A mentre fresca dopo l’uscita di Star Wars: Battlefront II torniamo a parlare del problematico rapporto tra Electronic Arts e Star Wars. Dalla fine di LucasArts alla chiusura di Visceral, cosa sta andando (e cosa è andato) storto?
Se esiste una parola in grado di riassumere tutte le politiche di Electronic Arts negli ultimi anni, quella è sicuramente controversia. Una compagnia riuscita nell’intento di figurare per ben tre anni come Worst American Company (rispettivamente nel 2012, 2013 e nel 2017) e tra le più odiate in forum come Reddit e NeoGAF (vi invito a leggere questo AskMeAnything sul subreddit di Star Wars: Battlefront II).
La casa di Redwood certamente non è priva di colpe e nell’ultimo decennio ha compiuto diversi passi falsi ingiustificabili, compreso – per citare uno dei casi più noti – il disastroso lancio di SimCity. Inoltre il publisher, assieme all’eterno rivale Activision, è stato pioniere di pratiche poco ortodosse quali la sovrabbondanza di microtransazioni e DLC che scatenano continuamente vespai di una community irrequieta come quella dei videogiochi.
Non stupisce quindi come la situazione, con l’acquisizione dei diritti per la produzione di videogiochi legati al marchio Star Wars, negli ultimi tempi invece che migliorare la situazione sia finita con l’aggravarla. Uno dei franchise più importanti del mondo con uno dei publisher meno apprezzati: cosa potrà mai essere andato storto?
Star Wars 1313: missing in action
Commander Toby, the time has come. Execute Order 66.
– Sheev Palpatine
L’origine dei problemi che lega a doppio filo Star Wars e il mondo dei videogiochi è forse da posizionare ancor prima di Electronic Arts. Ottobre 2012, Disney compra LucasFilm per la modesta cifra di circa quattro miliardi di dollari, con il palese obiettivo di produrre nuove storie per il famoso universo delle Guerre Stellari (che come ben sappiamo al momento comprendono l’attuale trilogia che si concluderà con Episodio IX, una trilogia di spin-off e l’annunciata quarta trilogia che sarà diretta da Rian Johnson, oltre a numerosi side project).
Non tutti però ricordano che sotto le scintillanti pellicole di LucasFilm si sviluppava una delle compagnie più importanti del mondo videoludico dei ’90s: LucasArts. Sebbene nei primi anni 2000 fosse andata incontro a decine di ridimensionamenti e cambi di direzione, in seguito alla presentazione del prorompente Star Wars 1313 all’E3 di Los Angeles del 2012tutto sembrava predisporsi per un ritorno in grande stile, tra i fan in visibilio e le reazioni esaltate da parte della critica.
Un action-adventure cinematico a la Uncharted ambientato nell’universo di Guerre Stellari, con fasi in copertura prese dal celebre Gears of War, chi non l’avrebbe comprato?
La multinazionale di Mickey Mouse, però, consapevole dei tanti fallimenti affrontati nel medium ludico (cfr. nota sotto), decise di non scommettere sullo sviluppo di videogiochi compiendo una scelta piuttosto drastica. LucasArts, la casa di capolavori come Days of the Tentacle e Monkey Island, chiude i battenti il 3 aprile del 2013, mentre la produzione di videogiochi legati all’universo di Star Wars viene delegata ad Electronic Arts, per mezzo di un importante contratto decennale. Era la fine di un’era.
In tutto questo, Dominic Robilliard, director di 1313, con un ultimo, disperato tentativo, propone l’idea direttamente ad EA, o meglio, la propone a Steve Papoutsis, manager di Visceral Games, al tempo nota per Dead Space. Purtroppo però il progetto, già inoltrato nello sviluppo, viene declinato facendo cadere in un baratro una promettente proprietà intellettuale, sviluppata in anni e anni di lavoro.
L’errore, secondo il parere di chi scrive, fu madornale: l’uscita dell’atteso 1313 avrebbe infatti garantito un’ottima partenza, a livello di immagine, del sodalizio tra EA e Star Wars, con l’importante bonus di una campagna single player solida e robusta, senza dimenticare l’appeal di un protagonista come Boba Fett e di un genere accessibile come quello dell’action-adventure.
Un titolo ambizioso e in gran parte già impostato divenne quindi un trampolino di lancio mancato (il titolo ottenne infatti diversi riconoscimenti di autorevoli testate all’E3), che avrebbe di certo convinto anche i fan più “integralisti” e scaricato molta della tensione nei confronti del publisher. Visceral Games, di contro, avrebbe intrapreso poco dopo la sua strada con Star Wars Ragtag , sotto la guida della celebre Amy Hennig (che aveva lavorato in Naughty Dog sui primi tre Uncharted e poi lasciato lo studio a causa di divergenze creative con il quarto capitolo); sappiamo però come è andata a finire…
Ragtag e Visceral: implosione
You can’t stop the change, any more than you can stop the suns from setting.
– Shmi Skywalker
Giusto qualche mese fa, quando è stato diffuso l’annuncio della chiusura di Visceral Games, la community è rimasta sconvolta: un altro titolo story driven di Star Wars cancellato, sembrava quasi una maledizione. Se però identificare la causa del disastro solo nelle politiche controverse di Electronic Arts sembrava l’unica soluzione, ora il quadro appare certamente più chiaro grazie a un completo articolo di Jason Schreier per Kotaku.
Le ragioni della cancellazione furono molteplici, tutte dovute a scelte sconsiderate e imprudenti da parte del publisher o del management dello sviluppo. Il primo fattore critico è stato sicuramente il coinvolgimento di Amy Hennig nel progetto, una personalità fenomenale che tuttavia si proponeva nell’ ambiente “giovane” e instabile di Visceral Games.
La Hennig, game director e sceneggiatrice, portò il team a ottenere uno schema anti-manageriale, senza figure di riferimento (producer, ad esempio), nel tentativo di emulare quello che accade tutt’oggi nell’acclamato team di The Last of Us ed Uncharted. Una tale decisione finì per stimolare ed accentuare le criticità della produzione, provocando l’inizio di un lungo e lento collasso, complice anche una cattiva gestione delle risorse del team.
https://www.youtube.com/watch?v=fB20vqRp4rA&t=118s
Infatti, fino al 2016, circa metà di Visceral Games in seguito al flop di Dead Space 3, fu costretta da EA a lavorare su Battlefield Hardline e ai suoi successivi DLC, mentre un’altra trentina di chosen ones si occupavano di costruire un primo prototipo del futuro Ragtag. Vista l’assurdità del lasciar lavorare 30 persone a un titolo che dovrebbe presupporne 200, venne aperto, a Montreal EA Motive, uno studio dedito appositamente al supporto di Visceral Games.
Tuttavia, proprio quando tutto sembrava volgere (più o meno) al meglio, mamma Electronic Arts decide di riposizionare Motive allo sviluppo della campagna del secondo Battlefront, in modo da rimediare, in parte, alle critiche mosse verso il primo capitolo.
Non sembra però complesso capire, anche se con più di qualche perplessità etica, la scelta fatta dal publisher: Star Wars Battlefront II, anche a fronte delle 15 milioni di copie vendute del predecessore, andava supportato perché avrebbe (virtualmente) garantito introiti molto più corposi rispetto a quelli di un action-adventure in stile Uncharted non particolarmente originale e travagliato nella sua evoluzione.
Ragtag, inoltre, secondo alcune stime, sarebbe costato 100 milioni di dollari, con dati di vendita che avrebbero dunque dovuto dimostrarsi astronomici anche solo per raggiungere il break-even, una follia per la maggior parte delle realtà nell’industria.
Battlefront: successo e casus belli
You were the Chosen One! You were supposed to destroy the Sith, not join them. You were supposed to bring balance to the force, not leave it in darkness.
– Obi Wan Kenobi
Tra tutti questi sfavillanti fallimenti, a conti fatti, sono solo due i prodotti realmente nati dall’accordo tra Electronic Arts e Disney: due shooter competitivi, entrambi sotto il nome di Battlefront. Come da buona tradizione, poco va come deve andare con Electronic Arts.
Il primo capitolo della serie, rilasciato nel 2015, fu accolto tiepidamente da critica e pubblico, criticato principalmente sia per l’assenza di un comparto narrativo, sia per una quantità di contenuti non proprio soddisfacente. Nonostante tutto, il gioco si dimostrò un grandissimo successo commerciale, cavalcando l’hype train de Il Risveglio della Forza e centrando in pieno le più rosee aspettative del publisher.
Quindici milioni di copie vendute non riescono in ogni caso nell’impresa di cancellare dalla memoria un terribile supporto sul lungo termine: i 4 DLC principali finirono infatti per frammentare l’incredibile bacino d’utenza che aveva popolato i server nei primi mesi dal lancio.
Star Wars: Battlefront II invece, annunciato nell’aprile dello scorso anno, si predisponeva come una sorta di riscatto: un more of the same del precedente, con tantissimi contenuti e, finalmente, una campagna inedita, ambientata nella storyline di Star Wars: Aftermath (la collana cartacea firmata da Chuck Wendig).
Il risultato, gioco alla mano, è stato oggettivamente piuttosto eccellente, caratterizzato da una stupenda modalità Caccia, ricco di modalità e con l’importante aggiunta di una campagna che, per quanto non molto ispirata e breve, si è rivelata una vera e propria gioia per gli occhi di qualsiasi fan della saga di Lucas. L’eccellente lavoro congiunto di DICE, Criterion e Motive non basta però di fronte a una serie di errori di comunicazione critici nelle settimane precedenti al rilascio.
Tutti i nodi volgono al pettine e questa volta, concludendo, non è così difficile spiegarne il motivo. La debacle dell’ultimo titolo targato Star Wars può essere infatti riassunta in quattro comodi punti:
- La finestra di lancio si piazza poco dopo lo scoppio della polemica delle microtransazioni- loot boxes. Il titolo Electronic Arts, che ne faceva grande uso, viene criticato da stampa specializzata e utenti (“forse” in maniera troppo aspra), portando a una shitstorm su più canali.
- Il sistema di progressione, con la presenza della famigerate Star Cards, porta a una forte preoccupazione verso una possibile deriva pay-to-win. A differenza di Activision con COD: WWII, Electronic Arts decide di fare tutto alla luce del sole, pagandone le conseguenze. Viene quindi tolta la possibilità di comprare crediti con valuta reale e, a tre mesi dall’uscita, la situazione non è cambiata.
- Non si parla di Overwatch, non si parla di COD, si parla di Star Wars. L’uscita de Gli Ultimi Jedi, paradossalmente, amplifica le polemiche, costringendo Disney stessa ad intervenire.
- Circa un mese prima del lancio Visceral Games viene chiusa e Ragtag cancellato.
Lasciata dunque alle spalle questa lunga odissea, cosa ci aspetta nel futuro? É sicuramente lecito prevedere un Battlefront III nel 2019, in coincidenza con l’uscita di Episodio IX, mentre invece restano ancora molte incognite sul progetto TPS (ancora non svelato) di Respawn Entertaintment, team famoso per Titanfall. Si spera, inoltre, che gli asset sviluppati per Ragtag siano in qualche molto rivalorizzati da Motive, anche se risulta poco chiaro lo svilupparsi della situazione, almeno nell’immediato futuro.