Una breve guida alla musica Klezmer, capitolo I

Beh, cari ragazzi nerd, siamo al primo articolo: sono nuovo del sito, e potrei spendere qualche parola sul chi sono e perché scrivo. Siccome potrebbe non fregarvene un bel nulla, censuriamo momentaneamente questa parte…

[more]Vivo dalle parti del nordest estremo, sono uno studente circalaureato di matematica, un pigro piegatore di carta e, più coerentemente con l’articolo che segue, uno stonatore sopraffino di clarinetto, venuto su a pane ed Ovadia. Non è una cosa tipo ovomaltina, badate bene. Ma poi, che cavolo cazzeggiate leggendo questa inutile nota biografica? Andate sotto a leggere roba più seria![/more]

Un amico e veterano leganerdista ha insistito perché scrivessi qualcosa, mi ha buttato lì il tema, e siccome risorse e capacità sono limitate -solo tre video? ma scherziamo? e io che vi faccio sentire?-, ho pensato di proporvi un brevissimo e incompletissimo giro turistico, tanto per stabilire il perché, il percome, e soprattutto il da chi. Da chi riceverò più insulti, per la precisione. Ma ora, shhh! Silenzio in sala, lo spettacolo va a incominciare!

Vecchi uomini barbuti? Check!
Patrani neri? Check!
Violino? Clarinetto? Cimbalone? Check, check e check!
Tette? Check! (A 2:20, per chi volesse fingere di non aver visto)
A parte le tette, che sono biparmisan (sic!), tutto il resto è il succo della musica klezmer: chiasso, danze e divertimento. Anche -e soprattutto!- se ti trovi sulla impossibile via di fuga da una delle peggiori disgrazie del secolo scorso. Avete mai visto Train de vie? No? Chi ha detto no? Correte subito a guardarlo, bischeri! E poi parliamo di klezmer…

Ne parleremo qui con un occhio alla storia, e alle verie situazioni e contingenze che hanno portato a usare certi strumenti piuttosto che altri, e a suonare in certi paesi piuttosto che in altri. Quindi non aspettatevi una rassegna di pezzi e dettagli musicali. Non ancora, almeno.

Prima tappa: Europa

Klezmer: kley + zemer, “utensile” + “per fare musica”… strumento musicale!

Il/la klezmer nasce presumibilmente da qualche parte in est europa, e pur cominciando ad acquisire carattere e dignità solo verso la fine del 1800 negli States, ha probabimente origini antiche. La nostra baldanzosa sicurezza deriva dal fatto che la musica klezmer è la musica del popolo ebraico in esilio, rifugiatosi, dopo secoli di peregrinazioni, in Europa (scelta destinata a rivelarsi perlomeno infelice).

Dalla diaspora -quella antica dei bei tempi romani, non quella disgraziata del fottuto amico coi baffetti- al medioevo, il popolo ebraico, già diviso in tribù e sette sul suolo natìo, s’era ritrovato ancora una volta suddiviso in varie famiglie.

[more]Una migrazione aveva puntato ad est, perdendosi forse nel continente asiatico. Una più nutrita aveva scelto l’ovest, creando piccole comunità lungo tutto il nord-Africa, mentre un ultimo consistente gruppo aveva scelto il nord ovest, puntando ai balcani dopo aver risalito la Turchia. La corrente levantina non ci interessa, ma le altre due sono piuttosto importanti per la nostra storia, ed hanno un nome: gli ebrei che dal nord Africa si sono installati, seguendo i corsari turchi e i mercanti veneziani, un po’ in tutta la penisola iberica, sono denominati ebrei sefarditi, mentre la corrente più settentrionale, che finirà per prosperare, tra un pogrom e l’altro, in tutta l’Europa centro orientale, è quella degli ebrei ashkenaziti.[/more]

Ma per farla breve, tra i mille rivoli sparsi in giro per il bel mondo -mondo bello e razzista come allora e come in parte oggi, badate bene- una comunità fiorente è quella installatasi già nel medioevo nella regione dell'Ashkenatz, che molti conosceranno come bacino del Reno (se non avete ancora scaricato l’ultimo aggiornamento di Google Earth: si trova da qualche parte in Germania). Grazie anche all’antisemitismo cordiale e attento dei loro vicini acquisiti, gli ebrei ashkenatziti svilupparono una forte identità culturale, che rabberciava in un unicum l’identità ebraica che non era stata ancora cancellata dal tempo, e la realtà europea che era stata l’unica patria delle ultime generazioni. Gli ashkenatziti avevano una loro musica, la (il?) klezmer, e una loro lingua, lo Yiddish.

[more]Il tutto meriterebbe una spiegazione ulteriore, e magari qualche post più accurato… vedrò più avanti, se non verrò abbattuto a sputi in faccia per questo articolo. Oppure veda qualcuno che è più studiato di me, nel ramo. Per quanto riguarda lo yiddish, soprattutto, la cosa sarebbe interessantissima: trattasi infatti di un pidgin, ossia una lingua bastarda costruita su più lingue, in particolare l’ebraico e il tedesco. Leggendo i testi delle canzoni ho sentito rieccheggiare alcuni dialetti distorti trovati nelle fiabe raccolte dai Grimm, mi son trovato a battere il muso su astruse sequenze di consonanti, traslitterazioni a volte abortite dall’ebraico, e occasionalmente son stato guidato dall’inflessibilità dello Hochdeutsch più pulito. A riguardo, posssiamo citare un breve scambio tra due personaggi del film Train de Vie, già consigliato sopra:

Mordechai: ah, basta! Io questo tedesco non lo capisco!
Schmecht: vedi, Mordechai… noi ebrei abbiamo preso il tedesco, e ci abbiamo messo l’umorismo
Mordechai: davvero? Sarà per questo che ci odiano?

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Sia come sia, questo popolo è sopravvissuto nonostante tutto e tutti, e come sempre capita quando si mettono assieme un po’ di persone, bisogna trovare un modo per passare il tempo. E il tempo lo si può passare pregando tutti assieme appassionatamente, e va benone, però meglio con un po’ di musica, giusto?

E per far musica, servono i musicisti…

Non serve fare un refresh: sono proprio giapponesi. E suonano klezmer. Non ve l’aspettavate, eh?

Quanto ai contenuti, beh, niente di davvero originale: la klezmer nasce inizialmente come un supporto alla liturgia della sinagoga, ed in particolare fa il verso ai cantori, gli hazzan. Del riflesso che questa “imitazione” di una voce umana ha sulle sonorità che ora ci interessano, parleremo in un prossimo articolo. Per adesso accontentiamoci di sapere che la musica aveva un ruolo principale, come in praticamente tutte le culture che mai abbiano fatto musica, durante matrimoni e sposalizi vari. E con tutto quello che il tormentato popolo eletto ha dovuto passare…[more]

Una sera Loev, rabbino di un piccolo shtetl, torna a casa senza più un filo di energia. Ha passato la giornata ad ascoltare, consigliare, confortare, e adesso ha davvero bisogno di sfogarsi con qualcuno. Ci pensa e ci ripensa, ma alla fine l’unica cosa che può fare è alzare gli occhi, allargare le braccia, e risolvere la questione direttamente con “la direzione”: «Signore! Signore ti prego, perdonami… io lo so che tu -mai si dica il contrario!- tu sai quello che fai. E so che io, piccolo rabbino di un piccolo shtetl, non so nemmeno cosa ho davanti al mio naso, se non metto gli occhiali. Signore, noi siamo il tuo popolo eletto, ma… il povero Schmuel, hai visto il povero Schmuel, il fabbro? Lui lavora, e lavora, e cosa ha in cambio? Sua moglie è fuggita con un altro! Ed il sarto, Mordechai! Lui, un sant’uomo, sempre in sinagoga, sempre giusto, sempre il primo a offrirsi. E adesso a furia di lavorare è cieco e piegato in due cha fa pena a vederlo, lui che era così sano e forte. E Moyshe! Moyshe, quel povero disgraziato! Come hai potuto tu fargli morire quell’amore di figlia, quella bambina che scaldava il mio cuore quando la vedevo trotterellare in strada dietro alla madre! Signore, signore, io credo in te, e so che tu fai tutto perché noi si possa conquistare la terra promessa, la terra dove scorrono latte e miele. E so anche che noi siamo il tuo popolo, il popolo eletto, e proprio per questo dobbiamo soffrire più degli altri lungo il cammino. Però, signore… non prenderla male, ma… ma ogni tanto, tu… non potresti eleggerti qualcun altro???»
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Niente di meglio che divertirsi, e ballare, ad un matrimonio. Nonostante tutto e tutti, come dimostra il testo di questa canzone, intitolata semplicemente “danza”:

Hot zich mir di zip bezipt,
un hot zich mir tsebrochen,
hot zich mir di shich tserisn,
tanz ich in di hoyle zochn

Si è rotto il setaccio,
mi si sono rotte le scarpe,
e ballo soltanto con le calze

(Rit.) Tanz tanz antkegen mir
un ich antkegen dir,
du west neimen den eidem
un ich wel neimen di shnirr

Balla, balla incontro a me
ed io incontro a te,
tu prenderai il genero
ed io prenderò la nuora

Tsebrochen iz der lockshntop,
farbrent der nahit,
tanzen di machaeinestes
di kale in der mit

La pentola per le tagliatelle è rotta,
si sono bruciati gli utensili,
ballano le consuocere
con la sposa in mezzo

(Rit.) Tanz tanz…

E così avete avuto anche un assaggio di yiddish, e son sicuro che i più tedesconofoni o tedescauscultatori sapranno cogliere delle gustose perle fonetiche e grammaticali, da questo e dai prossimi testi!

E se proprio non sapete trattenervi, vi rimando alla bella entry della wiki in inglese sulla musica klezmer, che mi pare completa e piuttosto ben fatta.

E que-queque-quequesto è tutto, gente! Ci sentiamo presto con la prossima tappa: gli States! Wooo!

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