The Mandalorian 2, la recensione del settimo episodio

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La recensione del settimo episodio di The Mandalorian 2, ancora un ottimo episodio prima del finale di una stagione molto solida.

Sempre più vicini alla conclusione della tornata di episodi di quest’anno e in apertura di questa recensione del settimo episodio di The Mandalorian 2, dopo cinque puntate (con questa) estremamente solide, posso già tranquillamente sottolineare il notevole salto di qualità tra questa stagione e la precedente.

Maggiore continuità generale, pure narrativa (entro certi limiti, i soliti), maggiore solidità nel ritmo, maggiore capacità di gestire la dimensione seriale e (ancora) maggiori valori produttivi, vedasi gli effetti visivi. C’è stato anche un salto di consapevolezza, un maggiore senso di appartenenza al canone e alla struttura del franchise, e il risultato è che The Mandalorian è riuscita a fare da cavallo di Troia per quella che sarà l’espansione seriale di Star Wars, colpendo i fan con un colpo di blaster e convincendo i meno interessati a recuperare i prodotti più “secondari”.

Su questa scia si piazza quindi di nuovo un altro episodio estremamente riuscito, riuscito nei tempi (sempre incalzanti), nell’azione, nel modo in cui stuzzica l’interesse e centellina le concessioni allo spettatore, nella tensione dei dialoghi che sembra ricordare situazioni tarantiniane.

Prima di continuare e andare nel dettaglio, ovviamente in questa recensione del settimo episodio di The Mandalorian 2 farò spoiler sulle puntate precedenti, mentre eviterò il più possibile di accennare al racconto di questa settimana. In ogni caso, foste rimasti indietro, qui sotto trovate i link agli articoli per le puntate precedenti.

 

the mandalorian 2, poster
The Mandalorian 2 Recensione Secondo Episodio
The Mandalorian Recensione Terzo Episodio Cover
The Mandalorian Recensione Quarto Episodio
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The Mandalorian 2 recensione del sesto episodio cover

 

The Mandalorian 2 Cara Dune e Fennec Shand

 

Allora, ricapitolando, il piccolo Grogu è nelle mani di Moff Gideon, dopo il rapimento del piccolo da parte dei dark trooper, la distruzione improvvisa della Razor Crest (sì, RIP) e il ritorno in gioco della Slave I e di Boba Fett con tanto di armatura. Quello della scorsa settimana è stato decisamente un episodio intenso, intriso di fan service fino al midollo, e sinceramente va bene così: ben poco di cui lamentarsi.

The Mandalorian è un giocattolone, e finché convince fan e intrattiene il grande pubblico funziona alla grande per quello che vuole essere.

Realisticamente, The Mandalorian è un giocattolone, e finché convince fan e intrattiene il grande pubblico funziona alla grande per quello che vuole essere. Tuttavia, non si può nemmeno essere ciechi di fronte a quelle che sono le consuetudini strutturali della serie, che comunque tende sempre a poggiare fin troppo su pretesti e deviazioni abbastanza nette, quantomeno ora risultando maggiormente compatta grazie a sviluppi orizzontali molto più netti (grande vantaggio rispetto alla prima stagione).

Questo quindicesimo capitolo – diretto da Rick Famuyiwa, come il secondo e il sesto – non fa eccezione, e per ritrovare lo Star Destroyer di Gideon Din Djarin è costretto a deviare (appunto) su Morak, dove si trova una base imperiale essenziale per trovare le coordinate necessarie. In tutto questo, il nostro caro Mando viene aiutato da una vecchia conoscenza della prima stagione, Mayfeld, cecchino ex-imperiale che fa da vettore per buona parte dei temi sviluppati in questa puntata, capace di azzardare anche uno spessore notevole a tratti, ovviamente guardando nello specifico al tipo di produzione.

 

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I dialoghi tra Mayfeld e Mando affrontano quello che è il manicheismo – quantomeno percepito – nell’universo di Star Wars, in maniera simile ai ragionamenti dello sfacciato personaggio di Benicio del Toro in The Last Jedi, con un approccio però meno pungente. Il duo funziona molto bene, la chimica che si forma è abbastanza inaspettata e il personaggio di Bill Burr rivendica una sua evoluzione, un carisma e una sua identità, riscattando in parte la dignità dell’episodio senza dubbio peggiore della scorsa stagione o forse dell’intera serie, ovvero il sesto, dove aveva debuttato.

Grazie al suo passato imperiale emerge anche qualche riferimento abbastanza notevole al canone secondario (come al solito ad Aftermath, che è una miniera d’oro) e al piano di contingenza di Palpatine; è un piccolo dettaglio, ma fa sempre piacere vedere l’attenzione – per quanto per molti insignificante – a questi piccoli particolari.

La suspence taglia l’aria come un rasoio al punto di dare l’impressione di stare vedendo uno scambio tarantiniano

A prova di questo focus nello specifico sul parlato, la scena migliore dell’episodio è proprio un dialogo, che oltre a caratterizzare in qualche minuto Mayfeld grazie pure alla indubbia bravura di Bill Burr, riesce a creare una tensione davvero notevole. La suspence taglia l’aria come un rasoio al punto di dare l’impressione di stare vedendo uno scambio tarantiniano, del miglior Bastardi senza gloria, con un ufficiale imperiale sadico e senza scrupoli che sembra ricordare un novello Hans Landa, il nazista SS del clamoroso Christoph Waltz.

In questa particolare scena tra l’altro si fa una particolare concessione allo spettatore che ha un significato molto forte e sicuramente farà la gioia di più di qualcuno (come ha fatto la gioia del sottoscritto), ma non vado nel dettaglio. Fatto sta che ad un livello più macroscopico tutta quella sequenza è estremamente ben gestita, viaggiando tra tensione, azione e addirittura qualche istante di stallo che ha decisamente del comico.

 

The Mandalorian 2 recensione settimo episodio pirati

 

Tra questa sequenza specifica e un’altra, non così raffinata ma comunque ben costruita, ancora una volta in questa stagione The Mandalorian dimostra di saper giostrare il ritmo alla grande, inserendo sempre tanta azione in ciascun episodio e riuscendo ogni volta a trattare con un approccio diverso agli scontri. Gli episodi – impegnati o meno che siano – volano via che è una meraviglia, e anche una puntata di transizione come questa trova la sua dimensione e intrattiene senza problemi.

Concludo questa recensione del settimo episodio di The Mandalorian 2 sottolineando ancora una volta che il ritorno di Boba Fett, qui ovviamente più centellinato, rimane una manna dal cielo, la Slave I che usa la bomba sismica è una figata e Cara Dune è sempre più stupenda (per quanto Gina Carano sia a dir poco discutibile dopo certe dichiarazioni).

Detto questo, il finale di stagione si preannuncia un qualcosa di atomico, Mando è bello incattivito e sul concludersi di questo episodio non le manda a dire. Din Djarin è disposto a tutto, letteralmente a tutto, per riavere Grogu, qualsiasi possibile compromesso è valido, come dimostrano chiaramente gli eventi – molto eloquenti – di questa puntata.

Sono davvero molto curioso, e soprattutto non vedo l’ora di assistere allo scontro Darksaber vs lancia in berskar, che direi possiamo dare per scontato. Appuntamento alla prossima settimana.

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