Il Segreto dei Suoi Occhi: Potenza dell'(in)giustizia dall’Argentina agli USA

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Quando hai la matematica certezza che una persona è colpevole, ma le prove non si trovano, il sistema ti intralcia, la giustizia si dimostra blanda e inefficace, che fare? Farsi giustizia da soli? Perdere anni di vita inseguendo il colpevole che si è dileguato? Abbandonare ogni fiducia nella società?

Tutte domande che è lecito porsi quando si è di fronte ad un film potente come è stato Il Segreto dei suoi Occhi, opera dell’argentino Juan José Campanella datata 2009 che l’anno successivo ha meritatamente vinto il premio Oscar come miglior pellicola straniera.

 

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Se sei incline al melodramma, è tuo!

Il film, con stile molto sudamericano, è una potente indagine sul tempo che passa, sulla repressione dei sentimenti, sul rimpianto e il rancore.

Questo prima ancora di essere un’indagine – non condotta dalla polizia ma da funzionari statali – un po’ ingenua ma sostenuta dall’ossessione e dalla sete di giustizia per dare senso ad un destino assurdo.

Un film consigliatissimo

Un film che consiglio a tutti caldamente di vedere, perché sempre più raramente ci si imbatte in film che trasudano passione e rendono vivi i propri personaggi come lo ha fatto Campanella, basandosi sul bel romanzo di Eduardo Sacheri, anche sceneggiatore della pellicola.

Perché te ne parlo adesso?

Semplice: con qualche anno di ritardo ecco l’inevitabile remake americano.
Arriva in Italia il 12 novembre con Good Films.

 

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Prima di gridare allo scandalo, però, meglio guardarsi il trailer.

Sebbene sia ad una prima occhiata abbastanza convenzionale (si sa, il ritmo deve essere alto!) la versione USA firmata da Billy Ray potrebbe rivelarsi una speculare lettura più moderna.

Ray ha firmato alcuni script interessanti negli ultimi anni, e a parte due regie solide nel campo del thriller con L’Inventore di Favole e Breach, ha dimostrato bravura nello sceneggiare un drammone d’alto mare come Capitan Phillips con Tom Hanks.

Il cast, poi, vanta il bravo Chiwetel Ejiofor (12 Anni Schiavo e visto di recente in The Martian), due star femminili come Julia Roberts e Nicole Kidman e comprimari di lusso come Dean Norris (Breaking Bad) e Michael Kelly (House of Cards).

 

Il Segreto dei Suoi Occhi è un film sulla memoria, dicevo.

La pellicola originale è doppiamente legata la filo del ricordo – quasi evocando Proust – ovvero quello della Storia e quello della vita personale. Il presente è il 1999, il passato, il 1974.

 

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La Storia è quella dei ’70 del Novecento, un momento particolarmente complesso dell’Argentina, mai direttamente mostrato nelle sue implicazioni quotidiane ma di cui siamo consapevoli attraverso l’operato spesso discutibile e arrogante dei tribunali federali.

Contesto difficile e amore impossibile

La vita personale è quella dei protagonisti che emotivamente dipingono un Paese disorientato e un amore impossibile da dichiarare: loro sono l’idealista e irruento agente del tribunale Benjamín Esposito e la energica e rampante neo-cancelliera (quindi sua superiore) Irene Menéndez Hastings.

Lui uomo di modesta estrazione sociale, lei giovane di ottima famiglia, già sposa promessa.

 

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Sarà attrazione al primo sguardo, soffocata per cento motivi di opportunità, ma mai sopita e che sarà il filo conduttore di tutto il film, nonostante indagini, drammi, colpi di scena e virtuosismi di regia.

 

L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi.

Marcel Proust

 

La burocrazia dei tribunali e l’idiozia ottusa dei funzionari prostrati alla dittatura si intersecano all’omicidio di una giovane donna che sconvolge il mite e innamorato marito fino a farlo sprofondare in un placido ma implacabile obiettivo di ottenere giustizia.

 

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Giustizia vera: “Sono contro la pena di morte”, ripete a Benjamin come un mantra “L’assassino deve andare in galera ed essere privato della libertà per tutta la vita”.

Un Sistema che piega ideali e ragioni non permetterà di arrivare a tanto.

Siamo appena a metà film e siamo ancora alle premesse del cuore pulsante di un discorso che travalica il cinema per parlare dell’Argentina, un paese di contraddizioni dove anche l’arte deve spesso sottostare al controllo statale (per finanziamenti, sostegno e distribuzione).

La cosa migliore del film di Campanella – al di là di qualche ingenuità perdonabile nella struttura “gialla” – è la costruzione dell’amore raccontata senza alcuno stereotipo e senza fretta, sostenuta da due interpreti eccezionali come Ricardo Darin (Benjamin) e Soledad Villamil (Irene) un’attrice che parla con gli occhi e che in realtà è una cantante.

Nel remake la posta in gioco per i protagonisti è ancora più alta.

Il protagonista, Ray (Ejiofor), scopre che ad essere vittima di un misterioso assassino non è una sconosciuta, ma addirittura la figlia della sua amica e collega (la Roberts).

 

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Questa la trama ufficiale, dal pressbook:

L’ex agente dell’FBI Ray è ossessionato dall’omicidio della figlia della sua partner e grande amica Cobb. Marzin, il sospettato arrestato per l’omicidio, viene liberato a causa del suo ruolo chiave come informatore e dei discutibili mezzi usati per ottenere la sua confessione.

Dopo 12 anni l’omicidio è ancora insoluto e Ray è costretto a confrontarsi con il suo passato e, in particolare, con l’agente con cui aveva condotto le indagini, Claire, con la quale è rimasta in sospeso una storia d’amore. Più Ray si avvicina alla soluzione del caso più la verità è scioccante.

Il calco del plot è pedissequo, a parte il dettaglio che sono certo renderà la storia ancora più drammatica.

Per questo, sono certo che dovremo attenderci anche ulteriori cambiamenti nella dinamica dell’indagine, della sovrapposizione dei piani temporali e probabilmente qualche colpo di scena che riguarda direttamente la soluzione dal caso.

Certo, si va a perdere il fascino dell’ambientazione “storica” argentina, con quel sapore un po’ popolare e un po’ guascone dei suoi personaggi secondari (vedere l’originale per credere).

La controparte americana ha ambientazioni metropolitane e una fotografia satura che vediamo spesso nei thriller, ma è presto per tirare conclusioni affrettate.

Mai come in questo caso è la qualità della scrittura e la sapienza nello svelare i caratteri dei protagonisti a fare la differenza.

 

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Sul fronte degli interpreti, come detto, abbiamo un terzetto di tutto rispetto.

Ejiofor ha la capacità di risultare intenso e credibile, mentre la Roberts ormai pare aver fatto voto di castità per quanto riguarda i ruoi “scoppiettanti” e si dedica a drammi dove si mostra coraggiosamente vissuta, stropicciata e arrabbiata.

L’unica perplessità riguarda Nicola Kidman, attrice che forse ha mancato l’appuntamento con il boxoffice troppe volte negli ultimi anni nonostante progetti ambiziosi (chi ricorda Grace di Monaco?) e che a 47 anni deve davvero decidere cosa vuol fare seriamente sotto il profilo della scelta dei ruoli futuri.

Qui dovrebbe essere la “controparte” della graziosa e coraggiosa cancelliera in carriera…

Staremo a vedere! C’è da dire che la Kidman ha rimpiazzato un’altra attrice non propriamente giovanissima e di belle speranze, ovvero Gwyneth Paltrow.

Potrebbe essere un’ottima occasione per rilanciare la sua immagine. Daje Nicole!

E tu cosa ne pensi di questa operazione-remake? Hai visto il film originale?

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