I ricercatori della Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York hanno costruito un marcatore in silico (la locuzione, comparsa di recente in letteratura scientifica, è usata per indicare fenomeni di natura chimico-biologica riprodotti in una simulazione matematica al computer, invece che in provetta) della malattia coronarica (coronaropatia o malattia coronarica si intende una qualsiasi alterazione, anatomica o funzionale, delle arterie coronarie, cioè dei vasi sanguigni che portano sangue al cuore), per misurare meglio le caratteristiche clinicamente importanti della malattia. I risultati, pubblicati su The Lancet, potrebbero portare a una diagnosi più mirata e a una migliore gestione della coronaropatia, il tipo più comune di malattia cardiaca e una delle principali cause di morte a livello mondiale.
La malattia coronarica abbraccia uno spettro di fattori di rischio e processi patologici e ciascun individuo determina la posizione nello spettro. Tuttavia, la maggior parte di questi studi suddivide questo spettro di malattie in classi rigide di casi (il paziente ha la malattia) o di controlli (il paziente non ha la malattia). Secondo i ricercatori, ciò può portare a diagnosi mancate, a una gestione inappropriata e a esiti clinici peggiori. “È fondamentale avere la capacità di rivelare gradazioni distinte di rischio di malattia, conseguenze della malattia come l’aterosclerosi e sopravvivenza, ad esempio, che potrebbero altrimenti essere ignorate con un quadro binario convenzionale. Il nostro modello delinea le popolazioni di pazienti affetti da coronaropatia su uno spettro e quindi con più fattori e combinazioni; questo potrebbe fornire maggiori informazioni sulla progressione della malattia e su come le persone colpite risponderanno al trattamento.”.
Nello studio, i ricercatori hanno addestrato il modello di apprendimento automatico, denominato in silico score for coronary artery disease o ISCAD, a misurare accuratamente la coronaropatia utilizzando più di 80.000 cartelle cliniche elettroniche provenienti da due grandi biobanche basate su sistemi sanitari, la BioMe Biobank del Mount Sinai Health System e la UK Biobank. Il modello, che i ricercatori hanno definito “marcatore digitale”, ha incorporato centinaia di caratteristiche cliniche diverse dalla cartella clinica elettronica, tra cui segni vitali, risultati di esami di laboratorio, farmaci, sintomi e diagnosi, e lo ha confrontato sia con un punteggio clinico esistente per la malattia coronarica, che utilizza solo un piccolo numero di caratteristiche predeterminate, sia con un punteggio genetico. I 95.935 partecipanti comprendevano persone di etnia africana, ispanica/latina, asiatica ed europea, oltre a un’ampia percentuale di donne. La maggior parte degli studi clinici e di apprendimento automatico sulla CAD si è concentrata sull’etnia bianca europea. Gli studiosi hanno riscontrato che le probabilità ricavate dal modello tracciavano con precisione il grado di restringimento delle arterie coronarie (stenosi coronarica), la mortalità e le complicazioni come l’infarto.
“Modelli di apprendimento automatico come questo potrebbero essere utili anche al settore sanitario in generale, progettando studi clinici basati su un’adeguata stratificazione dei pazienti. Potrebbero anche portare a strategie terapeutiche individualizzate più efficienti basate sui dati”, afferma l’autore principale Iain S. Forrest. “Nonostante questi progressi, è importante ricordare che la diagnosi e la gestione della malattia coronarica da parte del medico e della procedura non sono sostituite dall’intelligenza artificiale, ma piuttosto potenzialmente supportate da ISCAD come un altro potente strumento nella cassetta degli attrezzi del medico”. I ricercatori prevedono di condurre uno studio prospettico su larga scala per convalidare ulteriormente l’utilità clinica e la possibilità di azione di ISCAD, anche in altre popolazioni. Hanno inoltre in programma di valutare una versione portatile del modello, che possa essere utilizzata universalmente in tutti i sistemi sanitari.