Steve McQueen ha ricevuto il Premio alla carriera alla 15esima Festa del Cinema di Roma, dove si è raccontato al pubblico in un incontro che ha ripercorso tutta la sua opera: dall’esordio Hunger al nuovo progetto antologico Small Axe.
Steven Rodney McQueen, ovvero Steve McQueen, ha sempre amato il potere rivoluzionario dell’arte: nato a Londra, ha studiato al Chelsea College of Art and Design e al Goldsmiths College, per poi trasferirsi oltreoceano, per frequentare la prestigiosa Tisch School di New York.
Inizialmente scultore e fotografo, è passato presto alla video arte e ai primi cortometraggi. Nel 2008 il grande salto con il bellissimo Hunger (a oggi forse ancora il suo film più bello): Michael Fassbender è Bobby Sands, attivista dell’IRA.
Nel 2011 arriva Shame, che rende definitivamente una star Fassbender, che lo segue anche nel terzo e fortunato film, 12 anni schiavo, prodotto dalla Plan B di Brad Pitt, che si aggiudica l’Oscar come miglior film. A due anni di distanza da Widows, Steve McQueen ha presentato alla 15esima Festa del Cinema di Roma il suo nuovo progetto, Small Axe, miniserie antologica di cinque film, prodotta da BBC, che raccontano il contributo all cultura inglese della comunità di colore a Londra.
Oltre a presentare Small Axe, il regista ha anche ricevuto il Premio alla carriera e incontrato il pubblico nel corso di una masterclass in cui ha parlato – dialogando con Antonio Monda, direttore artistico della Festa – del proprio cinema, fortemente legato con il suo percorso artistico:
Da bambini, appena prendiamo in mano un pennarello, cominciamo a pensare in termini di prospettiva.
Per me non c’è grande differenza tra fare cinema ed esprimermi come artista.
Se proprio dovessi trovare una distinzione potrei dire che il cinema è un’arte narrativa: un film è come un romanzo. L’arte contemporanea invece è più assimilabile alla poesia.
Le fonti di ispirazione di Steve McQueen
Tra le fonti di ispirazione di Steve McQueen c’è il film di Jean Vigo Zero in condotta:
Mi ricordo esattamente la prima volta che lo vidi, in un piccolo cineclub di Londra. Mi colpì subito la maestria di questo grande cineasta e quello che stava cercando di dire attraverso questi bambini che cercano la libertà in una struttura così rigida e autoritaria.
Forse per via della mia esperienza scolastica, o forse per il contesto sociale dell’epoca, Zero in condotta mi ha portato a riflettere sulle cose per cui si combatte e sugli ostacoli da superare. Quei ragazzi che lottavano per la propria libertà mi hanno illuminato mentre mi trovavo seduto nel buio di un piccolo cineclub.
La cosa più importante che ho imparato è che bisogna correre dei rischi. Proprio in quei cineclub di Londra ho avuto modo di apprezzare i film di registi europei che mi hanno fatto capire che nel cinema tutto è possibile: non esistono cose giuste o sbagliate, esiste solo la ricerca della verità.
E anche un film italiano, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, con protagonista Alain Delon:
Del film di Visconti mi hanno colpito la grandiosità, il realismo, la passione. Anche nelle sue parti più concrete e materiali, come la ghiaia che ti scalfisce le mani.
E anche perché è un’opera sui problemi della mascolinità.
Hunger: l’esordio sul grande schermo
Bobby Sands, interpretato da Michael Fassbender, è il protagonista di Hunger, film d’esordio di Steve McQueen. Il regista è rimasto molto colpito dalla sua fermezza:
Puoi essere più o meno d’accordo con qualcuno, ma trovo ammirevole la fermezza di chi rimane saldo nei propri principi e combatte per ciò in cui crede.
Ricordo benissimo l’immagine del volto di Bobby Sands durante lo sciopero della fame, con accanto un numero.
All’epoca, avrò avuto nove o dieci anni, chiesi a mia madre se quel numero fosse la sua età, e lei mi rispose che si trattava invece dei giorni da quando aveva iniziato lo sciopero della fame. Il suo unico potere era legato al suo corpo: la sua arma consisteva nel rifiutarsi di mangiare.
Hunger è un film costruito con inquadrature fisse e piani sequenza:
Mi servivano per mantenere molto alta la tensione: gli stacchi di montaggio fanno respirare il pubblico. Con una scena senza tagli, il pubblico rimane lì, teso e presente.
Si tratta di trovare il giusto equilibrio fra i tagli di montaggio e la durata dell’inquadratura.
Nel caso del dialogo fra Bobby Sands e il prete, non c’erano dubbi: bisognava girare la scena in piano sequenza.
Quella scena, con un’analogia tennistica, è come la finale di Wimbledon fra due straordinari tennisti di origine irlandese, John McEnroe e Jimmy Connors, con caratteristiche completamente diverse: Connors giocava dal fondo del campo, mentre McEnroe era un maestro nelle schiacciate e nei servizi. In qualche modo, è come se McEnroe fosse Bobby Sands, che cercava di chiudere il match, mentre il prete aspetta che l’avversario si stanchi per poi stenderlo con un rovescio.
Davanti a un duello del genere non puoi staccare lo sguardo, e un taglio avrebbe diminuito la tensione.
Il successo: 12 anni schiavo
Dopo Shame, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, in cui Michael Fassbender è un uomo ossessionato dal sesso, è arrivato il grande successo con 12 anni schiavo, miglior film agli Oscar 2014. Il film, tratto dalla biografia di Solomon Northup, racconta lo schiavismo in America a metà ‘800:
Forse il fatto che sia stato girato all’epoca di Barack Obama ha contribuito a incrementare l’interesse nel finanziare un film come questo, con un protagonista nero.
Siamo partiti da un budget di diciannove milioni di dollari e ne abbiamo incassati quasi duecento milioni.
Inoltre sembra che molti afroamericani abbiano avuto timore di andare a vedere il film al cinema. Questo potrebbe spiegare perché 12 anni schiavo abbia avuto invece un enorme successo quando è uscito il DVD, con vendite altissime in meno di una settimana.
Si è trattato di un momento di svolta, che ha dimostrato il potenziale di film del genere.
Il razzismo è un tema che ritorna anche in Small Axe, ma il regista non pensa che sia un elemento connaturato degli esseri umani:
Non voglio crederlo, non se vogliamo fare progressi come esseri umani. Mi interessa ogni tipo di progresso che possa migliorarci, il progresso è l’unico modo per migliorare.
Credo che sia un obiettivo condiviso da tutti, e in questo caso non dovrebbero esserci dubbi: nessuno vuole trovarsi dalla parte sbagliata della storia.
Le donne di Widows
Nel 2018 è uscito Widows, con un grande cast di donne guidate dal premio Oscar Viola Davis:
Widows è basato su una serie tv che ha lo stesso titolo, che mi piaceva molto da ragazzo: rimasi molto impressionato da queste donne che avevano tutto e tutti contro, ma che nonostante questo riuscivano a superare le loro avversità e avere la meglio.
All’epoca si trattava della serie televisiva più popolare d’Inghilterra, pur raccontando le storie di personaggi che a prima vista apparivano perdenti.