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È la decima volta che riscrivo questa prima riga. Mi metto deciso di fronte allo schermo, inizio a digitare le parole, tasto dopo tasto, ma irrimediabilmente finisco col provare una profonda insoddisfazione di fronte alla mia composizione. Mi sembra sempre di non cogliere il punto, di non riuscire a centrare l’obbiettivo e, soprattutto, di non rendere merito al tema che sto cercando di trattare.

Ho deciso quindi di non proseguire con un ordine mentale ma di scrivere con le emozioni, le sensazioni e i sentimenti che tutt’ora provo dopo aver partecipato alla splendida mostra di Ansel Adams. Spero che questa descrizione, a metà tra il racconto personale e la pura biografia sia di gradimento e che riesca nel tentativo di elevare la figura del fotografo americano, senza mettere in secondo piano la sua figura dall’enorme peso storico-fotografico.

[title]Prefazione[/title]

È l’Epifania e come ogni Epifania non so che cavolo fare. Il clima di festa non mi è d’aiuto e so che, inevitabilmente, ovunque vada a finire terminerò con il lamentarmi della ressa e col maledire il fatto di essere uscito. Ricordo però, improvvisamente, che vi è una mostra a Modena dedicata ad Ansel Adams. In men che non si dica sono su Google, digito il suo nome e la città ed ottengo subito la risposta: è aperta fino alle 20.00. Ormai decisi, io e la mia ragazza partiamo alla volta dell’ex Ospedale Sant’Agostino e, in circa un quarto d’ora, arriviamo di fronte alla porta in vetro del palazzo. Da qui in poi una serie di emozioni e sensazioni diverse mi colpiranno, tutte in modo diverso ma tutte con una forza di un uragano.

Entrando nella struttura vengo subito colto dal sapore ancora asettico di quello che era, un tempo, un luogo di cura e di riabilitazione. Muri candidi, soffitti alti e lunghi corridoi dividono le varie stanze, piccole e dal sentore soffocante, lo stesso che si prova quando si è ricoverati per una degenza. Le foto mi accolgono così, appese alle pareti, quasi fossero esse stesse i pazienti e io il dottore, pronto ad analizzarle, ad esaminarle e a trarre le mie conclusioni. In un ambiente di questo tipo, il bianco e il nero risultano addirittura accentuati, splendide zebrature che decorano una locazione altrimenti quasi anonima.

[title]Monolith: the face of Half Dome[/title]

La prima fotografia su cui metto gli occhi è uno dei marchi di fabbrica di Adams, ovvero l’Half Dome, una montagna situata nello Yosemite National Park. Scopro con piacere che la sua prima fotografia, quella che gli farà comprendere quale via seguire nella vita, sarà proprio questa, all’età di 14 anni, scattata con una Kodak Brownie. Egli rimarrà così colpito dalla maestosità di questo monte dal tornarci sempre, ogni anno, in un peregrinare quasi religioso. Come egli sesso definì, ogni singola foto che fece all’Half Dome non era mai lo stesso: cambiava, di volta in volta, di anno in anno. Cambiava la montagna, il clima, ma cambiava anche lui, le sue sensazioni, le sue idee, la sua tecnica. La sua fotografia cresceva e con essa maturava anche la sua mente, ormai sempre più orientata ad una visione naturalistica della vita, che egli riteneva assolutamente fondamentale. La “Wilderness” divenne il suo cavallo di battaglia, omaggiata spesso e volentieri nei suoi scatti e comparata ad un vero e proprio diritto che, nelle sue idee, doveva appartenere ad ogni uomo, alla pari del diritto alla sicurezza e al diritto di lavoro. Fosse stato per lui, in poche parole, l’avrebbe davvero scritta nero su bianco. Non per niente si iscrisse già dal 1919 ad una delle prime organizzazioni ambientaliste, il Sierra Club, di cui diventerà anche presidente. Un amore per la natura infinito, che lo farà combattere più volte contro le scelte di un progresso a volte troppo estremo e contro la continua commercializzazione delle riserve naturali, sempre più vittime del commercio e sempre meno legate alla propria origine.

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Monolith: The face of Half Dome (1927)

Scattata anni dopo l’originale, questa foto è caratteristica per Ansel Adams perché rappresenta il primo momento in cui, finalmente, egli riuscì a rappresentare in uno scatto il soggetto come egli lo aveva immaginato e non come esso appariva. Il cielo, quel giorno, era infatti azzurrino e non nero come la pece come esso appare. Ottenne tale risultato con l’utilizzo del filtro rosso.[/more]

[title]Caratteristiche[/title]

L’immensità degli spazi, la maestosità dei soggetti, al piccolezza dell’uomo sono tutte caratteristiche delle proprie foto. Ritratte, come sempre, da un perentorio bianco e nero che non lasciava scampo a nessun’altra divagazione cromatica. Nonostante esse coprissero l’arco di tutte le stagioni, egli aveva una vera e propria predilizione per il periodo invernale e, in modo particolare, della neve. Adams sapeva bene che essa era un soggetto difficile da fotografare in quanto, in uno scatto poco ragionato, essa sarebbe facilmente potuta apparire come piatta e priva di personalità. Ma non era un problema suo, nossignore: egli, grazie al sottile gioco di luci e ombre e al sapiente utilizzo di filtri cromatici e pellicola riusciva sempre a rendere ogni singola dimensione di questo particolare soggetto, rendendola di fatto materiale, presente e, sotto un certo aspetto, viva.

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Snow Hummocks (1960)[/more]

[title]Un uomo devoto alla fotografia[/title]

Una cosa che ho avuto modo di notare è stata sicuramente questa, ovvero la sua immensa capacità di rendere emozionante uno scatto prodotto con tanta scientificità e tecnica. Non vi era un vero e proprio spazio per l’improvvisazione, tutto era perfettamente calcolato al millimetro, con una dedizione ed una conoscenza della fotografia da risultare quasi maniacale. Le immagini erano spesso il risultato di ciò che lui, effettivamente, aveva in mente e non di come esse apparivano in realtà. Eppure ogni singolo centimetro delle sue opere fa trasparire una passione irrefrenabile, frutto dell’amore incondizionato che egli provava per la natura e per il piacere di ritrarla nei suoi scatti. Ogni scelta, ogni tecnica applicata, non erano quindi il frutto di una perfezione estetica fine a sé stessa, ma di una ricerca continua che tentava di rendere onore ai suoi pensieri, alle immagini che possedeva, oltre che di fronte ai suoi occhi, anche nella sua mente.

[more][image]https://leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_045771.jpg[/image]
Mount Williamson, Sierra Nevada from Manzanar (1944)[/more]

Non è sbagliato definire la sua fotografia quasi espressionista, nonostante fosse crudamente legata alla realtà. Esprimeva le sue emozioni prima ancora delle sue percezioni.

Un esempio che trovo esplicativo di questo suo amore lo dà Ansel Adams stesso, nella spiegazione che fa da seguito ad uno dei suoi più celebri scatti, ovvero “Moonrise, Hernandez”, in cui tecnica, estetica ed emozioni si fondono in un unico, epico racconto.

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[quote]“I had been photographing in the Chama Valley , north of Santa Fe . I made a few passable negatives that day and had several exasperating trials with subjects that would not bend to visualization. The most discouraging effort was a rather handsome cottonwood stump near the Chama River . I saw my desired image quite clearly, but due to unmanageable intrusions and mergers of forms in the subject my efforts finally foundered, and I decided it was time to return to Santa Fe . It is hard to accept defeat, especially when a possible fine image is concerned. But defeat comes occasionally to all photographers, as to all politicians, and there is no use moaning about it.

We were sailing southward along the highway not far from Espanola when I glanced to the left and saw an extraordinary situation – an inevitable photograph! I almost ditched the car and russed to set up my 8×10 camera. I was yelling to my companions to bring me things from the car as I struggled to change components on my Cooke Triple-Convertible lens. I had a clear visualization of the image I wanted, but when the Wratten No. 15 (G) filter and the film holder were in place, I could not find my Weston exposure meter! The situation was desperate: the low sun was trailing the edge of the clouds in the west, and shadow would soon dim the white crosses.

I was at a loss with the subject luminance values, and I confess I was thinking about bracketing several exposures, when I suddenly realized that I knew the luminance of the moon – 250 c/ft2. Using the Exposure Formula, I placed this luminance on Zone VII; 60 c/ft2 therefore fell on Zone V, and the exposure with the filter factor o 3x was about 1 second at f/32 with ASA 64 film. I had no idea what the value of the foreground was, but I hoped it barely fell within the exposure scale. Not wanting to take chances, I indicated a water-bath development for the negative.

Realizing as I released the shutter that I had an unusual photograph which deserved a duplicate negative, I swiftly reversed the film holder, but as I pulled the darkslide the sunlight passed from the white crosses; I was a few seconds too late!”

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Impressionante.

[title]Conclusioni[/title]

Ansel Adams ha dato un contributo fondamentale alla fotografia, classica e moderna, gettando le basi della tecnica del sistema zonale, capace di restituire un’ampia gamma di sfumature. Tutto era in movimento e statico allo stesso tempo, nei suoi scatti, tutto possedeva una dimensione. Davanti ad esse ci si perde di fronte alla miriade di dettagli proposti, quasi fossero troppi per poter essere analizzati con attenzione da parte dei nostri occhi. Si rimane shockati, stupiti, attoniti, inermi. Oppure, più semplicemente, meravigliati.

Il suo lavoro è una vera e propria summa di tutte quelle caratteristiche che dovrebbe possedere un fotografo innamorato della fotografia, e un esempio da seguire per tutti coloro che volessero avvicinarsi a questa nobile quanto antica arte. Le emozioni, la tecnica, la naturalezza di certi scatti dovrebbe far ricordare a tutti che è proprio la passione e non l’autocelebrazione a portare avanti questo campo. Non conta nulla essere perfetti, essere innovativi, essere particolari se poi, all’interno, ci si ritrova vuoti di ogni pensiero o sentimento.

Adams era l’opposto.
Era un arcigno scienziato.
Un ambientalista ostinato.
Un irrefrenabile perfezionista.
Un uomo innamorato della natura. E della fotografia.

Un genio.

Vi rimando a diversi link, prima di lasciarvi alla gallery, così da poter approfondire il tema laddove sono stato, ahimè, carente.

Biografia di Ansel Adams su Wikipedia.
Sito ufficiale di Ansel Adams.
Sito ufficiale della Mostra di Ansel Adams.

La mostra rimarrà a disposizione del pubblico fino al 29 Gennaio e si trova a Modena, all’ex Ospedale Sant’Agostino.

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