L’esercito statunitense vaglia nuove soluzioni per prevedere le imperfezioni causate delle stampanti 3D.

I ricercatori delle forze armate Usa hanno recentemente pubblicato un’indagine mirata a perfezionare il monitoraggio della durabilità delle componenti d’acciaio stampate direttamente sui campi di battaglia.

L’industria bellica si dimostra per l’ennesima volta un’ottima promotrice dello sviluppo tecnologico e, questa volta, sembrerebbe pronta a risolvere uno degli elementi che maggiormente frena l’applicabilità professionale della stampa 3D, ovvero l’imprevedibilità dei suoi difetti.

«Le componenti stampate in 3D mostrano certi attributi – attributi legati al processo di produzione – che, se non controllati, possono spingere queste componenti a degradarsi in modi diversi da quelli delle componenti fabbricate con macchinari tradizionali. Per questo motivo, è comunemente inteso che l’uso di queste componenti, allo stato attuale, sia limitato al fare da tappabuchi per risolvere le necessità urgenti, cosi come abbiamo visto essere adoperata la stampa 3D durante la risposta a Covid-19»

ha dichiarato Dr. Jaret C. Riddick, direttore del Vehicle Technology Directorate presso lo U.S. Army’s Combat Capabilities Development Command’s Army Research Laboratory.

Per spiegare nei fatti cosa significhi questo passo tecnologico, il Dr. Todd C. Henry, ingegnere meccanico co-autore dello studio, ha offerto un facile esempio: se è noto che una graffetta industriale possa sopportare dalle 21-30 torsioni prima di rompersi, non è oggi possibile prevedere la longevità di una graffetta creata con la stampa 3D.

 

motore macchinario

 

L’indagine suggerisce che l’imprevedibilità delle stampanti 3D sia causata da alcuni vuoti e dalle variazioni geometriche tra i modelli digitali e gli apparecchi che li riproducono. Riuscire a calcolare le anomalie dei singoli pezzi permetterebbe di pronosticare il loro ciclo di vita, quindi di garantire l’opportuna manutenzione dei macchinari che ne fanno uso.

Piuttosto che puntare sui sensori, i ricercatori dell’esercito hanno pensato di affidarsi al machine-learning, così da tenere sotto controllo sia la performance dei materiali che il loro tasso di decadimento.

 

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