A volte ci sono idee che sembrano pessime, ma che poi si rivelano invece vincenti. Nessuno avrebbe dato credito alla versione del Joker di Heath Ledger, ad esempio, eppure, dieci anni dopo l’uscita de Il Cavaliere Oscuro è ancora un’icona. Gli stessi attori che interpretavano i protagonisti di Star Wars erano perplessi dal film, erano convinti che sarebbe stato un flop, soprattutto Harrison Ford… ma sappiamo poi com’è andata. Ci sono però pessime idee che si rivelano essere solo pessime idee.
Quando Sony ha annunciato di aver messo in produzione un film sul personaggio di Venom, storica nemesi di Spider-Man, in cui a mancare sarebbe stato proprio l’arrampicamuri, il popolo nerd – ma non solo quello – è insorto: che senso avrebbe avuto?
Tanto più che il film non fa assolutamente parte del Marvel Cinematic Universe, come già ampiamente dichiarato. La situazione non è migliorata con l’arrivo del primo trailer, dove al centro della polemica c’era la CGI considerata pessima e fin troppo fittizia.
Alcuni potrebbero dire che l’odore del fallimento si avvertiva fin dall’inizio, ma alcuni hanno sperato continuamente che il personaggio fosse stato ben trasposto, dopo lo scempio che gli era stato riservato in Spider-Man 3.
Il risultato finale si commenta da solo: Venom è un film che, semplicemente, non funziona.
Il problema non è l’assenza di Spider-man, anzi il tutto avrebbe potuto funzionare in maniera autonoma e risultare credibile, se regia e sceneggiatura fossero state curate molto di più.
Nemmeno la computer grafica, senza dubbio traballante ma non poi così orrenda come appariva secondo molti nei trailer e nelle clip rilasciate prima dell’uscita, costituisce un grosso problema, anzi in molti momenti è più che tollerabile.
Il vero problema è che il regista, Ruben Fleischer, non ha saputo gestire nulla in maniera adeguata: tutto, dalle inquadrature più semplici alle scene action molto spesso incomprensibili, è registicamente sbagliato.
È inaccettabile, per un blockbuster che punta ad accaparrarsi il favore di un’enorme fetta di pubblico, avere intere scene in cui non funzionano nemmeno i controcampi utilizzati per i momenti di dialogo dei personaggi che disorientano chi guarda, per fare un solo esempio.
La fotografia è anonima, con la pretesa di dare un tono dark ad un film che, in fondo, cerca di rifarsi alla spensieratezza dei film dei Marvel Studios nella sostanza. Venom è un personaggio complesso, legato ad una violenza intrinseca che, in un primo momento, era stata promessa anche nel film.
Con una mossa a sorpresa e inspiegabile, un paio di mesi prima dell’uscita in sala, è stato annunciato che negli U.S.A. sarebbe stato vietato ai minori di tredici anni. Nonostante Sony stessa abbia dichiarato che l’affermazione secondo cui Venom sarebbe stato uno dei cinecomic più crudi e violenti di sempre era soltanto un rumor, rimane il fatto che sia anche una delle pecche più imperdonabili del film.
Non si vede una singola goccia di sangue e i pochi momenti in cui la violenza si manifesta sono stati inseriti degli (in)opportuni stacci su ombre che suggeriscono cosa stia accadendo o sui volti terrorizzati dei personaggi. edulcorare un film come questo è un’operazione totalmente priva di senso: i fan del personaggio rimangono insoddisfatti e rimane comunque un cinecomic troppo noioso e dispersivo per attrarre uno spettatore molto più giovane.
l’unica cosa effettivamente interessante è il rapporto tra il simbionte e Eddy Brock, ma solo a livello superficiale: l’approfondimento è nullo e il legame tra i due si cementa nel giro di poche ore, senza alcuna spiegazione. Tom Hardy in prima persona non ha aiutato di certo a rendere Brock interessante, regalando una delle sue performance peggiori, che rimane comunque la cosa migliore del film, il che è tutto dire. Eddy è un personaggio mal scritto, arricchito solo da qualche idea dell’attore, ma, cosa ancor peggiore, durante il film non subisce alcuna reale evoluzione, risultando spesso fastidioso.
Lo stesso si può dire di Annie, interpretata da una Michelle Williams svogliata, come se si trovasse lì contro la propria volontà. La ciliegina sulla torta è un villain stereotipato, piatto come una tavola nell’approfondimento psicologico, mosso da motivazioni ossimoriche e ridicole, e la trascurabile presenza dell’altro simbionte promesso nel film, quel Riot la cui presenza sembra casuale e a malapena abbozzata.
A tutto questo va aggiunto che la prima parte del film è completamente manchevole nella costruzione dei tempi.
La lentezza è quasi insopportabile e i rapporti tra i personaggi sono quasi inesistenti, mentre la presenza di Venom è solo accennata: è comprensibile voler tenere lo spettatore sulla corda, introducendo il piatto forte, ma se si considera il carattere sbrigativo e confusionario del resto del film otteniamo un minestrone dal sapore cattivo.
La situazione, già poco felice di per sé, è aggravata nella versione italiana del film dal doppiaggio del protagonista, a opera di Adriano Giannini che riesce a renderlo ancora più insopportabile. Come si sia arrivati a rendere Venom un film così sbagliato è un mistero.
Forse la causa principale è da ricercarsi nell’impianto del film, eccessivamente simile a quello dei primi cinecomic contemporanei prodotti tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila.
La linearità della trama e della struttura della pellicola non sarebbero un vero problema, del resto anche il primo Spider-man diretto da Sam Raimi non aveva di certo una trama complessa, ma la differenza sta nel suo sviluppo. In Venom non si ravvisa alcun reale impegno per renderlo un film godibile, è semplicemente un compitino mal fatto, privo di alcun fascino, senza identità.
Spesso si sentono denigrare i grandi blockbuster per via del loro essere lontani dal voler mandare messaggi importanti, ma la realtà è che il Cinema è nato come forma di intrattenimento e come tale ancora oggi continua a dilettare milioni di spettatori: è anche vero che, però, un film di intrattenimento deve intrattenere.
L’opera di Fleischer non riesce a farlo quasi mai, salvo per qualche raro momento divertente, forse troppo legato ad un umorismo vecchio stile che ha fatto il suo tempo.
Infine, una menzione speciale va alle due scene post-credits: la prima eccessiva, a tratti ridicola e resa superflua dal fatto che rende manifesta l’idea di un seguito che difficilmente il pubblico vorrà, ma potrei sbagliarmi. La seconda, da sola, è più godibile dell’intero film, il che è triste, ma capirete da soli il perché.
Troppe cose che non funzionano rendono, per quanto mi riguarda, già fallito il progetto di creare un universo condiviso relativo ai personaggi provenienti dal mondo di Spider-Man, i cui i diritti appartengono a Sony da anni. Quello che ci si chiede è che senso abbia concedere ai marvel Studios di sfruttare l’Uomo-Ragno dal punto di vista cinematografico, per poi creare un film sul suo arcinemico più famoso senza poterlo inserire.
La mia idea, che porto avanti da tempo, è che volessero far sì che lo Spider-Man incarnato da Holland diventasse il più popolare possibile per poi riprenderne il totale controllo, estrapolandolo dal Marvel Cinematic Universe, lasciando libera la Disney di utilizzare a suo piacimento Miles Morales, già vagamente introdotto in Spider-Man: Homecoming.
Ad avvalorare l’ipotesi è il film d’animazione Spider-Man: Into the Spiderverse, in uscita a dicembre e che potrebbe avere lo scopo di far conoscere il buon Miles al grande pubblico. Insomma, ci troviamo di fronte all’ennesima occasione sprecata, forse segno che i cinecomic iniziano ad essere avvolti da quel manierismo che prima o poi sancisce la fine di tutte le mode e le tendenze, ma per quello la strada è ancora lunga.
Purtroppo. O, come direbbero alcuni, per fortuna.