Il 1976 è ricordato in tutta la Cina come l’anno funesto della Repubblica Popolare. Tre furono gli eventi nefasti in quell’anno: la morte di Zhou Enlai, la morte di Mao Zedong e il terremoto di Tangshan.

Una popolazione stimata di 1,8 milioni di abitanti.

All’epoca dei fatti Tangshan è una “piccola” città, 180km a est di Pechino e 140km a nordest di Tianjin, considerata la seconda città dello Hebei con una popolazione stimata di 1,8 milioni di abitanti.

Le uniche particolarità che la rendano diversa da qualsiasi altra città di terza fascia cinese sono il fatto di essere considerata il centro ceramico del nord della Cina e di avere all’interno dei confini della shì (il corrispettivo, più o meno, delle nostre province) le tombe della dinastia Qing.

Il 28 luglio 1976 però il nome della città di Tangshan entra tragicamente nella storia:

Alle 3:42 del mattino un terremoto di magnitudo 7,8 colpisce a pochi chilometri dal centro città.

In 16 secondi di scossa la quasi totalità della città è rasa al suolo.

Completamente livellata.

Il terremoto di TangshanLa scossa è percepita fino a Xi’an, a più di 700km di distanza, e fa crollare costruzioni anche a Tianjin, Pechino e Qinghuandao, causando morti e feriti anche in queste città.

I primi soccorsi dall’esterno faticano ad arrivare.

I primi soccorsi dall’esterno faticano ad arrivare. Tutte le connessioni alla città sono diventate inagibili, con la scossa che ha praticamente tagliato i collegamenti ferroviari e reso impraticabili le strade, tranne una su cui i sopravvissuti si stanno incolonnando per muovere gli aiuti dall’interno.

Sedici ore dopo il terremoto un’altra scossa colpisce la città.

Sedici ore dopo il terremoto, un’altra scossa, stavolta di 7,1 magnitudo, colpisce la città. Gran parte delle persone che erano rimaste intrappolate sotto le macerie erano già state estratte, con questo aftershock chi si augurava ancora di essere soccorso perde definitivamente le speranze.

Le stime ufficiali del governo cinese parleranno di 242.000 morti.

Numero che renderebbe già da sé il terremoto di Tangshan come il quinto terremoto della storia per numero di vittime.

Altre stime arrivano fino a 700.000 morti, basate per lo più sul fatto che la città, con quasi due milioni di abitanti, fu completamente rasa al suolo.

 

 

Perché tanti danni?

Il terremoto colpì nel pieno della notte.

Innanzitutto il terremoto colpì nel pieno della notte. Prendendo alla sprovvista quasi tutti gli abitanti.

Foto dell’epoca e ricordi successivi “parlano” di persone completamente nude che cercavano di aiutare chi era rimasto sotto le macerie.

Il terremoto di Tangshan

La Cina di quegli anni stava ancora uscendo dalla Rivoluzione Culturale, la povertà e l’arretramento non permettevano di avere costruzioni solide abbastanza da reggere un terremoto di questa portata come ci si potrebbe aspettare oggi.

A differenza dei terremoti che colpiscono regolarmente le zone più sismiche del paese, solitamente in zone montane come il terremoto del Sichuan nel 2008 e quello del Qinghai del 2010, l’ipocentro di questo terremoto fu praticamente sotto una pianura densamente abitata.

 

 

Il caso del villaggio Qinglong

Due anni prima della tragedia, tutti gli ufficiali politici del nord-est della Cina e della zona del Bohai vennero allertati dell’eventualità di un terremoto di magnitudo 6 nell’area.

Il villaggio Qinglong (a 115km da Tangshan) prese molto sul serio l’avviso e nominò il ventunenne Wang Chungqing capo del programma di prevenzione dei disastri naturali.

Wang iniziò praticamente subito una campagna di informazione e prevenzione nel villaggio.

Il 16 luglio del ’76, appena due settimane prima della tragedia, Chungqing partecipò ad una conferenza dell’Ufficio Sismologico di Stato della zona del nord-est e del Bohai.

Alla conferenza prese parola il sismologo Wang Chengmin, del Dipartimento di Previsione e Analisi dei Disastri Naturali.

Chengmin allertò i presenti del pericolo di un terremoto di magnitudo 5 a Tangshan nel periodo tra il 22 luglio e il 4 agosto (!!!).

Tornato a Tangshan il giovane Wang Chungqing informò i politici locali della segnalazione, ma solo nel villaggio Qinglong venne prese veramente sul serio (anche perché era l’unico ente pubblico su cui il giovane avesse effettivamente qualche potere).

Le scuole iniziarono a tenere lezioni all’aperto e al peggiorarsi di quelli che venivano considerati come dei segnali di prossimità del terremoto (l’acqua che usciva dalle fonti naturali diventava non potabile, fughe di gas, strani comportamenti degli animali) gli organi decisionali velocizzarono la procedura di spostamento degli abitanti in tende all’aperto.

Il 26 luglio, a meno di due giorni dalla tragedia, il 60% della popolazione del villaggio viveva in una tenda all’aperto. Chi era rimasto in casa fu avvisato di tenere finestre e porte sempre aperte per facilitare l’eventuale fuga dalla macerie.

Il  terremoto rase al suolo 7.000 case nel villaggio di Qinglong.

Di 470.000 abitanti stimati, uno solo morì. Per un attacco di cuore.

 

 

Tangshan oggi

Tangshan oggi è una città di più di 7 milioni di abitanti in tutta la shì. Viene chiamata dai cinesi “la città fenice” perché è stata interamente ricostruita ed è diventata la città più importante dello Hebei. L’architettura della città, nelle parti più vecchie, mostra chiaramente le forme dell’architettura cinese degli anni ’80 e le strade principali sono state disegnate come un quasi perfetto reticolato.

L’economia si basa sulle numerose acciaierie, sulla ceramica e sui forti investimenti statali. Tangshan oggi è la classica città in rapidissimo sviluppo delle campagne cinesi.

Forte di grandi sovvenzioni statali post terremoto ha saputo rinascere, ora continua a godere di grandi investimenti grazie ai pozzi petroliferi nel mare fuori dalle coste della shì.

Ho avuto la (s)fortuna di vivere a Tangshan per tre anni. Ci sono vari memoriali del terremoto, il più bello è ovviamente il più recente di cui vi posto due foto (le ho scattate io, non sono un fotografo, abbiate pietà della qualità).

Tangshan Earthquake memorial 2 Tangshan Earthquake memorial

Sono 12 muri con su scritti i nomi dei caduti riconosciuti.

240 mila morti in una città di 1,8 milioni. In pratica ogni famiglia perse almeno un componente. Mi è sempre stato consigliato di non parlare del terremoto con gli autoctoni, ma la curiosità mi ha sempre spinto a importunare le persone quando possibile, per potermi fare almeno un’idea di cos’è stato.

Chi all’epoca era un bambino me ne ha parlato come se fosse un bel ricordo: “c’era acqua dappertutto! ricordo soprattutto questo”.

Chi invece all’epoca era già più cosciente di quello che gli accadeva attorno cerca di tagliare corto. Generalmente ricorda che si poteva vedere l’intera città, rasa al suolo, e corpi ovunque.

La gestione dei cadaveri fu una delle tragedie nella tragedia. Dapprima si cercò di seppellire i corpi vicino alla casa (come da uso nel passato cinese), ma con le prime piogge alcuni corpi iniziarono ad emergere rendendo necessaria la raccolta e la creazione di un cimitero fuori dalla città.

 

 

Il film

Nel 2010 è stato pubblicato un film sul terremoto: Aftershock.

Personalmente consiglio la visione solo dei primi 45 minuti, dove viene rappresentata bene la Tangshan dell’epoca, quello che fu il terremoto e i successivi interventi.

Nel seguire il film diventa un piagnisteo di due ore in salsa propagandistica moderna del PCC.

Una storia che cerca di strappare lacrime oltre le lacrime di quello che fu il più grande disastro naturale in epoca moderna.

Fu un grandissimo successo nelle sale cinesi con entrate superiori ai 100 milioni di dollari. La prima si tenne ovviamente a Tangshan, in una sala piena di sopravvissuti dell’epoca.