Pochi giorni fa, Neuralink ha illustrato una parte dei suoi esperimenti distribuendo su ampia scala il video di una scimmia capace di videogiocare adoperando solamente le proprie onde cerebrali. La clip, adeguatamente promossa dal CEO dell’azienda, il miliardario Elon Musk, ha fatto il giro del mondo, sconvolgendo innumerevoli utenti inernettiani. Un entusiasmo che non sembra condiviso da alcuni specialisti del settore.

Stando all’opinione di Andrew Schwartz, professore di neurobiologia presso l’Università di Pittsburgh, la performance del “MonkeyPong” mette in scena una “bella” tecnologia, ma che viene sfruttata in maniera estremamente “rudimentale”.

Il neurobiologo parla per esperienza diretta: nel 2008 è divenuto celebre pubblicando uno studio in cui raccontava come era riuscito a collegare alcune scimmie a minuscoli impianti al cervello, concedendo loro la possibilità di controllare un braccio meccanico attraverso cui ottenere delle banane.

Comparando l’esperimento di allora con Neuralink, gli scienziati avevano adoperato un numero decisamente più contenuto di elettrodi, motivo per il quale Schwartz si dice ben poco colpito dai risultati della tanto acclamata ditta.

Nei termini di ciò che dovrebbero essere in grado di fare con un segnale così ricco, [il risultato] è deludente. Dovrebbero essere in grado di riuscire a ottenere almeno i traguardi che eravamo riusciti a raggiungere noi con cento o duecento elettrodi, ovvero dovrebbero essere perlomeno nelle condizioni di gestire dieci gradi di libertà di movimento,

ha dichiarato il neuroscienziato.

Non è la prima volta che il “teatro della neuroscienza” di Neuralink viene accolto con una certa freddezza: oltre al test videoludico sulla scimmia, ad aver lasciato un po’ di amaro in bocca alla comunità scientifica era stata anche una presentazione in cui l’azienda evidenziava la propria competenza chirurgica nell’impiantare alcuni maiali.

Nonostante sembri esserci un certo consenso sui traguardi ottenuti sul fronte tecnico/impiantistico, molti sostengono che la controparte tecnologico/applicativa sia ancora estremamente acerba. In effetti, almeno fino a oggi, Neuralink si è perlopiù focalizzata sul mostrare le potenzialità meccaniche del suo prodotto, lasciando in secondo piano gli aspetti più prettamente neurobiologici.

 

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