Una nuova proposta della Commissione Europea vuole garantire il “diritto alla riparazione”. Significherebbe rivedere le leggi sulla garanzia e il modo in cui vengono assemblati i prodotti hi-tech.
Questo mercoledì la Commissione Europea ha presentato alcune proposte che, di fatto, renderebbero le riparazioni fai da te un diritto riconosciuto a tutti i consumatori. Le misure avrebbero serie conseguenze sulle leggi sulla garanzia, e sul modo in cui vengono prodotti i device hi-tech.
Alcune anticipazioni delle scorse settimane avevano già fatto intendere che la Commissione stesse per adottare delle nuove misure in tal senso. Ad esempio una bozza di proposta riportata dai media aveva suggerito la possibilità di un ritorno alle batterie intercambiabili imposto per legge ai produttori.
Le nuove proposte si inseriscono all’interno del Circular Economy Action Plan, uno degli atti più importanti del cosiddetto European Green Deal.
Empowering consumers and providing them with cost-saving opportunities is a key building block of the sustainable product policy framework
si legge nelle premesse alle proposte della Commissione.
Sempre il documento nota che soltanto il 40% dei rifiuti prodotti dall’elettronica vengono riciclati.
Value is lost when fully or partially functional products are discarded because they are not reparable, the battery cannot be replaced, the software is no longer supported, or materials incorporated in devices are not recovered,” the report says. “About two in three Europeans would like to keep using their current digital devices for longer, provided performance is not significantly affected.
Il piano propone quindi non soltanto un diritto alla riparazione —cioè che i device non vengano prodotti di default per non poter essere riparabili—, ma anche che i device rispettino requisiti di efficienza energetica, che favoriscano il riciclo, che abbiano una longevità ragionevole, e siano aggiornabili (sia lato software, che lato hardware).
Altre proposte anticipate nelle scorse settimane parlavano di un ritorno alle batterie intercambiabili, non a caso, oltre che dell’introduzione di un unico standard comune per i caricatori di smartphone e tablet (una mossa che ucciderebbe di fatto il cavo Lightning).
Si tratta ovviamente di un primo passo, che dovrà tradursi in proposte di policy concrete che andranno poi filtrate attraverso l’iter che coinvolge Parlamento europeo e Consiglio. In questo procedimento avrà un ruolo chiave anche l’attività di lobbismo delle aziende. Non è una brutta parola, significa semplicemente che le aziende esporranno ai politici e commissari le possibili conseguenze di un’iniziativa di questo tipo sul loro business, e anche sulla base di queste considerazioni la proposta potrà venire ricalibrata per bilanciare in modo ottimale gli interessi dei consumatori e quelli dei produttori.
È piuttosto plausibile, ad esempio, che se queste proposte si traducessero in policy concrete che includano alla lettera le raccomandazioni della Commissione, i produttori dovrebbero fare non uno, ma diversi passi indietro sulla corsa alla realizzazione di device sempre più compatti. Allo stesso tempo, alcuni form factor più innovativi potrebbero venire pesantemente penalizzati.
Basta vedere il grado di riparabilità praticamente a zero di alcuni degli smartphone di ultimissima generazione: