Nella giornata più tempesto del Festival di Cannes, sembra che anche il tempo abbia voluto dare il suo bentornato a Lars Von Trier e il suo disturbante The House That Jack Built con protagonista un inquietante Matt Dillon.

Dopo essere stato espulso anni fa da Cannes per il suo comportamento poco consono, Lars Von Trier ritorna sulla Croisette con una pellicola che non ha mancato di sconvolgere, indignare e disturbare parte del pubblico e della stampa. Il film in questione è The House That Jack Built, un vero e proprio percorso dantesco nella vita di un serial killer alla ricerca della perfezione assoluta.

Questa storia è vecchia come il mondo, quando si parla di Lars Von Trier ci sono ben poche cose da fare in merito: o lo si ama o lo si odia. Un regista sicuramente fuori dal comune che non ha interesse alcuno dall’essere amato da tutti, ma neanche di essere capito. In questi anni Lars Von Trier con il suo cinema ha sempre mostrato il lato più metaforico dell’interpretazione di un’idea al cinema, a volte attraverso la poesia della sospensione come in Melancholia, altre volte giocando con la spiritualità in una spirale disturbante di corpi liberi, immagino audaci, come in Antichrist, altre volte ancora mescolando teatro e cinema dando una dimensione assolutamente diversa come in Dogville, e ancora con la sessualità con il tanto chiacchierato Nymphomaniac.

 

The House that Jack Built

 

In questo nuovo film, appunto The House That Jack Built, si può dire che ci sia un po’ di tutto questo

In questo nuovo film, appunto The House That Jack Built, si può dire che ci sia un po’ di tutto questo. Un film sicuramente che ha portato il regista a una riflessione profonda, una costruzione della scena e della storia che si mostra al pubblico come una sorta di commedia grottesca nella vita di un ex ingegnere che dopo una specie di omicidio incidentale, incomincerà la sua scalata verso la ricerca dell’omicidio perfetto. Un vero e proprio strizzare l’occhio alla poetica di Dante, portando spettatore e protagonista – un superbo Matt Dillon – nell’ascesa e discesa dell’essere umano, portandolo a confronto con i suoi stessi demoni in una serie di pittoreschi affreschi che conducono dritti dritti alla bocca dell’inferno.

 

The House that Jack Built

 

Diviso come un dramma in atti, ovvero cinque precisi incidenti in 15 anni che portano Jack verso una discesa profonda negli inferi, traghettata da Verge (Bruno Ganz), una sorta di Virgilio che risuona nella testa del protagonista e lo mette a confronto con la realtà dei fatti. Sembra quasi che Von Trier abbia voluto guidare un serial killer, in questo caso Jack, nella folle consapevolezza del suo genio e del suo stesso orrore.

Ed è proprio con l’orrore che abbiamo a che fare quando si parla di questo film che, non a caso, inizia proprio con l’avvertenza

alcune immagini possono urtare la sensibilità dello spettatore

Circa un anno di lavorazione passando dalla Svezia alla Danimarca, e con un snervante e dettagliato lavoro riguardante gli effetti speciali che servivano al regista per paragonare l’omicidio a un’opera d’arte e di architettura. Ed è proprio l’arte uno dei fulcri di questa pellicola che, durante la sua proiezione notturna (e non solo), ha visto una lenta migrazione verso l’uscita di pubblico sempre più sconvolto dalle immagini. Immagini si, che sconvolgono, senza “se” e senza “ma”. L’arte prima di tutto e per l’arte Jack non è solo disposto ad uccidere. No, l’omicidio diventa un atto viscerale, una sorta di danza macabra, rito di corteggiamento nei confronti dell’arte alla spasmodica ricerca della perfezione. Dell’arrivare al bellissimo, e non importa chi dovrà pagare questo salato prezzo di sangue. Anziani, donne e… bambini. Si, avete capito bene. A questo giro Lars Von Trier ha deciso di dare il meglio – o forse per qualcuno il peggio – di se stesso, dando sfogo ad un’artistica perversioni fatta di immagini e suggestioni.

 

The House that Jack Built

 

Scende crude, crudissime, per l’appunto oltre ogni limite, ma che al tempo stesso non lasciano perplessi se si pensa al suo “creatore”.

 

Distruggere e umiliare sono i punti cardine di questo film e lo sanno bene i suoi personaggi. The House That Jack Built costituisce cinematograficamente una grandissima e intensissima seduta psicoanalitica, di certo non semplice da digerire, se non dallo stesso regista, uomo dalle vedute al quanto estreme e che pone un interrogativo abbastanza particolare: gli omicidi, quelli brutti ed efferati si possono considerare delle forme d’arte?

 

The House that Jack Built

 

L’arte è estremamente soggettiva e Lars Von Trier punta proprio a questo, a far interrogare lo spettatore e a farlo interagire con la parte più diabolica, perversa ed oscura di sé. Un film artisticamente potente, intenso e bellissimo, probabilmente uno dei migliori lavori di Von Trier, ma che, proprio come l’arte ha sempre fatto, avrà bisogno di una lunga e profonda gestazione nella mente di chi avrà davvero il coraggio di sottoporsi alla visione. Visione, a mio modesto parere, fondamentale per chi ama il cinema in ogni sua forma, in particolar modo quello di Von Trier, ma che caldamente sconsiglierei a tutti gli altri.

 

The House that Jack Built verrà distribuito in Italia da Videa ma non è stata ancora comunicata una data d’uscita.