Sono andato negli uffici (non aperti al pubblico) di OnePlus e Oppo a Shenzhen in Cina, ecco il mio report del viaggio e un sacco di foto.
<premessa romantica e patetica>
Prima di partire per una destinazione a me sconosciuta, nella mia mente apro una versione gratuita di Adobe Premiere e faccio un montaggio video di tutto quello che ho visto in TV, YouTube, articoli di giornale, stralci di libri con una musica di sottofondo gratuita, hai presente quelle bruttine di NCS? Quelle.
Anche per Shenzhen avevo fatto un corto nella mia testa e naturalmente seguiva le regole base, quasi ormai standard, di un film distopico. Era tutto in bianco e nero, musiche con sintetizzatori anni ‘80, pioggerellina sottile e fastidiosa, caldo afoso, smog insopportabile. Gli abitanti vestivano un lungo grembiule da lavoro blu scuro, cuffietta per la testa, mascherina per la bocca e ogni cento persone ce n’era uno con una fascia al braccio rossa ed un QR code bianco stampato sopra.Nessuno rideva, tutti lavoravano dalla mattina alla sera per produrre la nostra cara amata tecnologia.
</premessa romantica e patetica>
Dite che la verità non è così distante dalla mia strainflazionata visione? Potrei rispondere che questo è in parte falso ma ne parleremo in un altro articolo, è un’altra storia bro.
Shenzhen la conosciamo tutti noi nerd, sappiamo bene che è la fabbrica tecnologica del mondo (quanti pacchi e pacchetti con questa origine ti sono arrivati a casa? Ammettilo) ma come ti dicevo, di questa città abbiamo un’immagine distorta o comunque troppo specifica, riferita alla parte periferica industriale dedita alla produzione fisica, dove effettivamente ci sono delle città fabbrica immense con i loro pro e contro.
<Wikipedia Moment>
Shenzhen era una piccola città di venti mila abitanti che, nei primi anni ‘80 per la sua vicinanza con Hong Kong, fu scelta come città pilota a statuto di Zona Economica Speciale registrando la crescita urbana più veloce al mondo del XX secolo, secondo Wikipedia da 20.000 a 13,5 milioni di abitanti in 30 anni. Una città difficile come tutte le metropoli cinesi ma diversa, il suo dinamismo la rende più vicina all’idea della città cinese del XXI secolo.
Le Zone Economiche Speciali attraverso incentivi fiscali, investimenti stranieri, maggiore indipendenza nella gestione commerciale internazionale, propensione all’esportazione dei propri prodotti, joint-venture nazionali e straniere hanno permesso la nascita di multinazionali e di start-up di successo.
Ne è un esempio la BBK Electronics Corporation, una multinazionale con sede a Dongguan nella provincia di Guangdong (anch’essa come Shenzhen sotto la zona economica speciale), mamma di Oppo, OnePlus e Vivo, praticamente la seconda produttrice di smartphone al mondo. La BBK è una mamma moderna, vicina ai propri figli, presente ma non oppressiva, che li lascia liberi di crescere e trovare la propria strada <!–basta che macinino soldi, maliziosamente direi io–>
</Wikipedia Moment>
Noi, dopo non poco lavoro, siamo riusciti ad andare proprio nei quartier generali di OnePlus e Oppo. Locate nello stesso palazzo OnePlus occupa un intero piano, mentre gli uffici di Oppo sono disposti su tre piani, in una zona appena meno centrale di Shenzhen ricca di locali, ristoranti e servizi.
OnePlus
Entriamo come dei razzi e veniamo accolti dallo staff della reception, poco inglese, tanto sorridente che ci fa compilare e firmare dei registri. Dopo qualche minuto arriva il nostro cicerone, è la gentilissima Senior Global Corporate PR Manager Ashley Colette, una splendida nord americana, con una forte esperienza nel settore (ZTE, Huawei, Microsoft, T-Mobile ed Alcatel).
Dopo le dovute presentazioni partiamo con il nostro giro visitando l’esposizione dei prodotti e del merchandising (zaini, borse, cover, libretti, cappellini, agende ecc). Subito dopo ci dirigiamo verso le “tea room” e le aree pubbliche come il balcone, dove incontriamo due ragazzi che lavoravano con un portatile.
Ashley sottolinea proprio questo aspetto da start-up dove qualsiasi zona è buona per lavorare. OnePlus HQ si divide in due macro zone, nella prima vi sono i programmatori e l’ufficio di uno dei presidenti, Pete Lau, con l’etichetta “Decision Daddy” sulla porta; nella seconda zona ci sono i ragazzi del marketing, content editor, copyrighter e PR.
Qui ci viene indicato un posto con una lavagna che occupa Carl Pei quando è in sede, in quanto il suo vero ufficio è in Europa a Londra. Troviamo ragazzi da tutto il mondo proprio perché è un brand che punta all’estero adattando i contenuti in base al mercato di destinazione.
Credetemi è un bel colpo d’occhio, sembra di essere dentro le vecchie pubblicità di Oliviero Toscani e della Benetton, so che nel 2018 questo non dovrebbe stupire eppure in un paese dove per strada hai la probabilità di trovare lo 0,01% di stranieri sortisce il suo effetto.
OnePlus è composta da circa 850 impiegati in tutto il mondo, di cui il 75% lavora in Cina. Chiediamo ad Ashley come è possibile entrare nella loro squadra, anche come sviluppatore, e ci risponde che è possibile trovare sul sito le posizioni aperte nel proprio paese. Proprio in questi giorni, dopo la notizia dell’apertura di un ufficio operativo a Milano sono alla ricerca di un PR manager in Italia.
Alla nostra richiesta se in futuro è previsto un dispositivo di fascia media abbiamo ricevuto come risposta che continueranno con i due modelli flagship all’anno e non prevedono di ripetere l’esperienza del OnePlus X dato che non era stato accolto positivamente dagli utenti.
Per OnePlus infatti sono meno importanti le indagini di mercato rispetto ai feedback della propria community, che ci viene confermato essere la risorsa fondamentale. Il focus è di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze degli utenti e le necessarie innovazioni future studiate dal team. Chiediamo se ci sono pressioni o influenze da parte di BBK ma ci viene perentoriamente risposto che la loro figura è di mero investitore.
Personalmente ho seguito la storia di OnePlus sin dai primi rumors e ritengo che i loro uffici palesino la loro inclinazione. Credo in quello che mi è stato detto ma ritengo che ormai la storiella della “siamo una start-up di giovani preparati ma anche un po’ avventati” sia un po’ stretta, non è più un gioco, adesso i numeri incominciano a farsi importanti. Certo, l’aria è leggera, propositiva, contrariamente a quanto succede fuori da quelle mura, sembra che creare una società che venda smartphone in tutto il mondo sia una cosa “easy” realizzabile senza troppe difficoltà. Come aprire una pizzeria nella propria città in Italia, anzi, forse più facile, basta volerlo e lavorarci sopra con grande passione, allegria e professionalità.
Adesso però siamo più grandi e non si possono fare scivoloni come in passato, senza contare che soddisfare la propria community è sempre più arduo. Immaginate quando toglieranno il jack audio da 3,5mm. Ci saranno roghi di telefoni e si urlerà allo scandalo o l’amore verso questa azienda e l’immenso lavoro dei PR addolcirà la pillola?
Chicca? Il padrone assoluto di tutto è la loro mascotte Una, un cagnolone di Shiba Inu che a conferma dell’indole della sua razza ha fatto la preziosa e non si è fatta trovare in giro.
Oppo
Ci accoglie l’International PR Manager Alexander MacGregor, un giovane uomo inglese, molto simpatico, con passate esperienze in compagnie petrolifere, vari lavori ed un master ad Hong Kong con la passione per la tecnologia che l’ha fatto avvicinare prima a Meizu e poi verso Oppo.
Il primo approccio è stato certamente più rigido, capiamo da subito che qui è diverso rispetto ai vicini, infatti all’ingresso veniamo registrati, ci vengono forniti dei visitor’s badge, oscurate le fotocamere dei nostri telefoni con degli adesivi con dei seriali e ci viene espressamente chiesto di non fotografare nulla. L’HQ di Oppo si divide in tre piani, ci rechiamo in una meeting room e dopo le presentazioni a noi salta subito all’occhio un particolare, Alexander è l’unico straniero di quel piano.
Fare il confronto con la precedente OnePlus è inevitabile e a noi questo sembra sintomatico per interpretare le differenze tra le due aziende. Respect e fist bump per Alex. Abbiamo subito riferito che eravamo molto contenti di poter visitare la sede di Oppo visto che proprio in questi ultimi mesi, dopo quattro anni di assenza, è tornata nel mercato europeo in coincidenza della presentazione di Find X a Parigi.
La nostra prima domanda è stata se Oppo vede con gelosia i risultati del fratellino minore OnePlus. La risposta è fornita dai numeri. Alex ci ha fatto capire quale effettivamente sia la situazione: Oppo è un’azienda che vende cento milioni di dispositivi l’anno, la seconda nell’immenso mercato cinese e che guadagna moltissimo anche attraverso i propri servizi ed il proprio app store (eh sì, vi ricordate che Google Play in Cina “non esiste”?) mentre OnePlus, con il massimo rispetto, ha venduto un milione di device. I suoi diretti competitor sono Apple, Samsung e Huawei, insomma i grandi nel modo della telefonia.
Alex ci ha confermato che manterranno l’attuale strategia e cioè far uscire prima nel loro mercato primario che è la Cina (75%) un dispositivo e poi a seguire negli altri paesi, Europa compresa. A Parigi è stata aperta una sede di Oppo che si occuperà principalmente del design e non del software.
Quest’ultimo punto ci fa capire l’ulteriore differenza sostanziale di questo brand verso la “piccola” OnePlus. ColorOS il sistema operativo di Oppo è completamente chiuso rispetto ad OxygenOS di cui vengono rilasciati al pubblico i sorgenti kernel. Per il futuro Oppo conferma la sua strategia sulle fasce di mercato dei telefoni: serie Find più bizzarra ed innovativa, serie R top di gamma, serie F midrange, serie A fascia bassa.
Inoltre ci è stato spiegato che l’evoluzione e sviluppo di Oppo è stato molto diverso, principalmente offline. La crescita è avvenuta attraverso tanti piccoli negozi che garantivano un buon margine di guadagno al venditore permettendo una grande diffusione del prodotto. Solo da quest’anno hanno aperto un flagship store a Shanghai ed uno proprio in questi giorni a Shenzhen (di cui potete vedere la foto gallery) ed in futuro prevedono di aprirne uno per ogni mercato ove presenti, probabilmente anche in Italia, Milano? Lo scopriremo tra non molto.