Quando la criminalità organizzata ti apparecchia la tavola

Sardegna. Una bella mattina d’estate. La coda di auto che pigra va verso il mare. Quasi uno scenario idilliaco, finché non entriamo nell’abitacolo di una delle auto, a spiare i pensieri del conducente. Guarda una bella donna con il suo bambino a fianco. Il bambino gli sta antipatico, ma si consola notando la merendina che il piccolo divora con avidità: sa bene di cosa si tratta, visto che chi produce le merendine è un suo cliente. Quelle merendine sono fatte con un ovoprodotto proveniente da una ditta di riciclaggio di rifiuti che invece di smaltire uova ammuffite, rotte, invase dai parassiti, le ripuliva alla buona dalla putrescina e dalla cadaverina e le trasformava in una poltiglia confezionata in comodi bidoncini pronti per essere versati nelle impastatrici delle industrie dolciarie.

da Mi fido di te, 2007. M. Carlotto e F. Abate.

Volevo riproporre qui alcuni estratti di un interessante articolo uscito da poco su SEÑOR BABYLON.
Probabilmente poche persone ne sono a conoscenza, ma il business del mercato alimentare “nero” è molto più esteso di quello che si possa pensare ed è una piaga che afflige l’intera Italia, ormai. Si parte da Milano per finire a Gela, nel giro d’affari che porta un bel po’ di magagne sulle tavole di tutti quanti noi. Se non siete a conoscenza di questa faccenda, penso sia ora di farsi una buona idea.

Qui alcuni estratti di articolo:
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Sono principalmente due le strade finora conosciute con cui la criminalità organizzata è entrata nel business: il riciclaggio dei proventi illeciti derivanti da investimenti “classici” quali i traffici di droga o di armi, ai quali vanno aggiunte le truffe all’Unione Europea (precisamente al FEASR, Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) oppure mettendo direttamente le mani sulla filiera: dal produttore al venditore al dettaglio, non c’è fase in cui non ci sia la longa mano delle mafie. Secondo i dati della C.I.A, la Confederazione Italiana Agricoltori, questa strada da sola permette alle mafie di avere un giro d’affari di circa 10 miliardi di euro all’anno. Praticamente briciole se comparato, ad esempio, con il volume d’affari di mercati come quello dello smaltimento dei rifiuti tossici o del traffico di droga.
Sacrificio tutto sommato accettabile sull’altare di leggi lasche che spesso sembrano sfociare nella vera e propria connivenza, come nel caso delle lobby in sede europea che non vedono di buon occhio il procedimento sulla tracciabilità dei prodotti ortofrutticoli o la, seppur momentanea, cancellazione del reato di “sofisticazione alimentare” (legge n.283 del 30 aprile 1962 sulla tutela degli alimenti) da parte dello zelante Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli.

«Può diminuire il racket della droga, quello delle armi…ma la gente deve continuare a mangiare». dice Francesco Emilio Borrelli, commissario regionale dei Verdi. «Soprattutto nei comuni di Giugliano, Melito, Casalnuovo, Acerra e Caivano stanno nascendo nuovi forni che vantano legami sempre più forti con la criminalità organizzata locale. Soltanto intorno alla città di Napoli ci sono circa 1.300 forni abusivi che hanno un giro d’affari vicino ai 500 milioni di euro».
Forni che, come abbiamo visto nel già citato servizio de “Le Iene”, vanno poi a rifornire i banchetti di strada sui quali fino a qualche anno fa venivano impilate le stecche di sigarette di contrabbando. Su quei banchetti, però, il pane ci arriva dopo essere passato in locali dove il rispetto delle norme igienico-sanitarie è pura utopia, tra farina ed impasti messi a lievitare tra topi, muri ammuffiti, forni arrugginiti per i quali viene usata legna tossica prelevata da infissi verniciati e, in un caso comunque isolato, bare dissotterrate dal cimitero di Poggioreale.

Ci sono poi le vongole e le cozze di Marghera, pescate scartando sostanze inquinanti quali diossina, mercurio e piombo che arrivano sulle nostre tavole con la certificazione di prima qualità; il vino fatto d’acqua, sostanze chimiche varie, concimi, fertilizzanti ed una spruzzatina di acido muriatico per dare quel retrogusto particolare (un business che gira intorno a 700 mila ettolitri di vino che arrivano sugli scaffali di negozi e supermercati per essere messi in commercio ad un prezzo compreso tra i 70 centesimi ed i 2 euro a litro); l’olio extravergine corretto con olio di colza o di nocciolino proveniente da Spagna, Grecia, Turchia e Tunisia […] oppure il concentrato di pomodoro che, partendo dalla Cina, arriva sulle nostre tavole con il marchio Dop (Denominazione di origine protetta) o i capperi marocchini spacciati come “di Pantelleria”; il miele moldavo o il sale industriale che parte dalle coste del Nord Africa per diventare “alimentare” lungo il tragitto fino ai nostri piatti. Oppure le mozzarelle di bufala “drogate” con latte boliviano arrivato ai porti di Napoli e Salerno via Olanda.
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Per saperne di più:
Quando la criminalità organizzata ti apparecchia la tavola (di Andrea Intonti su SEÑOR BABYLON)
SEÑOR BABYLON
Mi fido di te, 2007
Legge n.283 del 30 aprile 1962 sulla tutela degli alimenti
Roma, Pane e Camorra (video de “Le Iene”)

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