Elon Musk ha concesso una rara e inaspettata intervista alla BBC

Recentemente Elon Musk ha avuto un battibecco con la BBC, il servizio di radiotelevisione pubblica britannico. L’oggetto della controversia ve l’abbiamo già raccontato: Twitter ha aggiunto una nuova controversa etichetta – “finanziato da un governo”, si legge nell’avviso – ad alcuni media pubblici, tra cui la stessa BBC, che in polemica ha detto che non avrebbe più usato il social network finché l’etichetta non sarà rimossa.

Successivamente un reporter della BBC ha proposto un’intervista di chiarimento ad Elon Musk, che nei giorni passati aveva detto di provare «profonda stima» per il media britannico, definendolo uno dei «più imparziali» al mondo. In realtà, nessuno nella BBC si aspettava veramente che il miliardario avrebbe accettato la proposta. Da diversi giorni Twitter risponde a tutte le richieste dei giornalisti allo stesso modo: con un’emoji irriverente. Ma questa volta le cose sono andate diversamente: «Va bene, facciamola questa notte», ha risposto Musk al corrispondente della BBC James Clayton.

La BBC spiega che normalmente è prassi che le richieste della stampa vengano mediate da un ufficio stampa. Insomma, normalmente il giornalista propone e poi un impiegato dell’azienda dà disponibilità o meno, proponendo i tempi e le condizioni dell’intervista. Ma con Elon Musk le cose sono sempre destinate ad andare diversamente. Il miliardario ha risposto all’email personalmente, ponendo una sola condizione: l’intervista doveva venire trasmessa in diretta, sia su Twitter che sui canali della BBC, in modo da evitare manipolazioni. L’intervista è iniziata un po’ prima delle 06:00 della mattina italiana ed è durata grossomodo un’ora.

Clayton e la BBC hanno avuto poche ore per preparare un’intervista che sarebbe stata vista da oltre 3 milioni di persone in tutto il mondo.

«Twitter? Sono stato obbligato ad acquistarlo, avrei voluto pagare di meno»

L’intervista si è concentrata soprattutto su Twitter e sul caos e i problemi che hanno caratterizzato la gestione del social da parte di Elon Musk. Il processo di acquisizione – ve lo ricorderete – non è stato esattamente lineare. Musk aveva proposto di acquistare il social network ad aprile dell’anno scorso, ricevendo però una risposta piuttosto fredda dal management dell’azienda, che era stata successivamente costretto a cedere, dopo che il miliardario aveva rivelato la cifra a cui avrebbe acquistato il social: 44 miliardi di dollari, cioè molto di più quanto valesse veramente. Giustificare agli azionisti un rifiuto sarebbe stato impossibile.

Peccato che sarebbe stato successivamente Musk a fare un passo indietro, prima congelando l’operazione e poi minacciando di tirarsi indietro, dopo aver accusato il social network di aver mentito sul reale numero di utenti attivi sulla piattaforma. Ovviamente la questione rischiava di finire davanti ad un giudice, con effetti potenzialmente rovinosi per entrambe le parti in causa.

Durante l’intervista, Elon Musk ha ammesso di aver infine accettato di acquistare il social network per 44 miliardi di dollari proprio per paura di un verdetto a suo sfavore da parte del tribunale del Delaware. «Sì, è questo il motivo», ha detto il miliardario ridendo, dopo che il giornalista della BBC gli aveva chiesto se avesse acquistato il social per paura di perdere la causa presentata da Twitter.

Musk ha aggiunto che da quando ha acquistato Twitter, la sua vita «non è mai stata noiosa, è come stare sulle montagne russe».

Oggi Twitter ha solo 1500 dipendenti

Musk ha insistito più volte sul fatto di essersi trovato davanti ad un’azienda in stato pietoso. «Spendevano soldi come se non ci fosse un domani», ha detto, sostenendo che Twitter era praticamente strutturata come una non-profit. Andava perennemente in rosso, i dipendenti venivano stra-pagati e non c’era un vero e proprio piano per cambiare le cose e mandare il social network in attivo.

Da qui i drastici cambiamenti introdotti tra ottobre e gennaio. Prima dell’acquisizione Twitter aveva oltre 7mila dipendenti, poi i licenziamenti di massa. «Non è stato divertente, abbiamo dovuto prendere delle decisioni estremamente dolorose», ha detto. Musk ha rivelato per la prima volta il numero esatto di dipendenti rimasti in azienda: sono grossomodo 1500.

Tra le altre cose, Musk ha anche raccontato che a dicembre l’azienda aveva completamente spento un data center, con effetti «a dir poco catastrofici». Nel frattempo, il miliardario sostiene che oggi l’azienda sia relativamente in buona salute. «Il numero di utenti sta crescendo, gli inserzionisti un po’ alla volta stanno tornando e i ricavi e le spese sono grossomodo in pari», ha detto, pur confermando di essere a conoscenza dei numerosi bug che periodicamente affliggono l’esperienza degli utenti.

«Ogni tanto dormo su un divanetto nella biblioteca di Twitter»

Chiaramente, durante l’intervista c’è stato ampio spazio anche per più di qualche battuta e per alcuni momenti surreali. Elon Musk ha confessato di dormire frequentemente in ufficio. O, per essere più precisi, di dormire «su un divanetto nella biblioteca di Twitter, dove non passa quasi mai nessuno». Musk ha tentato anche di fare qualche battuta, ricevendo però in cambio lo sguardo imbarazzato dell’intervistatore. Ad esempio, quando gli è stato chiesto come mai non si sia ancora dimesso dal ruolo di CEO, dopo aver indetto un sondaggio che lo vincolava alle dimissioni, ha risposto dicendo di aver mantenuto la parola, perché «ho nominato CEO di Twitter il mio cane». Grasse e grosse risate.

In un’altra occasione, Musk ha ammesso di inciampare in frequenti gaffe, twittando in modo erratico cose di cui finisce per pentirsi. «Mi sono sparato sui piedi da solo diverse volte, probabilmente non dovrei più twittare nulla alle 2 di notte, o quantomeno avrei bisogno di delle scarpe a prova di proiettile».

Verso la fine dell’intervista, Elon Musk e il giornalista hanno acconsentito di lasciar spazio ad alcune domande degli utenti collegati alla diretta su Twitter. Tra le varie questioni, Musk ha risposto anche ad una diceria che viene ciclicamente riproposta dai suoi detrattori, ossia l’accusa che suo padre, Enron, si sia arricchito “con una miniera di smeraldi nel pieno dell’Apartheid in Sud Africa”. In sostanza: l’accusa è che i soldi della famiglia di Elon Musk provengano da pratiche al limite dello schiavismo. Musk ha liquidato la questione sbrigativamente: «È completamente falso». Per una disamina più completa su questa teoria (che è effettivamente infondata) vi rimandiamo ad un vecchio fact-checking di Snopes.

«Ma quale hate speech, è assurdo, stai mentendo…»

L’intervista si è svolta quasi sempre con toni cordiali, con un’unica eccezione. Ad un certo punto James Clayton ha chiesto ad Elon Musk di rispondere dell’accusa che l’hate speech (incitamento all’odio, razzismo, omotrasnfobia…) sia diventato più prevalente su Twitter da quando ne è diventato CEO. Ma Musk non l’ha presa bene ed è passato al contrattacco.

«Dammi un esempio, dici di aver visto più contenuti pericolosi su Twitter, allora saprai citarmi almeno un caso nello specifico…» ha commentato Musk, incalzando il giornalista. Clayton effettivamente non è stato in grado di rispondere. «Hai appena fatto un’affermazione, ma non sei stato in grado di farmi un solo esempio», ha detto. «Hai appena mentito! È davvero assurdo».

Tornando sul battibecco con la BBC e la NPR di questi giorni, Musk ha concesso che l’etichetta applicata ai servizi radiotelevisivi pubblici non è sufficiente e che in futuro potrebbe inserire informazioni più dettagliate sul bilancio e i finanziamenti che ciascun media riceve. «Ho profondo rispetto per la BBC», ha ribadito, aggiungendo di aver accettato l’intervista per un istinto spontaneo e perché pensava che sarebbe stato utile ricevere dei feedback su ciò che Twitter potrebbe fare diversamente.

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