Sanctuary, la recensione del thriller erotico che non rinuncia ad un po’ di sana ironia

Sanctuary film

Se cercate un film particolare e in parte irrisolto Sanctuary è quello giusto. La pellicola presentata in anteprima a Roma vanta il nome di Margaret Qualley, l’attrice della fortunata miniserie Netflix Maid. La Qualley è il vero fiore all’occhiello di Sanctuary: magnetica. La sceneggiatura fonde thriller ed erotismo creando un mix convincete e peculiare in cui lo spettatore ha l’arduo compito di comprendere dove inizia e dove termina lo strano gioco tra i due protagonisti. Peccato per le tante ripetizioni che aggiungono si alcune nuove sfaccettature ai personaggi ma sottraggono forse tempo alla risoluzione del film, conclusione che di fatto resta aperta. Scelta voluta? Probabilmente si, si poteva però percorre anche una strada diversa. 

Sancturay, tra sensualità e mistero 

Un uomo d’affari. Un’esaminatrice pronta a verificare l’affidabilità e le competenze del nuovo CEO di un grande impero. Potrebbe sembrare l’inizio di una nuova commedia romantica ma Sanctuary è quanto più lontano possibile dall’usuale concezione di romanticismo. Rebecca e Hal (Christopher Abbott) sono coinvolti in un particolare e inizialmente regolamentato gioco erotico di dominazione. Non pensate alla saga di 50 sfumature, Sanctuary è un vero e proprio thriller erotico in cui il contatto tra i protagonisti è quasi assente. A legare i due personaggi è una relazione basata sull’interpretazione di due ruoli ben definiti: Hal scrive il copione e Rebecca, la dominatrice, recita le battute. La giovane ragazza è una dominatrice di professione mentre Hal è il figlio di un ricco imprenditore miliardario in procinto di ereditare il comando dell’attività di famiglia. Se tra i due sembra tutto scorrere liscio il disastro è dietro l’angolo. Hal ha ora acquisito la fiducia in se stesso che necessitava e teme che il particolare legame con Rebecca possa nuocere alla sua carriera, peccato che Rebecca non sia affatto intenzionata a perdere il suo miglior cliente tanto facilmente. 

Il gioco erotico, infatti, subisce un pesante contraccolpo quando Hal sceglie di rinunciare alla finzione felice con Rebecca per salvaguardare la sua reputazione. La giovane dominatrice, infatti, è intenzionata a salvaguardare i suoi interessi economici ed è subito pronta a ricattarlo minacciando di divulgare video sensibili. Tra la finta coppia inizia una guerra all’ultimo scontro, prima solo sul piano figurato e successivamente anche su quello fisico. È tutta finzione e l’intera lotta per il controllo fa parte del copione oppure il dibattito è reale così come reali sono i sentimenti malsani che legano i due? Il film si conclude con un finale che lasci aperte le porte all’immaginazione ed alla comprensione dello spettatore, sta a voi stabilire quando e dove termina il gioco. 

L’erotismo gioca un ruolo molto importante nel film. La pellicola è sensuale non solo per la scelta del tono di voce dei suoi protagonisti e per gli evidenti argomenti trattati ma anche per la scelta degli ambienti, dei colori e delle inquadrature. Il lungometraggio è quasi interamente ambientato all’interno della stanza di un lussuoso hotel, luogo usualmente dedicato al riposo, allo svago ed alle fughe romantiche clandestine. Anche in Sanctuary l’hotel rappresenta il luogo d’incontro tra due, inusuali, amanti. La camera si contraddistingue per la forte presenza del colore rosso, i pavimenti lucidi e freddi ed i tanti alcolici. Le inquadrature di dettaglio aumentano la tensione e l’adrenalina del lungometraggio. Percepiamo lo scorrere del tempo proprio grazie ai movimenti di camera incentrarti sull’unica finestra della stanza. La sensazione voluta di claustrofobia è metafora della gabbia in cui si è forse volutamente cacciato il protagonista. Hal è il reale sottomesso oppure è lui che tira le fila di tutta la storia e sul finale raggiunge il suo vero obbiettivo?

Il gioco è bello finché dura poco, o forse no?

La prima parte del film è completamente dedicata al gioco erotico tra Hal e Rebecca. La sceneggiatura è molto attenta a chiarire fin da subito quando ha inizio e quando termina il gioco, o al meno così sembrerebbe. Nonostante ciò, se ci soffermiamo a prestare attenzione ai dettagli possiamo accorgerci che deviazioni dal copione erano già presenti nella primissima parte, deviazioni solo appunto apparenti. In realtà anche il minimo errore fa parte dello script, tutto è stato predisposto a mente lucida a tavolino. Potrebbe, quindi, l’intera pellicola essere considerata un film dentro un film? Il finale non chiarisce il mistero, tutto viene lasciato all’interpretazione dello pubblico, forse proprio qui risiede l’aspetto affascinate della pellicola, anche se, va sottolineato che, non è nulla di mai visto. Tanti sono i film che in passato hanno scelto di chiudere il sipario senza dissipare il dubbio, in questo caso la decisione è comprensibile ed in linea con la storia ma anche una conclusione più netta non avrebbe stonato. Il lato thriller del film sfrutta la scelta di non rivelare quando e se la finzione ha avuto fine, la tensione è pressoché sempre alle stelle. Il mistero, infatti, risiede sia nella conclusione del rapporto tra i due che nella sceneggiatura del lungometraggio. Sanctuary gioca con i suoi personaggi e con lo spettatore. 

Margaret Qualley magnetica e autoironia 

Sanctuary

Merita di essere menzionata la splendida interpretazione di Margaret Qualley. L’attrice di Maid, miniserie Netflix, ha la capacità di interpretare in un solo film almeno 4 o 5 personalità diverse nel giro di qualche inquadrature riuscendo sempre a restare credibile nello stesso personaggio. Rebecca mente, finge e interpreta ruoli, vesti i panni del suo personaggio fittizio così bene che finisce quasi per non comprendere più quali siano i suoi veri indumenti. È folle e complicata, determinata, furba ed intelligente. Considerando quello che la sceneggiatura vuole suggerirci è perfettamente credibile che sia lei la mente perversa e complottasti della strana coppia, tuttavia Hal potrebbe tranquillamente fingere di essere il più debole, colui che ha sempre bisogno di supporto e approvazione. Quel che è certo è che, sentimenti veri o finti a parte, la relazione tra Rebecca e Hal non ha nulla a che vedere con le rom-com ricche di risate e occhi a cuoricino. Il contatto tra i due è quasi assente ma la tensione non manca, anzi. A stemperare il tutto interviene una buona dose di autoironia e black humor. Non dovete restare stupiti se durante la visione di Santuary riderete in diversi punti. Il vuole stupire anche sotto questo punto di vista. 

Devo sottolineare la genialità della scelta del titolo del lungometraggio, non posso rivelarvi tanto di più perché altrimenti cederei allo spoiler ma vi basta sapere che tutto ruota attorno al dualismo tra realtà e finzione. 

64
Sanctuary
Recensione di Chiara Giovannini

Sanctuary è un buon thriller: intrattiene e tiene lo spettatore col fiato sospeso anche dopo il termine della pellicola. Erotismo ed umorismo sono le frecce all'arco del film, Margaret Qualley la gemma della corona.

ME GUSTA
  • Margaret Qualley è magnetica
  • Thriller che si distingue per la forte matrice erotica e la vena umoristica
  • Finzione o realtà la sceneggiatura regge comunque
FAIL
  • Forse in alcun punti leggermente ripetitivo
  • Non è rappresenta una novità assoluta nel genere
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