American Pastoral: conferenza stampa con Ewan McGregor e Jennifer Connelly

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A dieci giorni dall’inizio della XI Festa del Cinema di Roma, American Pastoral di Ewan McGregor, viene presentato al pubblico come uno dei film di pre-apertura della Festa. Ad accompagnare il film in conferenza stampa il regista e protagonista Ewan McGregor con l’attrice co-protagonista Jennifer Connelly.

Philip Roth non è estraneo al mondo del cinema, o per meglio dire, la sua letteratura non lo è affatto. American Pastoral (Pastorale Americana), romanzo del 1998, vincitore del Premio Pulitzer, è la settima trasposizione cinematografica di un romanzo dell’autore.

L’arduo compito viene affidato a Ewan McGregor, celebre attore scozzese, alla sua prima esperienza dietro alla macchina da presa.

Durante la presentazione del film alla stampa romana, e la conferenza tenutasi subito dopo la proiezione, l’attore e regista, accompagnato dalla co-protagonista Jennifer Connelly, confessa di essere stato sorpreso e commosso per questa scelta.

È un’esperienza che mi ha cambiato radicalmente la vita. Era un qualcosa che volevo fare da anni. Avevo altissime aspettative e speranze nell’immaginare quello che mi si prospettava, cioè queste conversazioni creative, partendo dai primi incontri con lo sceneggiatore lungo tutto il percorso, fino ad arrivare agli scambi con la produzione per gli aspetti tecnici. Ci sono stati questi contatti con figure che già conoscevo da un’ottica, un punto di vista differente. Rapporti che mi hanno arricchito ulteriormente. Inoltre, mi entusiasmava il lavoro con gli attori. Tutte le scene le abbiamo costruite insieme. Direi che non potrei essere più felice dell’esperienza che ho fatto. Ho scoperto i retroscena del dietro le quinte. Tutti quei lati che, generalmente, vengono oscurati agli attori. Io ero nel mezzo, e ho scoperto che buona parte del lavoro del regista è preoccuparti degli altri. Dopo questa esperienza mi sono sentito più maturo e cresciuto. 

 

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Afferma l’attore scozzese, mentre davanti a giornalisti spiega il suo rapporto con American Pastoral e il mondo del cinema. Un’opera sicuramente non facile, come molti dei romanzi di Roth. Densa di duplici significati e di personaggi che portano avanti lunghi monologhi interiori. Ewan McGregor confessa, infatti, di essersi emozionato moltissimo di fronte a questo tipo di storia.

Inizialmente non lo avevo letto. Ho letto l’adattamento di John Romano, e già da lì mi sono commosso. È stato qualcosa di molto forte, perché non è facile commuoversi a tal punto sulla base di una sceneggiatura. Io sono padre di quattro figlie, e sapere che questa storia parlasse di un padre e di sua figlia, della sua perdita e del suo atto estremo, mi ha totalmente sopraffatto. 

American Pastoral non è solo la rottura del sogno americano. Una pellicola, una storia, che si pone a cavallo tra due generazioni differenti, quella del dopoguerra e quella prossima alla guerra del Vietnam.

Importante è lo scontro generazionale posto al centro del film, filo conduttore dell’intera storia e che porta ad esplodere, come sotto l’effetto di una bomba, i suoi protagonisti.

Il film esplora un periodo specifico della storia: quello della generazione americana del dopo guerra, quella del sogno americano, che entra in collisione con la generazione successiva, quella dei loro figli. La generazione degli anni sessanta e del Vietnam. Merry simboleggia tutto questo, diventando sempre più estrema, politicizzata e addirittura una terrorista. La pellicola affronta soprattutto l’aspetto dello scontro generazionale e ci sono sequenze nel film, come gli scontri fuori dalla fabbrica, che ricordano situazioni attuali. Non è stato però intenzionale.

Ed è sempre Ewan McGregor a motivare le scelte che ci sono dietro questo adattamento. Una sfida non semplice per un attore che si pone, per la prima volta, dietro la macchina da presa. In questo caso, però, la lunga esperienza e la sua collaborazione con registi del calibro di Danny Boyle, Todd Haynes, George Lucas, Ridley Scott, Woody Allen Ron Howard è stata fondamentale.

 

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Danny Boyle ti guardava. Lui ti osservava e capiva quello che stai facendo. Ed è la soddisfazione più grande per un attore”

 

In ventiquattro/venticinque anni di questo lavoro ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi e bravi registi, ma anche con quelli meno bravi. Da tutti prendi un po’ qualcosa. L’attore è posto in una posizione privilegiata che ti permette di vedere il lavoro del regista fatto da persone diverse. Uno capisce alla fine che non c’è un modo giusto o un modo sbagliato di fare il regista. Ti accorgi che ci sono delle cose che non funzionano e cose che funzionano. Il lavoro di un film è un lavoro di collaborazione. Credo molto nella magia che si crea su di un set. Dopo il primo ciak ti rendi conto quanto qualcosa si può fare anche quando credevi che non ce l’avresti mai fatta.

Ad accompagnare McGregor in conferenza stampa, oltre che sul set, c’è la sempre bellissima Jennifer Connelly. Un’immutata regina di ghiaccio che, senza farlo apposta, nel film recita il ruolo di un’ex reginetta di bellezza. Il tipico stereotipo di donna americana, dedita alla famiglia, e sempre preoccupata per il suo aspetto, che velocemente si frantuma sotto il peso di una maternità ingestibile.

Dawn non mi somigliava, nemmeno per il fatto che fosse una madre come me. Ma la parte migliore di questo lavoro è passare del tempo nei panni di qualcuno che non mi somiglia e che non conosco, permettendomi di percepire cose diverse. Poi trovavo commovente il rapporto con sua figlia, è un aspetto del film che mi toccava profondamente. 

Risponde un’onesta Jennifer Connelly, alla quale si unisce subito dopo Ewan McGregor.

Attingi dalla tua esperienza e dalla tua immaginazione. Se interpreti un serial killer attingerai di più dall’immaginazione, mentre nel caso di un padre più dall’esperienza, almeno questo nel mio caso.

Quello di Seymour Levov è un personaggio che si trova a fare i conti con una figlia molto speciale, Merry. Seymour vede crescere Merry e la vede cambiare drasticamente, plasmandosi sempre di più ad un mondo che pone davanti a delle strade da prendere e scelte, irreversibili, da compiere.

Di fronte a quel cambiamento si è trovato anche McGregor, dovendo scegliere ben tre attrici che interpretassero il personaggio di Merry nelle sue fasi di crescita.

Avevamo bisogno di tre attrici. Una di 7, una di 13/14 e una dai 16 in su. Sapevamo solo di avere Dakota Fanning per la Merry grande, la quale è stata la seconda, dopo Jennifer, a venir ingaggiata per il film. Quindi sapevo che dovevo sceglie una bambina che assomigliasse, crescendo, a Dakota. Doveva essere credibile come bambina. Abbiamo ricevuto tantissimi nastri di bimbe di grande talento, ma alcune erano davvero incredibili. Sembravano delle piccole grandi attrici serissime, a soli sette anni. Alla fine abbiamo fatto una lista di cinque/sei finaliste. Sono arrivate tutte preparatissime con la parte perfettamente a memoria, ma io volevo vedere anche chi fosse in grado di discostarsi un po’ dai vincoli. Cioè fare la stessa cosa in modo diverso. Sono state tutte molto rigide, mentre Ocean James era incredibilmente a suo agio. E poi anche Hannah Nordberg, l’interprete di Merry a 13/14 anni è stata incredibile e sorprendente. La scena in cui lei e Seymour, cioè io, sono in macchina è la prima che abbiamo girato.

 

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A fine della conferenza si è provato a estrapolare qualche informazione in più circa il nuovo Trainspotting di Danny Boyle, ma McGregor si è limitato solo a commentare dicendo:

Abbiamo girato Trainspotting quest’estate. Sono stato felice di ritrovarmi con tutto il vecchio cast e, soprattutto, con Danny. È stata una bella esperienza. 

Immancabile un riferimento, che porta un amaro sorriso sul volto di tutti, al magico Labyrinth per Jennifer Connelly, che racconta a tutta la sa un ricordo dolcissimo di una delle scene più iconiche del bellissimo film di Jim Henson.

Ero veramente agitatissima. Non avevo mai ballato, preso lezioni di ballo o fatto danza. Già l’essere in questo abito così pomposo, mi rendeva nervosa. In più tutto questo lo dovevo fare con David Bowie. Mi inibiva moltissimo. Ero agitata e impacciata. Lui però è stato meraviglioso, gentilissimo. Scherzava e faceva qualche battuta per farmi rilassare. È diventato assolutamente il mio eroe. 

 

American Pastoral sarà in tutte le sale italiane dal 20 Ottobre.

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