Oggi non parliamo di muri chilometrici o aerei in volo. Oggi c’è da scappare da bifolchi sudisti che vi vogliono usare come mandingo da combattimento.
Benvenuti ad inizio ‘800 a Macon, Georgia, Stati Uniti. Dove si svolge la nuova puntata di “fughe da figo”!
Ellen
Ellen è una mulatta nata nel 1826 a Clinton, Georgia. Non sono bei tempi per nascere in Georgia, a dire la verità. Cioè, lo sono anche, se sei ricco. Ma Ellen no, non lo è.
È la figlia di una schiava, Maria, e del suo proprietario, tale Major James Smith. La stessa cosa si può dire di Maria, la madre di Ellen, anche lei nata mulatta da un rapporto “professionale” (chiamiamolo così) con il padrone.
Gli schiavisti degli Stati Uniti abusarono ampiamente delle schiave con stupri e abusi sessuali, molte di queste si ribellavano, ma rischiavano di essere uccise.
Le leggi sullo stupro negli Stati del sud avevano due standard ben precisi. I neri accusati di stupro nel periodo coloniale erano spesso castrati, ma prima della guerra di indipendenza potevano anche essere condannati a morte.Gli uomini bianchi che avessero stuprato una schiava nera non erano invece condannabili ad alcuna pena. L’attivista Angela Davis sostiene che lo stupro sistematico delle schiave era analogo al concetto di ius primae noctis. Sostiene inoltre che gli stupri erano un sistema degli schiavisti per estinguere ogni spirito di resistenza nelle schiave, per ridurle ad una bassa forma animale.
I bambini nati dallo stupro erano comunque schiavi, ereditando la posizione della madre, a meno che non venissero liberati dal padrone.
fonte wikipedia.it
Non sto a descrivervi la vita di queste donne, potete farvene un’idea leggendo qualsiasi libro di Jorge Amado che quelle condizioni, anche se a latitudini diverse, le racconta molto bene.
A 11 anni Ellen viene impacchettata con tanto di fiocco ed affidata ad Eliza, la figlia legittima di Smith, come regalo di nozze (lo so, state pensando anche voi di farlo al prossimo matrimonio di un vostro amico, ma siete in ritardo di un secolo e mezzo).
Si trasferisce così a Macon, in Georgia, per fare la sguattera tuttofare di Eliza.
Se avete visto Django Unchained il lavoro di Ellen è qualcosa di molto simile a quello di quella gran topa di Broomhilda von Shaft.
Non un granché, vero, ma sempre meglio del mandingo da combattimento.
William
A Macon Ellen conosce William Craft, un uomo grande grosso e nero, del quale si innamora. Come racconta il suo cognome, Craft fa l’artigiano. Il Falegname per la precisione. Dopo qualche anno di amore ricambiato, appuntamenti notturni e smancerie che vi risparmio, decidono di sposarsi.
Dovete però sapere che il matrimonio è un casino, specialmente tra schiavi.
Innanzitutto non è un vero e proprio matrimonio, non c’è scritto da nessuna parte che le persone sono unite dal punto di vista civile o religioso. Dei diritti nemmeno l’ombra, della convivenza nemmeno, gli eventuali figli rimarranno per la legge figli di nessuno.
Praticamente è come oggi essere omosessuali, circa.
Nelle prime fasi dell’epoca coloniale gli schiavi erano prevalentemente maschi, ma negli anni il rapporto uomini-donne si è fatto sempre più equilibrato, creando un sistema in cui intere famiglie erano vendute e controllate.
Gli schiavi erano costantemente a rischio di perdere qualche famigliare se il padrone decideva di venderlo per profitto, per punizione o per saldare i debiti. Alcuni schiavi si rivalevano uccidendo i propri padroni o i supervisori, bruciando i fienili, uccidendo i cavalli o lavorando lentamente.
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Ma torniamo a noi. Nella convivenza notturna dei due sposini comincia a farsi avanti l’idea di formare una famiglia. Dei bellissimi bambini con i capelli afro che urlano, vomitano e cagano come se non ci fosse un domani:
d’altra parte chi non vorrebbe averne una, di famiglia?
Dovete però sapere che la famiglia è un casino, specialmente tra schiavi.
Innanzitutto c’è il piccolo problema che i figli di schiavi saranno per forza di cose schiavi.
Praticamente è come oggi essere notai, circa.
Ci sono poi tutta una serie di problemi slave-related del tipo assenza di istruzione, analfabetismo, mancanza di diritti basilari, punizioni corporali, sistema sanitario basato sull’omeopatia. Roba non tanto simpatica insomma.
L’istruzione degli schiavi era spesso negata, poiché si aveva timore che la conoscenza, e in particolare il saper leggere e scrivere, avrebbe potuto fornire ai servitori una cultura del mondo esterno tale da instillare sintomi di ribellione. Nella metà del XIX secolo gli stati schiavisti resero illegale l’istruzione degli schiavi, come ad esempio in Virginia, dove una legge del 1841 disponeva che chi contravveniva a tale reato era punito con venti frustate se schiavo, mentre all’insegnante era elevata una multa pari a 100 sterline. Nella Carolina del Nord le pene erano più severe, 39 frustate per gli schiavi e 250 dollari per gli insegnanti. Nel Kentucky l’istruzione non era illegale, ma era comunque inesistente.
Nel Missouri al contrario alcuni schiavisti permisero ai loro servitori di accedere all’istruzione, talvolta esortandoli a provvedere essi stessi alla propria formazione letteraria.
fonte wikipedia.it
È qui che Ellen pronuncia una frase che finirà per cambiare la vita dei “coniugi” Craft:
Ho mal di testa!Per mettere al mondo un figlio in questa società meglio lasciare stare!
Il Piano
A questo punto per mandare avanti il matrimonio ai giovani non rimaneva che una soluzione: cambiare società.
Dovete però sapere che cambiare società è un casino, specialmente tra schiavi.
Una nuova casa, un nuovo lavoro, la mancanza dei piccoli cliché che ci danno sicurezza, il susharo all’angolo che non c’è più.
Per loro c’è anche il problema che se non torni alla piantagione entro sera una squadra di bifolchi sudisti fa la caccia alla volpe e poi ti riempie di mazzate.
Praticamente è come oggi essere un Testimone di Geova, circa.
Le colonie schiaviste in America avevano leggi che regolavano il controllo e la punizione degli schiavi, chiamate Codici degli schiavi. La Georgia adottò lo stesso codice nel 1770, seguita dalla Florida. Questo codice prevedeva, tra le altre, queste regole:
- Agli schiavi era proibito lasciare le proprietà del padrone, se non con un permesso o accompagnato da un bianco. Se lo schiavo lasciava la proprietà del padrone senza permesso qualunque persona bianca poteva punirlo.
- Qualunque schiavo che tentava di fuggire e lasciare la colonia (successivamente lo Stato) riceveva la pena di morte.
- Qualunque schiavo evaso catturato dopo 20 giorni o più veniva frustato pubblicamente se alla prima infrazione, marchiato a fuoco con la lettera “R” sul braccio destro alla seconda, privato di un orecchio se assente da 30 giorni o più alla terza infrazione e castrato alla quarta infrazione.
- I padroni che si rifiutavano di punire i propri schiavi venivano multati e privati della proprietà dei loro schiavi.
- Le case degli schiavi dovevano essere perquisite ogni due settimane, alla ricerca di refurtiva o armi nascoste. Per queste infrazioni si poteva perdere un orecchio, si poteva essere marchiati a fuoco, privati del naso e, alla quarta infrazione, si veniva messi a morte.
fonte wikipedia.it
Ma alternative non ce ne sono e i due sono convinti:
scapperanno a nord, dove gli abolizionisti hanno portato un minimo di ragione nella società statunitense vietando lo schiavismo.
Ed è qui che in realtà inizia la nostra storia. La storia di Ellen e William, schiavi del sud, che scappano dai bifolchi per vivere una vita degna di questo nome. Negli Stati Uniti separati dallo schiavismo che sono ormai a pochi passi della guerra di secessione.
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La meta scelta dalla coppia è il Canada. Sono migliaia di miglia. Proviamo a metterci nei loro panni:
Siamo dei poveracci senza un soldo, non sappiamo leggere né scrivere, nemmeno cavalcare. Non abbiamo conoscenze nei/dei dintorni e una squadra di picchiatori Georgiani è pronta a mettersi sulle nostre tracce al primo accenno di ritardo. E poi siamo neri (chi più e chi meno) e nel 1848 questo è un gran problema.
I Preparativi
L’idea della fuga ormai domina i discorsi tra i due, tutte le ore spese assieme sono destinate all’ideazione di un piano infallibile.
Che però sembra utopico: pensare di scappare a piedi è una follia, se anche fossero scoperti solo all’alba sarebbe questione di ore prima che le guardie nazionali padane una squadra di cacciatori di schiavi sia loro alle calcagna.
Nell’attesa di una folgorazione i due accantonano più soldi possibile, tanto quelli non fanno mai male.
Le rare mance vengono messe da parte ed Ellen si trova un lavoretto per il tempo libero, confezionando vestiti da rivendere.
Nel giro di qualche tempo i due dispongono di una buona somma, circa un centinaio di dollari.
Ed arriva anche l’idea giusta per evadere. Sfrutteranno la pelle bianca di Ellen che, essendo figlia e nipote di bianchi non ha ormai più tratti somatici africani.
Lei si fingerà un ricco uomo bianco e William sarà il suo schiavo. Sul fatto che William sappia fare bene lo schiavo non ci sono dubbi, il problema è capire se Ellen potrà calarsi bene nella parte del ricco uomo bianco.
Sfruttando le sue capacità di sarta, Ellen confeziona degli abiti sulla base dei signorotti che ogni tanto vede girare per Macon. William intanto occupa il suo tempo libero girovagando per la città e parlando con gli schiavi degli stranieri che sostano al mercato. Il suo obiettivo è capire cosa li aspetta fuori da Macon, che mezzi di trasporto possono fare al caso loro e possibilmente il loro costo.
Sulle basi delle informazioni raccolte progettano la fuga. La prima tappa è il treno fino a Savannah, da lì una nave a vapore li porterà a Charleston e poi via verso Filadelfia, al di fuori di quello che sarà il territorio confederato.
Da lì il Canada sarà più vicino.
La Fuga
Il piano comincia ad essere valido ma ancora ci sono delle problematiche. Come fare sembrare Ellen un ricco signore?
Ok la pelle bianca ed il taglio di capelli ma i suoi lineamenti femminili sarebbero stati un grosso problema. e le tempistiche della fuga? Sarebbero serviti almeno 4 giorni, troppi. Il 21 dicembre 1848 però tutto torna e la fuga può avere inizio.
I due ottengono un permesso di due giorni per andare a trovare la madre di Ellen. Così poco prima dell’alba la ragazza indossa i vestiti da uomo bianco e delle garze attorno alla bocca e ad un braccio.
Si fingerà un ricco uomo malato di reumatismi che sta andando al nord con il suo schiavo alla ricerca di una cura per la sua malattia.
L’idea, oltre che risolvere il problema dei lineamenti femminili, evita anche ad Ellen di dover firmare i documenti relativi all’ imbarco sulla nave che, non sapendo scrivere, sarebbero stati un grosso problema.
Per non destare sospetti i due viaggiano in prima classe ed hanno contatti ravvicinati con la società benestante del luogo. La malattia di Ellen si rivela una buona copertura anche riguardo la voce che prontamente la donna camuffa fingendo di fare fatica a parlare.
Durante il tragitto i due incontrano anche dei conoscenti, ma l’ottimo travestimento di Ellen (il set comprendeva giacca, cappello a tuba, cravatta ed occhiali da sole) funzionarono egregiamente.
Nei casi più disperati, inoltre, William è pronto a raccontare la storia della sordità del suo padrone, a causa ovviamente della terribile malattia.
Questo fatto li avrebbe aiutati a parlare il meno possibile con i compagni di viaggio che avrebbero potuto riconoscere la natura femminile di Ellen.
La donna teneva lo sguardo fuori dal finestrino e, essendo sorda, non avrebbe replicato ad eventuali domande. William essendo uno schiavo non avrebbe comunque parlato con le persone libere.
Grazie a tutti questi trucchi ed alla loro capacità di recitazione il giorno di Natale del 1848 i due raggiungono Filadelfia da uomini liberi e possono finalmente creare la famiglia che tanto hanno desiderato.
Finalmente Liberi
William ed Ellen non raggiungeranno invece mai il Canada. A Filadelfia troveranno delle associazioni abolizioniste che faranno di loro dei testimonial per l’emancipazione degli schiavi e permetteranno loro di raccontare la storia della fuga in conferenze e manifestazioni pro abolizione.
Fuggiranno poi a Londra in seguito ad un legge che promuove il “rimpatrio” degli schiavi fuggiti dal sud del Stati Uniti.
fonte wikipedia.it
Grazie ad un libro scritto in Inghilterra, chiamato “Running a Thousand Miles for Freedom” torneranno negli USA dopo l’abolizione della schiavitù con un discreto gruzzolo, prendendosi la propria rivincita sociale verso quella nazione che li voleva come dei semplici strumenti da lavoro.
I due moriranno a 67 anni (Ellen) e 78 anni (William) un’età di tutto rispetto per l’epoca.
Nella loro fuga ci si può vedere un po’ di tutto: la rivincita dello schiavo che sconfigge il padrone con il cervello invece che con la frusta, l’intelligenza che vince sull’analfabetismo, l’amore per la famiglia che trionfa sulla povertà.
Certo è che la loro fuga rimarrà per sempre un simbolo della lotta contro la discriminazione razziale.
A quanto pare la Alloy Entertainment ha acquisito i diritti del libro e sta producendo un adattamento cinematografico di questa incredibile storia.
- Running a Thousand Miles for Freedom di William Craft e Ellen Craft (amazon.it)
- La loro storia su Wikipedia (wikipedia.org)
- La loro storia raccontata dal fatto quotidiano (ilfattoquotidiano.it)
- Maggiori info sulla schiavitù dei neri negli USA (wikipedia.it)
- Maggiori info sulle condizioni di vita degli schiavi (wikipedia.it)
- Maggiori info sulla guerra di secessione (wikipedia.it)
- Alloy Entertainment Moves On Escaped-Slave Biopic ‘Running A Thousand Miles For Freedom’ (deadline.com)
In testa e in cover oggi: Charles T. Webber, The Underground Railroad 1893 Oil on canvas. Cincinnati Art Museum, Cincinnati, Ohio, USA.