Un articolo del New York Times rivela l’impressionante macchina da guerra dispiegata dalla grosse aziende tech, a partire da Google, per fare lobbismo nel cuore dell’Unione Europea.
Lo scorso ottobre, attacca il NY Times, era emerso un documento riservato che rivelava nei dettagli i piani di Google per minare un’iniziativa di legge europea che avrebbe rischiato di erodere significativamente il suo business delle inserzioni pubblicitarie.
Google avrebbe sfruttato alcuni “alleati accademici”, come think tank e centri di ricerca, per minare la credibilità delle nuove norme, diffondendo il dubbio che il nuovo regolamento avrebbero creato più danni all’economia che benefici. I lobbisti assoldati dall’azienda avrebbero poi dovuto dividere le istituzioni europee dall’interno, creando opposizioni interne alla Commissione, infine il colosso avrebbe spinto i funzionari americani ad aprire un contenzioso contro l’UE.
Questo, spiega il prestigioso quotidiano statunitense, è solo l’ultima prova di come le grandi aziende americane stiano stringendo la morsa su Bruxelles, intensificando il budget destinato al lobbismo in UE.
Con il crescente interesse dell’UE nei confronti del tech —si pensi ai contenziosi aperti dall’antitrust contro Apple e Google—, la nostra regione è diventata uno dei più delicati cambi di battaglia per il destino del Big Tech.
In Europa le compagnie stanno spendendo più di quanto abbiano mai fatto, assoldando ex funzionari di Governo e aziende di consulenza estremamente ammanicate. Stanno finanziando dozzine di think tank e associazioni di commercio, spingendo il mondo accademico a pubblicare ricerche con un taglio vicino alle loro istanze.
hanno scritto i giornalisti Adam Satariano e Matina Stevis-Gridneff sulle pagine del New York Times.
Solamente durante il primo semestre del 2020, Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft hanno investito 19 milioni di euro in lobbismo. È quanto speso nel corso di tutto il 2019, e un bel salto rispetto i soli 6,8 milioni del 2014.
«Sono cifre senza precedenti, non abbiamo mai visto questo tipo di budget speso direttamente dalle aziende», ha spiegato la ricercatrice Margarida Silva che comunque avverte che si tratta solamente della punta dell’iceberg, visto che gli accordi di trasparenza non impongono alle aziende di rivelare ogni voce di spesa — ad esempio mancherebbero i finanziamenti al mondo accademico, i soldi spesi individualmente in ciascun Paese e le parcelle degli studi legali e di consulenza.
Secondo alcune fonti, le aziende tech stanno cercando di washingtonizzare Bruxelles.
Sono ancora cifre relativamente contenute, se le si confronta con quanto spendono le aziende americane per influenzare i politici e l’opinione pubblica negli Stati Uniti d’America. Eppure l’impennata degli ultimi anni ha messo sulla difensiva i funzionari europei. Nonostante tutto, il Tech americano in Unione Europea ha incontrato più sconfitte che successi. Ora più di qualcuno ha iniziato a chiedersi quanto ci vorrà prima che questo trend venga ribaltato.