Quando il 20 ottobre del 1977 uscì nei cinema di tre città italiane Guerre Stellari, non ero ancora nato. Tuttavia, all’interno del grembo materno, la cellula che sarebbe diventata me era già formata da due mesi e nei successivi sette avrei ascoltato tutto quello che veniva detto fuori.

Indovinate un po’ di che cosa ho sentito parlare?

 

 

20 ottobre 1977: è nato un amore

In qualche modo, anche se non posso conservarne il ricordo preciso, credo che mio papà avesse continuato a ripetere a mia mamma quanto bello fosse un certo film, in cui i buoni combattevano con spade laser e il cattivo era un cavaliere nero coperto da un terrificante elmo che non si toglieva mai. E poi i viaggi spaziali, la distruzione di pianeti interi, creature leggendarie, robot e droidi, avventure e battaglie stellari.

Quando nacqui, nell’aprile dell’anno dopo, Guerre Stellari era ancora nelle sale, ancora primo in classifica, ormai in seconda e terza visione, distribuito più o meno in tutta Italia, e sarebbe rimasto a rinnovare il primato ancora per diversi mesi.

Sarebbero passati pochi anni, prima che lo vedessi per la prima volta in televisione, poi in videocassetta, poi sarebbe stata la volta de Impero colpisce ancora e, insomma, non sono certo io a dovervi raccontare come nasce un amore grande come quello che noi fan abbiamo per Star Wars.

Oggi, circa a metà della mia vita, aspetto un mercoledì, il penultimo di questo 2019, per assistere al giorno in cui Star Wars finirà.

Ditelo pure: è una smargiassata bella e buona, un’esagerazione, che discorso, mica finirà qua questo franchise, ci sono serie TV in arrivo, cartoni animati, fumetti, videogiochi, romanzi, la vita non finisce il 18 dicembre del 2019.

Tutto vero, la fine di Star Wars non è la fine del mondo, ma, come per C-3PO, diventa il momento di salutare gli amici che mi hanno accompagnato per quarant’anni in questa strada che ha nutrito il mio sguardo da sognatore, facendomi arrivare a questo punto a desiderare di sedermi al cinema e alzarmi consapevole che un cerchio si è chiuso, dicendo addio a questi amici di sempre.

Prima di salutare, però vorrei guardare anche io un’ultima volta che cosa sto lasciando indietro

Prima di salutare, però vorrei guardare anche io un’ultima volta che cosa sto lasciando indietro: nove film di questa saga familiare, undici se ci mettiamo anche dentro le storie che al cinema si sono collegate, e poi la valanga di contenuti dell’universo espanso, i ritocchini antietà della prima trilogia ad opera di Lucas, un papà diventato col tempo sempre più ingombrante, al punto che molti di noi hanno avuto un piacere più o meno manifesto nel vederlo sempre più lontano dalla stanza dei bottoni, anche se ogni tanto lo avremmo voluto rivedere lì, quando le cose ci hanno soddisfatto meno: lo abbiamo amato, George Lucas, lo abbiamo odiato, amato di nuovo, odiato di nuovo, ancora amato e odiato, ma non abbiamo mai potuto fare a meno di lui.

E poi, abbiamo assistito alla magia: un cosplay più o meno organizzato di quattro smanettoni è diventato la 501ma legione, che ha permesso al fandom di realizzare il sogno più grande: entrare a far parte del canone stesso di Star Wars.

Era roba solo nostra,
Star Wars.

Era roba solo nostra, Star Wars, ci si capiva solo tra noi, fino a che è diventato una cosa di tutti: merchandising, promozioni, un marchio globalizzato, nei supermercati, nei negozi di calzature, nei negozi di giocattoli, al mercato.

Adesso nella stanza del fandom siamo in tanti, più di quanti credevamo di essere: l’abbiamo scoperto dopo la trilogia prequel, con l’esplosione di internet, dei social network, delle operazioni di marketing.

L’universo delle Guerre Stellari ci assomiglia, e anche tra di noi sono nate le fazioni, i dissapori, gli scontri, una dialettica a volte troppo accentuata, ma che si vanifica (fortunatamente) nel momento in cui tutti entriamo nello stesso istante nella sala di un cinema, generando una catarsi che ha reso i film di Star Wars campioni di incassi e leggenda vera e propria.

La nostra saga è come noi, ci ha accompagnato attraverso un mondo che cambiava, il nostro universo specchio.

Dagli ultimi scioglimenti dei ghiacci della guerra fredda, in cui ci eravamo abituati a pensare che il mondo e tutto il cosmo fosse diviso in due, una parte buona e una cattiva, sotterranea, astuta, infiltrata, subdola, rossa come le spade e gli occhi di un Sith, fino alla caduta del muro di Berlino, in cui abbiamo scoperto una nuova speranza: c’era spazio per tutti nell’universo, attraverso le nuove ed entusiasmanti scoperte tecniche a cavallo tra i due millenni, in cui il cinema ha cominciato a restituirci grazie a CGI e nuovi entusiasmanti effetti l’esatta visione della fantasia che avevamo sognato.

Nuovi mondi, nuovi esseri, un nuovo universo, più grande, più bello, più forte del male si apriva ai nostri occhi, per regalarci nuove storie della galassia lontana lontana, questa volta guardando al futuro con nuova forza, perché il futuro apparteneva alla nostra generazione.

E infine, nel 2001, siamo tornati sulla terra, schiaffeggiati da uno shock troppo più forte della speranza: l’immagine di due torri gemelle che crollavano sotto il peso di un nuovo conflitto, tanto più terribile perché così vicino a casa, e così reale.

Le nostre guerre stellari, la speranza del messaggio starwarsiano non erano più sufficienti a difendere la posizione della nostra fantasia di fronte ad una realtà che mutava per sempre davanti ai nostri occhi.

E allora eccoli, arrivano gli Avengers, qui, sulla nostra Terra, perché il campo di battaglia si è spostato, non è più una galassia lontana lontana, è New York, Parigi, il luogo della nostra dimora, e il cattivo non è più un machiavellico sovrano sith a capo di un impero che intende controllare attraverso oscuri equilibri di potere, ma è un solitario generale a capo di un esercito che intende sottomettere il nostro pianeta e distruggere metà della vita nell’universo inseguendo un piano folle.

La speranza non è più riposta nel desiderio di libertà che unisce i popoli, ma in un manipolo di supereroi dai poteri incredibili e sovrumani, senza i quali saremmo impotenti.

Le guerre stellari, hanno cominciato ad essere troppo distanti e il nostro sguardo ha cominciato ad essere troppo distratto da ciò che succedeva più vicino a noi, intrappolato nella nostra guerra di casa, terribilmente reale, anche nelle fantasie supereroistiche marveliane.

Ma quel ciclo andava chiuso: c’era ancora una storia da raccontare, anche se intorno a noi era cambiato tutto: è una storia recente che per essere raccontata dovrebbe parlare di Disney, di nuovo pubblico, di J. J. Abrams, di Rian Johnson, ma non è qui che sarà possibile raccontarla, se non per dire che qualcuno penserà (forse non a torto) che Disney abbia uniformato i generi, le sceneggiature, le abitudini degli spettatori.

Di sicuro c’è che questo nuovo cinema americano multinazionale, dal giro d’affari incredibile e dai rischi minimizzati non è lo stesso cinema del 1977, in cui Guerre Stellari veniva proiettato in tre sale in Italia.

Ma per me, che da prima ancora di venire al mondo avevo sentito parlare di quelle galassie lontane, però, questo è il momento di tornare là fuori: per trovare ancora Leia, Luke, Chewbacca, R2D2, C3PO, Lando, Wedge, Palpatine, ricordare insieme a loro per l’ultima volta gli amici di sempre Han, Anakin, Yoda, Obi Wan e chiudere il conto che ho con loro.

Mi hanno accompagnato attraverso quasi mezzo secolo di storia a cavallo di due millenni, spettatore e protagonista di un mondo in continuo conflitto sociale e crescita tecnologica, in cui una nuova crisi è sempre dietro l’angolo, e potrebbe sempre essere l’ultima, ma in cui l’universo non è mai stato così vicino ad essere esplorato.

Eppure, anche per merito loro, dei miei amici, io non abbandono la speranza.

Nemmeno mercoledì 18 dicembre, il giorno in cui Star Wars finì.

 

 

Leggi la nostra recensione di Star Wars: L’Ascesa di Skywalker: