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Una delle caratteristiche più rivoluzionarie dell’attuale generazione videoludica è la presenza in un sempre maggior numero di giochi del cosiddetto photo-mode. Come è facile intuire dalla definizione, si tratta molto banalmente della possibilità di salvare schermate di gioco sul disco fisso della propria [tag]console[/tag] per poi pubblicarle sul proprio blog o in qualche forum per tirarsela un po’ e mostrare quanto lo abbiamo grosso. Lo shotgun.
I videogiochi su Personal Computer non hanno mai avuto bisogno di questo artificio in quanto è sufficiente premere il pulstante [print screen] per salvare la schermata che si ha sotto gli occhi. Anche se, come è facile intuire, non è di confuse schermate piene di banali elementi scenici che questo articolo ha intenzione di parlare.
Un photo-mode fatto come dio comanda include una selezione di opzioni atte a renderlo un tentativo, spesso ben riuscito, di portare l’occhio di un fotografo sulla scena d’azione di un videogioco. Ma, come succede anche nel campo della [tag]fotografia[/tag], accade spesso che nonostante i potenti mezzi a propria disposizione il sedicente fotografo di turno riesca a malapena a partorire una scoreggia da un’esplosione atomica.
Vi è mai capitato di avere amici con macchine fotografiche da 1000 euro che vi fanno un ritratto che vi decapita direttamente dal mento in giù? Oppure che nel farvi lo stesso ritratto di cui sopra mette a fuoco la cassetta della posta dietro a voi trasformandovi in un fastidioso alone in primo piano? Sto ovviamente esagerando, il punto a cui voglio arrivare è che per trasformare il photo-mode in qualcosa di costruttivo è richiesta la collaborazione di chi ne fa uso. Se possibile accompagnata da un minimo di buon gusto e di creatività.
In uno dei miei prossimi articoli farò sicuramente un breve elenco delle varie opzioni di cui sopra e di come sfruttarle a vostro vantaggio. Il punto dove invece volevo arrivare oggi fa riferimento al titolo di quest’articolo: la legittimazione del videogioco come forma di comunicazione espressiva.
Se la diatriba è stata ampiamente trattata da gente che ne sa più di me con risultati definitivi quanto la scoreggia di cui sopra, tanto è vero che ancora salta fuori ogni due per tre a livelli sempre più alti (filosofi e astronauti ora tocca a voi), è anche vero che un videogioco ‘presentato’ ad un pubblico critico in maniera competente sfruttando il linguaggio della fotografia porta qualche freccia in più all’arco del dibattito. Ecco perchè parlavo del photo-mode come di una delle caratteristiche più rivoluzionarie di questa generazione: perchè potrebbe dare, a chi ne sa fare buon uso, qualche mezzo in più per diffondere l’immagine del videogioco come mezzo espressivo dotato di propria, distinta personalità.
[tutte le immagini di quest’articolo nonchè la persona di [b][i]Emalord[/i][/b] sono legate indissolubilmente al sito [b][i][url=http://www.electricblueskies.com]Electric Blue Skies[/url][/i][/b] fino a che cattivo gusto non li separi]