In Italia, i risparmi sui conti correnti stanno subendo un calo significativo a causa dell’inflazione. Nel primo trimestre del 2023, è evidente che la difficoltà economica nel far fronte all’aumento dei prezzi sta erodendo pesantemente la liquidità del sistema. Secondo una ricerca della Federazione Autonoma Bancari Italiani, da dicembre 2021 a marzo 2023, il saldo dei conti correnti è diminuito di oltre 61 miliardi di euro, passando da 2.076 miliardi a 2.015 miliardi. In soli tre mesi, da dicembre 2022 a marzo 2023, la diminuzione è stata di oltre 50 miliardi.
Questo trend preoccupante ha invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, che è stata pressoché nulla nei primi cinque mesi, con un aumento medio dello 0,2%. Inoltre, le riserve accumulate dal sistema produttivo stanno subendo un’erosione a causa dell’inflazione. Oltre all’erosione della liquidità sui conti bancari, si sta verificando una sfida legata ai tassi applicati ai depositi. Secondo la ricerca, la differenza tra gli interessi attivi e passivi applicati dalle banche ha mostrato un aumento sproporzionato tra il 2021 e l’inizio del 2023. Nonostante l’aumento dei tassi da parte della Bce, i rendimenti dei depositi non stanno aumentando in modo proporzionale.
Le famiglie italiane avevano depositi bancari per circa 1.163 miliardi di euro alla fine del 2021, che sono diminuiti a 1.174 miliardi a dicembre 2022. Allo stesso tempo, la liquidità in conto delle imprese si attestava a circa 428 miliardi a fine 2022 e a 423 miliardi a dicembre 2022. L’aumento dei costi del denaro ha portato i tassi sui mutui alle famiglie al 4,36% e quelli per i prestiti alle imprese al 4,33%. Tuttavia, i tassi passivi per i depositi sono rimasti molto bassi, con interessi bancari intorno allo 0,4%.
Questa situazione sta mettendo a rischio i risparmi degli italiani, in particolare coloro che hanno redditi bassi e pochi risparmi. Il segretario generale della Federazione Autonoma Bancari Italiani sottolinea l’importanza che le banche restituiscano alla clientela una parte dei benefici derivanti dall’aumento del costo del denaro, alzando i tassi di interesse sui conti correnti. Allo stesso tempo, si cerca una soluzione nell’aggiornamento dei contratti collettivi di lavoro per aumentare il potere d’acquisto degli stipendi, che è tornato indietro di 25 anni.