Us

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Perciò, così parla l’Eterno: ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò.

Questo versetto della Bibbia: Geremia 11:11, si mostra più volte allo spettatore, perché Jordan Peele prende ciò che era stata l’idea alla base del suo straordinario esordio, quel Get Out che gli è valso un Oscar alla migliore sceneggiatura originale, e la allarga all’umanità intera.

“Us”, che esce oggi 4 aprile nei cinema italiani con il titolo “Noi”, non è una scelta casuale. La famiglia di cui si narra nel film rappresenta un semplice pretesto per discutere gli emarginati, gli esclusi, tutte quelle minoranze sociali che, per qualche ragione, vengono dimenticate, lasciate a marcire sul fondo del mondo.

 

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L’idea è tanto semplice quanto straordinaria e se siete stati tra coloro i quali non credevano ad una possibile conferma, il comico Peele cala l’asso.

L’idea è tanto semplice quanto straordinaria e se siete stati tra coloro i quali non credevano ad una possibile conferma, il comico Peele cala l’asso, espandendo la sua idea di cinema e rendendola incredibilmente più matura.

Ciò non significa che Us sia un film perfetto, al contrario vive di tutte le imperfezioni dell’esordio, smussandone alcune e accentuandone altre.

È così che, mentre la recitazione e la scrittura guadagnano di un pezzo da novanta come Lupita Nyong’o (fatevi il favore e andatelo a vedere in originale, perché il lavoro di Lupita sul suo doppelganger è sublime), il ritmo del film vive di due facce totalmente opposte.

Una prima sezione troppo lunga e boriosa, che vuole servire a lanciare l’amo per comprendere ciò di cui si sta narrando, ma che fallisce nel momento in cui il prologo da già tutte le informazioni necessarie; fa da contraltare ad un esplosione totale nella seconda parte.

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Per chi avesse vissuto sulla luna negli ultimi mesi, Us narra le vicende di una classica famiglia americana, che torna nella casa d’infanzia della madre per trascorrere le proprie vacanze a Santa Cruz.

Qui, un evento accaduto molti anni prima, arriva a presentare il suo conto, mettendo la famiglia di fronte ad una scioccante verità: l’esistenza di un doppelganger di ognuno di loro.

Se la premessa potrebbe non sembrare nulla di speciale, chi ha apprezzato Get Out, sa bene come Peele sia in grado di tirare fuori il meglio dalle cose semplici. Sarà probabilmente la sua natura di comico (anche qui si ride tanto, più che nella prima pellicola), ma ciò che rende autorialmente importante l’opera, è proprio la capacità di marchiarla a fuoco e dare allo spettatore la consapevolezza della mano che vi è dietro già al primo sguardo.

Come già detto, ad impreziosire un lavoro già eccellente, seppur imperfetto, ci pensa la performance di un cast azzecatissimo, che trova nella recitazione sopra le righe di Winston Duke (il padre) e nei visi dei loro figli Shahadi Wright Joseph e Evan Alex, il giusto apporto alla magnificenza di Lupita Nyongo.

 

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La poetica di Peele è ormai chiara, e la sua voglia di raccontare le minoranze  non fa che accentuare una sorta di “razzismo contrario”.

La poetica di Peele è ormai chiara, e la sua voglia di raccontare le minoranze, sfruttando la sua caparbia volontà di utilizzare solo attori afroamericani come protagonisti, non fa che accentuare una sorta di “razzismo contrario” che, se da una parte rischia di far deflagrare l’opinione pubblica su se stessa nel corso del tempo, è funzionale alla cattiveria insita nella scrittura di queste opere.

Le risate e gli stilemi dell’horror raccontano semplicemente la capacità di Peele di divertirsi, fondata sul suo background artistico. Ciò non toglie che le tematiche affrontate siano attuali e potenti, in grado di far riflettere e senza troppi mezzi termini. Per questo, per una volta, la chiara spiegazione finale, che non lascia adito ad interpretazioni, ci è sembrata azzeccata.

 

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Qui non c’è voglia di lasciare in sospeso, non esiste la volontà di dare ad ogni spettatore una proprio lettura ma, al contrario, di prenderlo a pugni e farlo riflettere su quanto futilmente si dimentica del prossimo.

Per questo siamo certi che la sequenza dei titoli di testa, peraltro accompagnata da una colonna sonora che mai si ripresenta con pari preponderanza, sia proprio la chiusa perfetta per raccontare l’umanità e la sua bassezza.

Un branco di conigli incapaci di accorgersi di una sola e semplice verità: che siamo tutti uguali.

 

Trailer italiano:

“Us” arriva al cinema il 4 aprile in Italia con il titolo “Noi”.

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