sentire anche oltreoceano, se necessario.

Finché si è trattato di opere postate in rete da semplici utenti comuni, ad ogni modo, il tutto è rimasto nell’ambito del buzz mediatico standard: il problema è sorto quando, in risposta a un tweet di DiscussingFilm che presentava uno di questi poster (in cui un indifferente Oppenheimer tiene sulle spalle una divertita Barbie con sullo sfondo una devastazione atomica) l’account Twitter/X ufficiale internazionale del film Barbie a replicato con “Sarà un’estate da ricordare”.

Il tweet, ora cancellato, è stato preso di mira, segnalato e messo alla gogna come esempio di marketing fin troppo estremo, che ha cavalcato un trend decisamente troppo in là, non solo avallando un movimento non ufficiale ma dando man forte a un messaggio con cui si sminuiva la tragedia dell’invenzione della bomba atomica e per di più con uno slogan assolutamente fuori luogo e deprecabile, perché l’esplosione delle bombe atomiche immediatamente derivate dagli studi di Oppenheimer sul suolo nipponico sono avvenute proprio in estate, a pochi giorni dal tweet incriminato.

La reazione è stata così forte che Warner Bros. Japan, senza attendere una mediazione interna tra le branche internazionali dell’azienda, ha subito diramato un comunicato stampa in cui si dissociava e chiedeva alla controparte americana la rimozione del tweet e le scuse in proposito per l’inopportuno post.

Tempo qualche ora ed ecco effettivamente arrivare le scuse in merito, susseguenti alla cancellazione del tweet incriminato: “Warner Brothers rimpiange l’insensibile atto di engagement social e lo studio offre le sue più sincere scuse”. Naturalmente non finisce qui e la discussione procede sui social: ad esempio tra i commenti all’articolo di Deadline sulla questione c’è chi tira in ballo sensibilità distorte e se ne leggono di ogni ma ci sono anche diversi commenti molto ragionevoli di utenti nipponici che affermano di essere rimasti scottati non tanto dal meme o dal poster realizzato dall’utente sconosciuto in rete, quanto dall’utilizzo scriteriato degli stessi da parte degli organi ufficiali di promozionale di un film come Barbie. Gli argomenti per quanto sensibili, possono e devono essere affrontati, ma con tatto, non con il finto politically correct che va tanto di moda attualmente ma solo dove tira il vento.

Ora bisogna vedere quanto questa cosa avrà un impatto sul box-office nipponico dei due film, che in Giappone non sono ancora usciti: Barbie aveva ottime prospettive davanti a sé, perlomeno per gli standard attuali del cinema americano nell’arcipelago, che ha perso tantissimo pubblico negli ultimi anni ed è atteso nelle sale per l’11 agosto. Oppenheimer, invece, non ha ancora una data d’uscita: farlo uscire in estate sarebbe stato ovviamente controproducente ma ora più che mai è considerato “scomodo” e quindi rimarrà nel cassetto fino a data da destinarsi.

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