Una recente ricerca tutta italiana ha ricollocato l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. tra il 24 e il 25 ottobre anziché tra il 24 e il 25 agosto come molti hanno sostenuto. Gli studiosi dell’Università di Pisa, in collaborazione con altri colleghi stranieri, hanno ricostruito con meticolosità e attenzione tutte le fasi di questo terribile avvenimento.

Raccogliendo i dati provenienti da differenti fonti si è arrivati a smontare la tesi che vigeva da circa duemila anni. Le notizie sulla data dell’eruzione si sono sempre basate infatti su un documento firmato da Plinio il Giovane e indirizzato allo storico Tacito, autore degli “Annales”.

Lo spirito principale del lavoro è stato raccogliere dati provenienti da fonti diverse fra loro. L’eruzione è avvenuta in otto fasi, di ognuna abbiamo ricostruito le caratteristiche.

Mauro di Vito, vulcanologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv)

La prima fase è stata parecchio violenta e, dopo aver sollevato una colonna di quasi 8 km, ha diffuso le ceneri sino in Grecia. Qui, di rimando, si verificarono colate di fango considerevoli e scorrimento di materiale ad alta densità, figlio dell’eruzione stessa.

 

Eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: il dibattito sulla data

 

Troppe le incongruenze storiche e persino ambientali riscontrate dagli studiosi e dagli archeologi. A tal proposito, il ritrovamento a Pompei di abiti pesanti e di resti di frutta autunnale hanno fatto suonare i primi campanelli d’allarme.

Un’iscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei che, tradotta, cita “Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato”, indicando che l’eruzione avvenne certamente dopo il 17 ottobre.

Biagio Ciaccio, Igag-Cnr

Questo indizio ha portato una vera e propria svolta al dibattito. La ricostruzione ha messo d’accordo gli studiosi, unendoli anche nella consapevolezza di quanto passato, presente e futuro siano connessi tra loro. Il lavoro svolto e i risultati ottenuti ne sono la mirabile prova.