Cominciamo subito con una bella provocazione: La musica è senza tempo, il cinema no. Il cinema ha dei temi immortali, delle storie che non invecchieranno mai, delle interpretazioni epiche… ma la deperibilità complessiva del prodotto finale risente del tempo molto più di altri media.
Questo perché accanto al nucleo narrativo ed interpretativo di un film esistono milioni di variabili tecniche che sono andate al passo coi tempi e si sono adattate al gusto del pubblico e alle innovazioni.
Ritmo, montaggio, regia, trucco, effetti speciali, fotografia… i film invecchiano in fretta.
I film horror invecchiano molto, molto più velocemente degli altri.
Vengo da una generazione in cui ho visto Freddy Krueger grattare i lati di un corridoio con due prolunghe inguardabili sulle braccia, in cui dettavano legge gli zampilli di sangue di Tom Savini e le zuppe di piselli de L’Esorcista, in cui squali meccanici quasi facevano naufragare capolavori del cinema mentre Jason e Michael Myers stendevano manichini di teen ager e baby sitter.
Sia chiaro: rispetto totale e incondizionato per gli originali… ma credo che la pratica del remake possa dare molto a storie che, quelle sì, sono senza tempo.
E tra tutte le storie del terrore ce n’è una che più di altre probabilmente merita di vedersi restituita un po’ di dignità, di assurgere al suo ruolo fondamentale nell’economia del genere.
Parlo di una storia, di una grande storia, un poema epico dell’orrore, non uno script da slasher movie messo insieme con quattro idee riciclate.
Due lettere rosse sgranate: IT.
Il capolavoro del re della letteratura horror Stephen King.
Brevissimo excursus: King è autore dei soggetti di moltissimi film. Specie a inizio carriera, quando il piatto piangeva, vendeva i diritti dei suoi romanzi a lungimiranti case di produzione cinematografiche che sedevano sulla seggiola del regista gente come Kubrick, De Palma, Rob Reiner, Spielberg e sfornavano dei capolavori assoluti.
Ad un certo punto evidentemente il Re si è stufato di essere la gallina dalle uova d’oro degli altri, i suoi soggetti hanno cominciato a costare molto di più e questo circolo virtuoso si è interrotto.
E siamo entrati nel circolo vizioso di King che voleva mettere il becco su qualsiasi cosa si emanasse dalla sua fantasia. Ma scrivere libri e fare film e sceneggiature non sono lo stesso mestiere. Questo dicono i maligni…la si racconti come si vuole ma il risultato è: dal 1990 circa una cinquantina di film tratti da sue opere, forse cinque grandi film.
Il dramma è che in questo calderone è finito IT, che è un po’ Il Signore degli Anelli del genere, quell’opera che tendenzialmente con un po’ di buon senso si aspetta decenni per poter far bene, quell’Episode I per il quale ti raccontano “ce l’avevo in mente da sempre ma non potevo farlo come volevo”. E invece il monumentale best seller è passato per le forche caudine della più umiliante delle limitazioni: la miniserie televisiva.
Ed ora come ora faremo i salti sulle sedie dopo Lost, The Walking Dead, Game of Thrones ed altri capolavori… ma ragazzi miei… nel 1990 in tv finivano le cose che non erano degne del grande schermo!
Twin Peaks aveva appena fatto perdere da pochi mesi la verginità al tubo catodico, non era possibile che una storia così grande stesse in un media così metaforicamente piccolo.
Sceneggiatura tagliata con l’accetta senza un minimo di buon senso, elidendo tutto quello che la renderebbe eccezionale ora, cast imbarazzante di mestieranti da situation comedy, musiche e comparto audio snervanti, effetti speciali incresciosi, spaventosamente al di sotto delle possibilità pur limitate dell’epoca, tensione narrativa pari a zero.
Una sola cosa buona: un incredibile, epico, antologico Tim Curry nei panni di Pennywise. L’unico motivo di interesse della serie… ma così forte, incisivo, subdolo ed inquietante che ha turbato una generazione.
Pennywise è un’icona del genere senza avere un film alle spalle. E’ simbolo che vive solo del male che sa trasmettere e delle paure che evoca ancora ai giorni d’oggi
Ma c’è molto di più in questa storia: un cattivo che può essere ancora più cattivo. Una notte che può essere molto più scura. Un marcio che può insidiarsi molto più a fondo nelle pieghe della sonnolenta Derry.
C’è una storia che fonde l’avventura de I Goonies con l’horror più profondo, morboso e raccapricciante che si possa immaginare. Un viaggio di crescita e sofferenza, di paure e di amicizia, di topoi classici del cinema horror: dalle case abbandonate ai boschi… non manca nulla.
Per la cronaca, il remake per il grande schermo è in produzione, tra ridde di voci sembra che la Warner abbia messo al lavoro Cary Fukunaga (regista di True Detective) per conto della New Line Cinema ma siamo ancora nella galassia del to be announced con qualche rumour non confermato su Carrot Top nei panni del clown ballerino.
Quel che è certo è che in questi anni ho perso il conto delle volte in cui ho letto e sentito dire: “Un remake? Era davvero necessario?”… in questo caso non ho dubbi:
È necessario, ne ho un bisogno viscerale.
Le grandi storie devono essere raccontate e necessitano del più grande dei palcoscenici.
Voi che ne pensate?