Sopravvissuti all’ennesimo rinvio e dopo decenni di attesa, abbiamo partecipato all’anteprima italiana di Final Fantasy VII Remake: quello che può facilmente essere ritenuto il remake più atteso della storia dei videogiochi sta finalmente per arrivare.
Tra dubbiosi, scettici, curiosi e chi già grida al capolavoro, Square Enix ha deciso di accontentare i fan che le chiedevano a gran voce questo remake e, pur con qualche dettaglio ancora da definire su come verrà gestita la trasposizione dell’intero gioco, Final Fantasy VII Remake è pronto per diventare realtà.
L’anteprima italiana ci ha dato l’occasione di provarlo per quasi tre ore e farci un’idea di quella che sarà l’esperienza finale, ma soprattutto ci ha permesso di incontrare Yoshinori Kitase, producer e creative director del progetto cosi come director di quel Final Fantasy VII che 23 anni fa sconvolse il mondo dei videogiochi.
La paura più grande legata a Final Fantasy VII Remake, che ha l’arduo compito di rendere adatta al giorno d’oggi un’esperienza che due decenni fa conquistò milioni di giocatori, è quella di deludere le aspettative, di non rispettare il cuore del gioco originale e di rivelarsi una mera operazione commerciale, ma il coinvolgimento di Kitase è solo una delle prove che stavolta, con questo gioco, Square Enix non ha voluto ammettere fallimenti.
La presentazione iniziale ha sottolineato ancora una volta che il primo titolo del Final Fantasy VII Remake project coprirà e farà vivere più a fondo tutti gli avvenimenti della storia originale ambientati a Midgar, prima della fuga dalla città.
Una parte minima dell’avventura di Cloud & co., ma il producer assicura che la quantità e qualità delle cose da fare rispetteranno quelle di qualunque gioco completo della saga: tra parti rivisitate, aree di Midgar approfondite e magari qualcosa di inedito, FFVII Remake dovrebbe concedere più di 60-70 ore di gioco, ma da quel che abbiamo visto ci auguriamo anche di più.
Da fan della saga, Kitase e il suo team hanno fatto un lavoro egregio: queste prime ore di gioco ci confermano che questo remake riesce nel delicatissimo compito di trasporre tutta l’essenza di FFVII, dal carattere dei personaggi all’atmosfera cupa e rovinata di Midgar, con inquadrature spettacolari, una grafica eccellente (merito anche di un Unreal Engine altamente customizzato) e cutscenes puntuali e mai fuori luogo.
Il doppiaggio e i dialoghi, quelli in inglese, sono ben curati e adatti ai personaggi per come ce li ricordiamo, con forse solo qualche frase ecologista di troppo per Barret, ma nulla di esagerato.
La localizzazione italiana purtroppo non rende giustizia e in alcuni casi prende proprio un’altra strada, con adattamenti e libertà di traduzione non solo incorretti, ma anche inadatti al contesto.
Azione e cutscenes vengono gestiti con un ottimo ritmo e a fare da perfetta cornice c’è la Dynamic Universal Music, una tecnica di gestione della musica in background che prevede un unico tema sempre presente con vari arrangiamenti e cambi di ritmo dinamici a seconda della situazione.
L’immersione e il coinvolgimento che ne derivano sono proprio quello che ci si aspetta dal remake: un’esperienza che permetta di vivere ancora più a fondo e intensamente ciò che FFVII è già stato vent’anni fa.
Un GdR come FFVII non è stato però solo trama e personaggi: il sofisticato e statico sistema di combattimento del gioco per PS1 tuttavia non poteva essere adattato meglio, con la giusta conferma del sistema delle Materia (Summon a parte, per le quali sapremo di più solo con la versione finale del gioco) e la reinvenzione totale del Battle System.
FFVII Remake elimina ovviamente i cambi di schermata per gli scontri e, come già visto in FFXV, pone esplorazione e combattimenti sullo stesso piano, con l’attivazione dei comandi di battaglia nel momento in cui si incontrano dei nemici.
Controllando un personaggio alla volta mentre gli altri, selezionabili con i tasti direzionali, vengono comandati dall’IA, possiamo attaccare con la semplice pressione del tasto quadrato il nemico più vicino o quello selezionato.
A differenza del titolo di Tabata, però, Kitase decide di mantenere il rapporto con il passato e ristruttura il sistema ATB, trasformandolo in due barre caricabili infliggendo o subendo danni e riempite le quali è possibile usare i comandi speciali, come gli oggetti, le magie o le abilità.
Queste ultime sono attacchi o mosse che infliggono più danni, attribuiscono status o modificano i propri parametri, ma generalmente contribuiscono notevolmente all’aumento della barra tensione, un indicatore del nemico riempito il quale lo si manda in status “stremo” per alcuni secondi, durante i quali rimane immobile e subisce più danni dagli attacchi.
Un sistema che per funzionare al meglio richiede di gestire con tempismo le barre ATB e le abilità di ciascun personaggio del party e che rende gli scontri più duri frenetici e accattivanti, mentre incide meno su quelli che nel gioco originale sarebbero stati “casuali”.
Altro elemento a incidere nelle battaglie è l’abilità unica di ciascun personaggio, apparentemente non modificabile, che garantisce effetti diversi a seconda di chi si usa: per Cloud ad esempio permette di passare a uno stile di spada più aggressivo e offensivo, sacrificando agilità e difesa, mentre per Barret si tratta di una scarica devastante di colpi della sua arma.
Level design ed esplorazione sono esattamente come dovrebbero essere,
il gioco originale aveva già fatto un gran lavoro con le ambientazioni, ma grazie alla potenza di questa generazione FFVII Remake realizza degli ambienti vasti sui quali l’illuminazione cupa, gli effetti fluorescenti del Mako e la componentistica tecnologica trasmettono in toto quello che ci si aspetta da un reattore Mako e da una città come Midgar, adesso esplorabile tra tetti, strade trasandate e piazze più curate a seconda del settore in cui ci si trova.
La battaglia con il boss è il modo perfetto di gustarsi il nuovo battle system, ma soprattutto mette subito in chiaro che il livello di difficoltà è decisamente impegnativo, tanto che per quelli meno interessati all’azione è possibile switchare alla modalità Classic, dove movimenti e attacchi regolari vengono gestiti automaticamente e ci si può concentrare sul solo utilizzo della barra ATB.
L’ennesima riprova che non solo la cura dei dettagli è ovunque, ma anche che Square Enix sta facendo di tutto per realizzare un grandissimo titolo che possa accontentare tutti.
Queste tre ore di prova, a conti fatti, più che una medicina si sono rivelati una malattia: l’occasione di saziare la sete di curiosità si è rivelata un assaggio di un gustosissimo piatto che non vediamo l’ora di consumare per intero.
Ogni cosa è al proprio posto e anche a voler trovare dei difetti in questo momento faremmo fatica. Bisognerà testare davvero la longevità e quanto un’esperienza relegata alla sola Midgar possa davvero soddisfare chi ha atteso questo titolo tanto a lungo, ma Final Fantasy VII Remake sembra avere tutte le carte in regola per affermarsi come uno dei migliori giochi degli ultimi anni e non solo per i fan della saga.
Se stiamo sognando, non svegliateci.