La serie TV Game of Thrones, prodotta da HBO ed ispirata alla saga di libri fantasy di George R.R. Martin ci sta istruendo a dovere nell’arte del Mai Una Gioia, di cui evidentemente non riusciamo a fare a meno.
Questo articolo è un riassunto della sesta stagione fino all’episodio 5, “The Door”. Vi abbiamo avvisato.
Ma dove siamo arrivati finora?
Facciamo un piccolo recap assieme, cercando anche di intuire perchè non riusciamo a staccare gli occhi da un prodotto che ci demoralizza e ci strazia.
Ritorno alle Origini
Game of Thrones è stato uno dei primi telefilm a stravolgere il concetto di personaggio salvo. Malgrado la sospensione dell’incredulità che scatta nelle nostre teste quando guardiamo un film, dove l’eroe continua a essere in pericolo e noi siamo in pena per lui ma alla fine ovviamente si salva, GOT ci ha abituati all’idea che nessuno è al sicuro dall’infame penna sanguinaria di Martin.
La sua fortuna è dovuta, oltre a un larghissimo bacino di fan che arriva direttamente dalle opere letterarie, anche a questo stravolgimento dei dogmi fondamentali; paradossalmente è proprio questo fattore che lo rende innovativo.
Sono passati ormai anni da quando abbiamo fatto conoscenza con la famiglia Stark e il loro diretti rivali, i Lannister. Nel corso degli innumerevoli eventi che ci hanno intrattenuto e distratto, la coda dell’occhio della mente torna sempre al pensiero di partenza:
Riusciranno gli Stark a vincere?
Buoni o cattivi, vincitori o vinti, la mente ragiona incasellando con semplicità le categorie, anche se in Game of Thrones esistono migliaia di sfumature diverse.
Quello che ci sta regalando la sesta stagione non è da sottovalutare in termini di ritorno alle origini, riportando nuovamente l’attenzione sui primi personaggi che abbiamo incontrato.
Dal taglio della testa di Nerd Stark, il re incontrastato del Mai Una Gioia, è andato tutto a puttane. Ed è proprio lì, nell’incipit dei nostri sogni infranti, che gli scrittori si stanno focalizzando.
Cambio di boia
Ma partiamo analizzando l’impatto delle scelte della HBO, che ora ha un peso decisamente diverso delle sorti della risoluzione della serie TV.
Perchè, come tutti ormai sappiamo, quel vecchio scoreggione di George R.R. Martin, invece ci concentrarsi sulla scrittura dei prossimi libri, si distrae ogni due secondi con la costanza di un Doug Remer di BASEketball.
In realtà il nostro caro vecchio George si aggira ancora come un cane da tartufi negli ambienti delle decisioni importanti, riuscendo anche a trovare il tempo di proporre eventuali spin-off che potrebbero in futuro allungare il brodo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.
Sebbene già in precedenza i libri siano stati in molti punti stravolti e adattati al volere dell’universo televisivo, ora gli sceneggiatori del canale hanno sicuramente un potere diverso, visto che dalla sesta stagione i libri si sono lentamente dissolti, lasciando la possibilità di agire con uno spazio di manovra ben maggiore.
Il conteggio delle gioie
Nella conta del Mai Una Gioia di Game of Thrones dobbiamo focalizzarci anche sulle buone notizie che, ogni tanto, a tratti e singhiozzi, sembrano quasi superare l’aria generale di mestizia e dolore.
Partendo per l’appunto dalle prime puntate, ci viene svelato il colpo di scena tanto chiacchierato, smentito e ammiccato nelle attività promozionali della sesta stagione.
E infatti ecco che, grazie a granny Melisandre, il nostro amato Jon Snow torna finalmente in vita (SCORE: +2 gioie), con una scena che si annusava fin dai primi frame, visto che il cadavere continuava ad essere inquadrato e il funerale non arrivava mai.
Jon Snow ritorna più cazzuto di prima e con una nuova scintillante acconciatura (il codino) che pare vada un caSSino quest’anno tra gli uomini resuscitati, ma soprattutto con l’appoggio di tutti i Bruti e della stessa “m’ero sbagliata, è lui l’eletto” Melisandre.
Nel frattempo Sansa scappa da quel dolcissimo damerino di Ramsay Bolton con il suo ritrovato fratellino-scendiletto, Mr. Greyjoy (SCORE: +1 gioia), ed è finalmente recuperata da Brienne (SCORE: +1 gioia) che, son certa al 100%, si pente profondamente del suo giuramento, vista la serie di sfighe che s’è andata a cercare promettendo fedeltà alla famiglia Stark.
Ad Approdo del Re i Lannister stanno provando sulla loro pelle le gioie della religione (SCORE: +10 gioie), entrando ed uscendo di prigione come burattini nelle mani dell’Alto Passero, che per ora la sta facendo da padrone, riuscendo anche a circuire il piccolo Re stordito.
E mentre Bran Stark (SCORE: nobody cares) continua a palpare alberi ed avere flash-back del passato della sua famiglia, la nostra Daenerys dà tutto un nuovo senso al femminismo 2.0 continuando a liberare popoli ed allungando i suoi titoli nobiliari ai danni dei Dothraki (SCORE: +1 gioia).
Ma il punto Gioia lo perde subito dopo friendzonando nuovamente La Cosa, quindi non vale. Nella scia delle sue conquiste lascia indietro Tyrion e Varys che cercano invece di sabotare i sabotatori del nuovo regno di Daenerys, i Figli dell’Arpia, ma in realtà è solo una giustificazione per passeggiare, bere vino e dire cose.
E Arya? Cosa diavolo sta combinando aria con il Dio dai mille volti? L’ormai cresciuta piccola di casa sta seguendo alla lettera gli insegnamenti, ha riacquistato la vista e ora, dopo un lungo training, pare che stia finalmente scendendo in campo con le prossime commissioni di morte.
E mentre Mr. Greyjoy torna a casa trovandosi il padre morto, la sorella guerrafondaia prossima a diventare regina, e lo zio che invece con assoluta eleganza si piglia il trono, Sansa e Brienne arrivano finalmente alla Barriera e, udite udite, Jon Snow abbraccia la sua perduta sorellastra (SCORE: +10 gioie) dopo lunghi anni di separazione. Ma il punteggio di gioia maggiore arriva sicuramente dall’incontro tra Tormund e Brienne.
Dovremmo proporre a Martin e alla HBO di considerare questo come uno spin-off degno di essere girato, fatto solo di timidi sguardi, di massaggi con olii profumati a lume di candela e infinite lettere d’amore a cui la nostra guerriera prima o poi cederà.
Il sacrificio dell’Innocente
Ed ora che ci siamo rilassati ripercorrendo tutte queste amabili novità della sesta stagione di Game of Thrones, dobbiamo affrontare a cuore duro l’inevitabile collasso della felicità. La quinta puntata infatti fa crollare tutto il palco; non che non ce l’aspettassimo, guardiamo GOT per un motivo, dopotutto.
Bran Stark un bel giorno si sveglia ed è annoiato, non sa bene che fare e allora di punto in bianco decide di ignorare gli avvertimenti del Corvo e si immerge da solo in una delle visioni. Se ne va dritto ad osservare gli Strangers senza passare dal via.
Un attimo dopo se li ritrova in casa, a centinaia. E visto che è ancora in trans nella sua visione spetta a Meera e Hodor il compito di difendersi dall’orda di Estranei e scappare a gambe levate. Aiutati dai Figli della Foresta, i due cercano di portare in salvo Bran scappando attraverso una porta che conduce verso l’esterno. Ma i non-morti sono troppi, e non c’è modo di sbarrare l’uscita. E questo è quello che succede:
La morte di Hodor (SCORE: – 10.000 gioie) ci colpisce in maniera particolarmente profonda. Non è il Red Wedding, non è l’esecuzione di Ned Stark, è qualcosa di più viscerale e terribile.
Uno dei pochissimi barlumi di bontà in un universo di complottisti e malvagi. Hodor era una delle nostre latenti ancore di salvataggio, e gli sceneggiatori ne erano ben consapevoli. Il suo sacrificio è stato reso in modo estremamente straziante e doloroso, farcito da paradossi temporali e destini svelati, in una flemmatica nenia che ci ha stritolato il cuore e lo ha gettato nella neve.
La scena della sua morte è l’esatta nemesi della fine di Joffrey, lo stesso coinvolgimento emotivo per un personaggio fittizio, che ci ispira senso di giustizia o, in questo caso, la risoluzione della speranza. Tutte le gioie che avevamo accumulato nelle puntate precedenti si dissolvono nel nulla.
Ecco le scuse ufficiali dei “poveri” produttori di Game of Thrones:
La interwebs si è ovviamente sbrizzarrita con meme riguardanti Hodor, eccone alcuni particolarmente divertenti o dolci, giusto per tirarci su di morale.