Anche in Irlanda emerge con prepotenza il divario trai benefit dei dipendenti assunti direttamente da Facebook e quelli che lavorano per le aziende terze che si occupano della moderazione dei contenuti sul social. Il covid-19 ha accentuato le diseguaglianze.
In Irlanda i moderatori di Facebook si sono incontrati con il Primo Ministro Leo Varadkar. L’oggetto del colloquio? Far sì che la politica riconosca ai lavoratori un diritto allo smart working. Come era già emerso dopo un’inchiesta di The Verge, Facebook subappalta il grosso della moderazione ad aziende terze. Quest’ultime offrono salari, benefit e condizioni di vita estremamente inferiori a quelle che Facebook normalmente garantisce ai suoi dipendenti.
Eppure il lavoro della moderazione dei contenuti non soltanto è fondamentale per il social, ma espone i lavoratori ad un enorme rischio di burnout e altri disturbi della salute mentale. Il covid-19 ha accentuato il divario trai dipendenti dei centri di moderazione —aziende terze legate a FB solo da contratti di subappalto— e quelli assunti direttamente dal social.
«Dovremmo poter lavorare da casa come gli altri dipendenti», ha detto uno dei moderatori presenti all’incontro. Facebook in Irlanda ha chiesto di ritornare in ufficio alla maggior parte dello staff del team di moderazione. Nell’isola i casi da covid-19 sono in calo da settimane, ma i dipendenti sostengono che abbassare la guardia in questo momento potrebbe riportare ad un’impennata dei contagi. A farne le spese sarebbero soprattutto i lavoratori. Dal 30 dicembre, l’Irlanda è in lockdown. Le attività non essenziali sono chiuse e la possibilità di ricevere ospiti in casa è preclusa.
La CPL, l’azienda principale che offre i servizi di moderazione a Facebook in Europa, aveva promesso ai suoi dipendenti che gli uffici sarebbero stati immediatamente chiusi nell’eventualità che ci fossero dei casi di positività trai dipendenti. Dopo tre casi confermati, scrive il The Guardian, gli uffici sono ancora attivi e i moderatori sono ancora costretti a lavorare in ufficio e non da casa.
I moderatori hanno portato sul tavolo del premier irlandese anche altre problematiche. «Dovremmo poter accedere alle stesse coperture per la salute mentale garantite agli altri impiegati, gli stessi benefit, eppure non è così».
Anche in Irlanda Facebook si affida a dei subappaltatori per la moderazione dei contenuti. Le aziende con cui collabora il social offrono benefit e salari significativamente inferiori a quelli garantiti a chi lavora direttamente per l’azienda di Zuckerberg. Eppure, rivendicano i moderatori, senza di loro «Facebook non potrebbe funzionare».
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