Zerocalcare: perché il fumettista di Rebibbia merita un premio letterario

Zerocalcare

Dopo dieci anni di attività e dodici graphic novel pubblicate Zerocalcare è diventato un autore vero e proprio che meriterebbe un premio letterario. In questo approfondimento proviamo a spiegarne le ragioni.

Zerocalcare in un mese ha fatto uscire per Bao Publishing ben due volumi a fumetti, due storie che mettono in evidenza le caratteristiche narrative, e non solo, dell’autore di Rebibbia. Leggendo sia Scheletri che A Babbo Morto (ma soprattutto la prima graphic novel) ho notato ancora di più la maturità letteraria raggiunta da Zerocalcare.

Si tratta di un qualcosa che nasce dall’accostamento di più elementi.

Zerocalcare ha raggiunto una maturità autoriale ed una padronanza del mezzo narrativo tale da portarmi a pensare che, forse, lui sarà il primo fumettista italiano a vincere un premio letterario, o che quantomeno lo meriterebbe.

Perché Zerocalcare è stato candidato al Premio Strega, ma non ha ancora seriamente guadagnato la possibilità di ottenere questo riconoscimento letterario. In quel caso era il 2015, l’epoca di Dimentica il Mio nome, e gli appassionati di fumetti seguirono con passione e speranza quella cavalcata di Zerocalcare verso il Premio Strega.

Alla fine Zerocalcare il premio non lo vinse, ma fu in quel momento che scattò una scintilla, ed anche coloro che con la propria passione per i fumetti erano stati denigrati dai letterati poterono rivendicare qualcosa.

La possibilità che Zerocalcare potesse vincere un premio letterario fu la sintesi della rivalsa del fumetto, ma non bastò per considerare a tutt’oggi questo medium degno di un riconoscimento letterario assoluto.

Propongo quindi qui di seguito, in un paio di punti, la sintesi del mio pensiero sulla qualità letteraria di Zerocalcare, e dei motivi per i quali il fatto di inserirlo all’interno di un premio letterario è più che corretto.

Michele Rech può essere considerato un autore alla stregua di Elsa Morante o di Pasolini, o anche di Cesare Pavese? In questo approfondimento cercherò di dimostrare che, sì, si può accostare l’autore di Rebibbia a questi mostri sacri della letteratura, o quantomeno le sue storie sono sulla scia di autori di questo genere.

 

recensione di Scheletri

 

Perciò procediamo in questo percorso, per dar manforte al vostro pensiero se siete dello stesso parere, o per smentirmi clamorosamente se pensate che questa tesi sia totalmente inappropriata.

 

 

Tra realtà e fantasia

zerocalcare

L’aspetto che riesce a rendere così mainstream Zerocalcare, almeno di primo acchito, è il fatto che riesca a parlare anche di tematiche molto complesse in maniera semplice ed efficace, colmando il divario tra cultura pop, letteratura da new realism, e argomenti da approfondimento giornalistico.

Il fatto che Zerocalcare provi a immaginare i combattenti dell’Isis come i membri del club del piede delle Tartarughe Ninja, o che utilizzi Doraemon per descrivere un italiano medio capace di contestarlo, è lo specchietto capace di attirare il lettore inserendolo in un mondo ben più complesso.

Perché l’autore di Rebibbia riesce a descrivere questo mondo fatto di personaggi nerd e antropomorfi

Perché l’autore di Rebibbia riesce a descrivere questo mondo fatto di personaggi nerd (che vanno da Darth Vader ai Puffi) e antropomorfi che vivono nelle sue pagine, e che servono per raccontare lo spaccato quotidiano di Zerocalcare, che è anche il nostro mondo.

Il fatto di utilizzare l’armadillo per raccontare il suo alter-ego interiore non è altro che una scelta metaforica letteraria accostabile al senso di nichilismo di Kafka espresso in Le Metamorfosi (con la trasformazione del protagonista Gregor in un insetto), o all’utilizzo della figura del vampiro della Valacchia da parte di Bram Stoker in Dracula (per esprimere la paura degli inglesi nei confronti degli uomini dell’Est dopo la Guerra di Crimea).

Il mondo interiore ed esterno, la propria visione della realtà raccontata attraverso metafore, con personaggi fantasiosi che incarnano nella testa di Zerocalcare l’essenza di persone reali, sono un elemento accattivante, sembrano una semplificazione, ma non lo sono.

Perché in realtà quelle figure antropomorfe, quei personaggi pop che parlano al posto di persone reali, sono l’essenza e la maniera più efficace per rendere quei character e funzionano.

Funzionano, perché riescono a comunicare e non sono frenati da quell’aspetto esteriore che li potrebbe rendere bidimensionali. Si tratta quindi di intuizioni geniali: apparentemente sembrano semplici, ma solo una volta che l’idea è già stata portata all’esterno.

Ed in un mondo che si divide tra fantasia e realtà, Zerocalcare riesce a dare ad ogni personaggio delle caratteristiche di base immediate, e così vivide da far immergere ed immedesimare subito il lettore. Ogni personaggio è riconoscibile, crea empatia, ma, allo stesso tempo, è sfaccettato. Una caratteristica, questa, che appartiene ai grandi narratori.

 

 

Personaggi

zerocalcare-siria

Parlavamo appunto delle figure descritte da Zerocalcare nei suoi fumetti: nel mondo raccontato dall’autore di Rebibbia si crea una sorta di sospensione dell’incredulità, un sense of wonder che nasce dal fatto di non avere problemi a immaginare dei personaggi antropomorfi parlare con figure reali.

Perciò nell’universo di Zerocalcare e dei suoi lettori Secco e Cinghiale sono due persone, che esistono e che hanno lo stesso tipo di umanità. E la forza di queste storie è proprio il fatto che Cinghiale, al di là dell’aspetto animalesco, agisce, pensa e parla come un tipico essere umano.

E l’aspetto visivo è solo la base superficiale per delineare un personaggio che, muovendosi da quella prima notevole caratteristica fisica (il sembrare appunto un cinghiale) ha tutta una serie di comportamenti e sfaccettature che lo rendono umano, credibile, e (sembrerebbe strano da dire) profondo.

Sì, perché l’universo di Zerocalcare è un inganno: nel senso che il fumettista di Rebibbia è conscio del fatto (ed a volte lo dice esplicitamente) che utilizzare, ad esempio, a livello grafico i puffi per raccontare gli abitanti della sua città riesce a rendere più accattivante il fumetto, ed allo stesso tempo crea un cortocircuito efficace.

Perché se i Puffi che parlano in romanesco, o Doraemon che agisce da cittadino medio polemico, riescono a diventare nella mente del lettore delle identità precise che scatenano sentimenti di antipatia, simpatia, empatia, molto più efficaci rispetto ad un volto umano qualsiasi, allora il cortocircuito di Zerocalcare ha fatto decisamente il suo lavoro.

Ed i personaggi di Zerocalcare sono molto più del loro aspetto fisico e della loro caratteristica di base: Secco è innanzitutto una sorta di teppista di borgata, ma con il cuore e l’anima di un ragazzo della strada. E questo Zerocalcare lo fa annusare e vivere nelle pagine dei suoi fumetti, bilanciandolo con l’aspetto macchiettistico del personaggio che, di base, è una sorta di elemento d’acchiappo per essere attratti in modo semplice dal character per capirne l’essenza.

 

 

E tutto ciò (anche se ci stiamo muovendo tra elementi grafici e narrativi) riesce a dare spessore ai racconti di Zerocalcare: personaggi semplici nelle loro caratteristiche di base, ma mai banali, e sfaccettati, capaci di sorprendere, e di raccontare storie di vita vera, prese dalla strada ma che possono ben accostarsi con paragoni e metafore con la cultura pop. Ed è questa la formula vincente di Zerocalcare.

 

 

Dialoghi

zerocalcare

Se c’è una caratteristica narrativa che va al di là di ogni cosa, capace di unire letteratura e fumetto, questi sono i dialoghi. Il fumetto ha come obiettivo quello di dover essere più sintetico ed efficace nelle sue parti “parlate”, e Zerocalcare nonostante questa prerogativa di base, riesce a spaziare, prendendosi qualche licenza di prolissità, senza però mai abbondare eccessivamente.

Perché nei dialoghi di Zerocalcare c’è la sintesi della sua sensibilità narrativa (e del resto stiamo parlando di un autore che adora i romanzi di Corman McCarthy, e che quindi ha un gusto letterario di un certo spessore).

E c’è quella capacità di sapere unire linguaggio locale, con un senso chiaro della battuta (il romanesco unito all’italiano tanto per intenderci). Una capacità vivida di saper far parlare i personaggi, rendendoli reali, tangibili, anche volgari, ma vivi e veri più che mai.

Ricorda: nessuno guarisce dalla propria infanzia.

Qui nessuno cambia, tuttalpiù marcisce.

I nomi possono essere comuni a tanta gente, l’identità invece è una cosa solo tua.

Sono alcuni esempi di frasi efficaci di per sé stesse, ma che lette nel contesto dei racconti di Zerocalcare sparano dritto in faccia una realtà disarmante, mettendo a nudo personaggi, situazioni, ed anche i lettori, noi stessi, che leggendo scopriamo o riscopriamo un pezzo di noi.

E poi ogni appassionato che ha letto qualche libro di Zerocalcare ha vissuto quel momento

E poi ogni appassionato che ha letto qualche libro di Zerocalcare ha vissuto quel momento: quella scena con quel dialogo e quella frase che arrivano al momento giusto, sintetizzando l’essenza di ciò che si sta vivendo e descrivendo, raccontando qualcosa di sé stessi ma valida universalmente.

Non a caso tra i fan più accaniti di Zerocalcare c’è anche Max Pezzali, lo storico cantante degli 883, che ha confessato che, leggendo le storie dell’autore di Rebibbia, ha compreso di avere un lato di sé stesso che apparteneva anche a qualcun altro.

E quanti leggendo i grandi autori hanno compreso qualcosa in più di sé stessi? Caratteristiche di questo genere sono la base della vera letteratura.

 

 

Narrazione

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Con la narrazione Zerocalcare ha fatto il massimo dell’evoluzione. Partendo dalla Profezia dell’Armadillo (ovvero da una storia ancora influenzata dal suo essere prima blogger che vero e proprio autore di graphic novel), fino ad arrivare a Scheletri (che a livello narrativo e di ritmo è la storia più centrata di Zerocalcare).

L’evoluzione nella capacità di saper raccontare una storia da parte di Michele Rech ha raggiunto livelli alti, e Scheletri (il suo ultimo volume uscito in libreria il 15 ottobre) ne è l’ultimo grande esempio.

 

 

Si tratta di una storia pasoliniana, ricca di personaggi e ragazzi di strada, un po’ vinti dalla vita che non si arrendono (ed anche lo stesso Zerocalcare con le sue paure interiori all’inizio del racconto è un po’ un vinto).

Scheletri è un racconto che fa pensare ai personaggi di borgata di Pasolini, così come a Elsa Morante, con quelle figure che vivono di vite e situazioni in famiglia capaci di schiacciare ma non di sopraffare, e che danno il via ad un percorso interiore e di vita.

Ed allo stesso tempo c’è il Cesare Pavese de La Luna e i Falò, con quelle storie di vita di provincia raccontata attraverso la lente dei nostalgici, che rivivono un momento preciso e decisivo del loro percorso (“un paese vuol dire non essere mai soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” è una frase de La luna e i falò che potrebbe essere benissimo stata scritta da Zerocalcare).

E c’è lo Stephen King di IT e de Il Corpo (il racconto trasformato nel film Stand By Me), con i suoi perdenti che in realtà si perdono inizialmente per poi ritrovarsi, non perdono la sfida con la vita e con sé stessi.

E tutto questo misto di storie, personaggi e situazioni, Zerocalcare è riuscito ad unirlo, digerirlo, proporlo dividendolo in varie fasi narrative ed in una storia che si divide tra passato e presente, e che, anche nei suoi momenti in cui esce totalmente dal seminato (la comparsa di Secco ad un certo punto sarà un’emozione per tutti gli affezionati di Zerocalcare, ma anche un allontanamento dal cuore della storia) riesce a rientrare, motivando il tutto, e trovando un senso.

Questo è l’esempio di una narrazione circolare, che si allontana tanto dal punto d’inizio, per poi chiudersi lì, dove tutto trova un senso, e dove il lettore rimane nudo coi suoi sentimenti appiccicati a quelli di un narratore che ha saputo raccontare sé stesso ed anche un po’ di chi si sta rapportando con la sua storia da semplice lettore.

 

 

Poetica

un polpo alla gola Zerocalcare

Ed infine arriviamo a quello che è il senso dell’autore letterario, del narratore di livello assoluto. Coloro che possiedono la capacità di saper raccontare dando un’impronta personale e riconoscibile alle proprie storie sono degli autori con una poetica.

Ovvero hanno storie, personaggi, situazioni ricorrenti, tematiche che raccontano pezzi di anima e di vita. Zerocalcare ha tutto questo e riesce a farlo vivere in un ambiente reale e riconoscibile: Rebibbia.

E questo è uno degli elementi capaci di farlo accostare a certi tipi di autori (come i già citati Elsa Morante, Pasolini, Pavese, King): avere dei luoghi dell’anima che sono anche dei posti di vita, piazze reali, visitabili, ma che rappresentano anche paesaggi universarli.

La Rebibbia di Zerocalcare è anche il nostro quartiere, la nostra città di Provincia del Sud o del Nord Italia, o il nostro spaccato vivibile della grande metropoli. Sono quei luoghi che senti tuoi e quei personaggi che incontri vicino casa, e che conosci e riconosci nel tempo. Ti appartengono.

La poetica di Zerocalcare ha a che fare con le storie di perdenti che alla fine non si perdono (perché come direbbe il geniale allenatore Jurgen Klopp riferendosi al calcio ma non solo “devi perdere tanto per capire che non sei un perdente”).

 

 

Le storie dell’autore di Rebibbia raccontano di sé stesso e dell’ambiente intorno, raccontano le sue passioni che si trasformano in personaggi e visioni tangibili. Le storie di Zerocalcare riescono anche ad andare lontano (vedasi Kobane Calling) raccontando il mondo esterno con quel senso di disagio e scoperta che accompagna chi non si vuole mai allontanare dalla propria terra, ma che riscopre un pezzo di sé stesso nel posto più lontano del mondo.

Il senso di disagio ed inadeguatezza e la capacità di ritrovarsi: è questo il filo comune di tutte le storie di Zerocalcare che, oggi come oggi, è uno degli autori letterari italiani con una poetica maggiormente definita, efficace, e riconoscibile tale da saper parlare al ragazzo di borgata così come all’intellettuale da salotto.

Questi sono gli elementi per cui ha senso accostare Zerocalcare ai grandi autori letterari italiani, e non solo (magari inserendolo con merito all’interno di un premio letterario). E sono parte delle caratteristiche delle sue storie che creano empatia con l’autore di Rebibbia, e che fanno pensare che un po’ si sta crescendo insieme. E, magari, le future generazioni cresceranno seguendo la crescita di Zerocalcare nei suoi fumetti.

Insomma, Zerocalcare è già un autore immortale? Questo solo il futuro saprà rivelarlo, ma, nel frattempo, lo si può dire ad alta voce: Zerocalcare è letteratura, e magari degna anche di un premio.

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