È esistita una città, al confine tra Cina e Hong Kong, che è stata definita per anni “The City of Darkness”: una città-stato autonoma, senza legge ed ordine per oltre quarant’anni.
La città murata di Kowloon, o Kowloon Walled City per gli anglofoni, compare sulle carte durante la dinastia Sung tra il 960 e il 1297: era allora un piccolo forte che ospitava i soldati imperiali a difesa del commercio del sale nell’area.
Nella seconda metà del diciannovesimo secolo i britannici conquistarono l’isola di Hong Kong e si espansero fino a Kowloon trasformandola in un avamposto che ospitava soldati, ufficiali e le loro famiglie.
Nel 1898 Kowloon Walled City divenne l’unica parte di Hong Kong che la Cina non voleva cedere all’Impero Britannico come parte del famoso trattato/affitto di 99 anni.
I Britannici accettarono che la Cina tenesse per se la città fino a quando l’amministrazione coloniale non avesse completato il suo processo (molto lungo) di instaurazione su Hong Kong e i vari territori limitrofi.
Quello che è successo è che la Cina non ha mai ritirato le sue richieste sulla Kowloon Walled City che si è trasformata negli anni quindi in un enclave senza legge non amministrata da nessuno stato.
Nel dicembre del 1899, dopo vari tentativi per ripulire la città, i Britannici fecero la voce grossa e dichiararono ufficialmente Kowloon Walled City come parte della loro giurisdizione: questo causò il definitivo abbandono della piccola città da parte degli ufficiali cinesi, lasciando quindi la popolazione completamente sola.
La piccola città si isolò quindi completamente fino a quasi scomparire: nel 1940 rimanevano solo una scuola e una casa privata ancora abitata nella città, il resto erano rovine e case abbandonate.
Quando durante la Seconda Guerra Mondiale i giapponesi invasero l’area demolirono completamente i resti di Kowloon Walled City ed utilizzarono il suo vecchio muro di protezione per costruire il vicino aeroporto di Kai Tak.
Finita la guerra ecco che i cinesi ricominciarono a popolare le rovine della vecchia città murata: l’accesso all’area era rimasto infatti libero e ancora al di fuori da ogni giurisdizione in pratica.
Affitti bassissimi, nessun problema di documenti o di permessi di soggiorno e la grande vicinanza con la nascente Hong Kong moderna fecero il resto: la città si riempì in poco tempo di profughi, povera gente e, chiaramente, criminali delle Triadi cinesi.
Nel 1947 c’erano oltre 2000 case occupate nell’area. Si cominciò a costruire indiscriminatamente fino a quando nel 1971 oltre 10000 persone alloggiavano in 2185 appartamenti.
Alla fine degli anni ottanta Kowloon Walled City dava alloggio ad oltre 35000 persone.
Il governo britannico tentò in varie occasioni di sgombrare la nascente città, ma ogni volta i cittadini minacciarono di creare un incidente diplomatico con la Cina che ancora, ufficialmente, reclamava quei territori pur non occupandosene minimamente.
Here, prostitutes installed themselves on one side of the street, while a priest preached and handed out powdered milk to the poor on the other; social workers gave guidance, while drug addicts squatted under the stairs getting high; what were children’s games centres by day became strip show venues by night. It was a very complex place, difficult to generalise about, a place that seemed frightening but where most people continued to lead normal lives. A place just like the rest of Hong Kong.
Leung Ping Kwan, City of Darkness, p. 120
Le autorità britanniche di Hong Kong non volevano certo rovinare i propri rapporti con la Cina e semplicemente per decenni fecero finta di non vedere cosa succedeva dentro a questa piccola cittadina murata.
Chiaramente, con queste premesse, la città divenne la culla della criminalità della zona e non solo: fumerie d’oppio ed eroina, bordelli e case da gioco si moltiplicarono durante gli anni cinquanta e sessanta mentre il governo inglese guardava da un’altra parte.
Tre le ragioni principali per abbandonare a se stessa Kowloon Walled City: La prima come detto era politica, non si volevano rovinare i rapporti sino-britannici, all’epoca molto delicati.
Il secondo motivo era la corruzione: la polizia era pagata dalle Triadi cinesi per guardare da un’altra parte. Il terzo motivo era pratico: entrare nella città e fare perquisizioni o arresti era praticamente impossibile per la polizia.
È in questo periodo che la città si guadagna l’appellativo di City of Darkness.
Forse infatti ancora non avete capito bene come si sviluppava questa incredibile città murata e una foto è sicuramente il modo migliore di spiegarvelo:
La città crebbe infatti verticalmente fino a diventare uno dei luoghi più densamente popolati al mondo.
Dove negli anni cinquanta sorgevano case in legno e pietra di un piano negli anni sessanta arrivarono edifici da quattro o cinque piani in calcestruzzo e alla fine degli anni settanta si cominciarono a costruire in tutta l’area dei piccoli palazzi ognuno da dieci a quindici piani, ovviamente senza l’aiuto di nessun architetto o piano urbanistico.
La città crebbe su se stessa in verticale e divenne tanto affollata di appartamenti e nuovi edifici da rendere in molti casi impossibile anche solo aprire una finestra per la maggior parte dei residenti “interni”.
Gli affitti ridicoli e nessun problema di permessi portarono alla nascita di mini-fabbriche abusive all’interno della cittadina che realizzavano giocattoli, alimentari e prodotti anche di più grandi dimensioni per la vicina Hong Kong a prezzi ovviamente stracciati (vi ricorda niente questo approccio?)
Ovviamente le fabbriche improvvisate portarono anche inquinamento ed immondizia nella città, oltre al pericolo di incendi che puntualmente scoppiavano di continuo.
L’unico “welfare” esistente era la raccolta organizzata dell’immondizia da parte dei residenti: oltre a questo ci si doveva arrangiare per quanto riguardava sanità ed istruzione (per dirne due a caso).
Questo aspetto della vita quotidiana portò di fatto la comunità a divenire molto unita e collaborativa: nacquero studi medici e scuole private a disposizione di tutti.
Chiaramente questa situazione non sarebbe potuta durare per sempre: E’ nel gennaio del 1987 che viene annunciata la demolizione dell’intera città e il ricollocamento dei suoi abitanti in altri appartamenti e case nelle vicinanze.
Dopo sei anni di trattative e di traslochi si arrivo al marzo del 1993 quando la città venne rasa al suolo: il processo durò fino all’aprile del 1994.
Nel dicembre del 1995 venne inaugurato al suo posto un parco pubblico, il Kowloon Walled City Park.
Tutto quello che rimane oggi della città sono i resti della sua porta sud, preservati vicino al nuovo parco e l’edificio Yamen, costruito ad inizio ottocento e sede dei militari.
Il ricordo dei suoi abitanti
Per quanto abbia cercato di dare un velo oscuro a tutta l’incredibile storia di questa città, quello che è ancora più incredibile sono i racconti dei vecchi abitanti di Kowloon Walled City.
Nella città si era infatti creato un senso di solidarietà e di comunità che ben raramente si è riscontrato in altri centri così densamente e numericamente popolati.
Albert Ng Kam-po e i suoi amichetti si arrampicavano sui tetti dei grattacieli della città e facevano volare degli aquiloni tanto in alto da sfiorare le pance degli aerei in atterraggio nel vicino aeroporto di Kai Tak.
Non sapevamo che fosse pericoloso
racconta al South China Morning Post Albert, oggi quarantacinquenne pastore della comunità evangelica di lingua inglese di Quarry Bay.
Giocavamo a ping-pong negli atri dei palazzi liberamente, ci arrampicavamo sui tetti e saltavamo da un edificio all’altro, oppure lasciavamo cadere dei materassi usati e ci saltavamo sopra dai tetti vicini. È stato un periodo felice.
Ida Shum, una 62enne che ha vissuto nella città conferma che i peggiori e più poveri abitanti di Hong Kong si trasferivano a Kowloon Walled City.
Racconta che era un paradiso per le triadi cinesi, come la Triade “14K” o la “Sun Yee On” che controllavano gelosamente interi quartieri della città.
Ma Ida racconta che c’era molto di più oltre alla criminalità. Quando pioveva l’acqua saliva fino alle ginocchia per le strade, con l’immondizia che galleggiava ovunque.
Gli abitanti di Kowloon se ne infischiavano, continuavano la loro vita come se niente fosse.
Ida Shum racconta ancora di come il vicinato fosse sempre molto presente per tutti: in particolare la aiutarono con i propri figli mentre lei lavorava in una delle tante fabbrichette della città. Si cucinava per tutti, insieme.
Avevamo tutti ottime relazioni sociali, nonostante le condizioni peggiori possibili in cui vivevamo.
Ancora oggi molte degli ex residenti sono ancora in contatto, nonostante alcuni di questi vivano all’estero: il legame che si è creato tra queste persone durante decenni di convivenza nella City of Darkness è veramente fortissimo.
People who lived there were always loyal to each other. In the Walled City, the sunshine always followed the rain.
In testa all’articolo: “Kowloon Walled City” by Jeremy Stuart Thompson
Illustrazione a fondo articolo: Copyright © 2013 South China Morning Post
Altre foto da Wikipedia.com
- Kowloon Walled City (wikipedia.org)
- Kowloon Walled City, la città con più alta densità di popolazione (leganerd.com)
- Kowloon Walled City: Remembering Hong Kong’s Chaotic City of Darkness (gizmodo.com)
- Kowloon Walled City: Life in the City of Darkness (scmp.com)
- Kowloon Walled City Park – Hong Kong Tourism Board (discoverhongkong.com)
- Kwan, Leung Ping. “The Walled City: Our Place”. City of Darkness: Life in Kowloon Walled City. (amazon.com)