[image]https://leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_039576.jpg[/image]

[url=https://leganerd.com/2011/03/28/esperimento-carcerario-di-stanford-part-1-il-carcere]Prima parte[/url] | [url=https://leganerd.com/2011/03/28/esperimento-carcerario-di-stanford-part-2-%e2%80%93-guardie-e-detenuti/]Seconda parte[/url] | [url=https://leganerd.com/2011/03/28/esperimento-carcerario-di-stanford-part-3-–-autorita-e-rivolta/]Terza parte[/url] | [url=https://leganerd.com/2011/03/29/esperimento-carcerario-di-stanford-part-4-%e2%80%93-cedimenti-e-presunta-fuga/]Quarta parte[/url]

Il direttore della prigione decise di invitare un prete che fu cappellano di un vero carcere, per capire se la situazione attuale fosse realistica e comparabile con quella di una vera prigione.

Il prete parlò singolarmente con ogni detenuto: interessante il fatto che essi si [b]presentassero col numero[/b] e non col nome. Anche d’innanzi ad un prete!

Alla fine di ogni colloquio il cappellano chiedeva al detenuto cosa stesse facendo per uscire da li, spiegandogli che il modo era quello di [b]contattare un avvocato[/b] e si offrì di comunicarlo ai genitori affinché pensassero loro a rivolgersi ad un legale.

Se da un lato il prete diede una speranza dall’altro contribuì ancora di più all’immedesimazione (come se a questo punto ce ne fosse ancora bisogno) nella realtà carceraria, assottigliando ulteriormente il confine tra finzione e realtà.

La sua presenza aumentò la [b]sensazione di incertezza[/b] in tutte le pedine di questo gioco: carcerati, guardie e direzione. Da un lato erano convinti del proprio ruolo, dall’altro si rendevano inconsciamente conto della perdita di contatto con la realtà.

[b]Il prigioniero 819[/b]
Fu l’unico che si rifiutò di parlare col prete, chiedendo di parlare con un medico. Il direttore carcerario lo convinse a parlare col cappellano dicendogli che successivamente l’avrebbe fatto visitare.

Durante il colloquio egli scoppiò a piangere in maniera isterica, esattamente come i due soggetti che avevano mollato, quindi il direttore gli tolse il cappello, la catena e gli consigliò di riposarsi nella stanza li vicino, mentre attendeva del cibo e la visita medica.

Mentre il numero [b]819[/b] si apprestava a rilassarsi si udì una guardia gridare ai detenuti di ripetere (testuali parole tradotte)

[quote]“Il prigioniero 819 è un pessimo prigioniero. A causa di quello che il prigioniero 819 ha fatto, la mia cella è un letamaio, signor agente di guardia”.[/quote]

E si udirono tutti i detenuti ripetere la frase più e più volte.
Il professore (qui credo sia il caso di chiamarlo così, non direttore carcerario) si precipitò nella stanza ove si trovava il numero 819 che era rannicchiato in un angolo singhiozzando in maniera incontrollabile.
[more][/more]

Zimbardo gli disse di andare via, di non continuare l’esperimento ma il detenuto 819 lo interruppe sostenendo che se avesse fatto così gli altri avrebbero continuato a credere che non era un bravo carcerato e che sarebbe dovuto tornare li dentro per dimostrare che non era vero.

Riporto dal diario tradotto del Professore:
[quote] A quel punto dissi: “Ascolta, tu non sei il numero 819. Tu sei [il suo nome], e io sono il dottor Zimbardo. Sono uno psicologo, non un responsabile di una prigione, e questa non è una vera prigione. E’ solo un esperimento, e quelli sono studenti, non prigionieri, proprio come te. Andiamo”.
Improvvisamente smise di piangere, guardò in alto verso di me con l’espressione di un bimbo svegliato da un incubo, e rispose “Ok, andiamo”.[/quote]

[u][b]Quarto giorno[/b][/u]

Il quarto giorno fu quello della [b]commissione rilascio[/b].
Nelle carceri esiste tale commissione che con cadenza annuale esamina le richieste di scarcerazione dei vari detenuti.

Essa era formata da segretari del Dipartimento di Psicologia e laureandi assolutamente sconosciuti ai detenuti ed era diretta dall’ex detenuto (reale) di cui ho parlato nel primo articolo di questa serie.

[b]Prima nota rilevante:[/b] tutti i prigionieri risposero affermativamente alla richiesta di rinuncia dei soldi in caso di abbandono della ricerca.

[b]Seconda nota rilevante:[/b] alla fine dei colloqui i detenuti vennero invitati a tornare in cella in attesa della decisione. Essi ubbidirono ed attesero, anche se avrebbero potuto semplicemente andarsene, in quel preciso momento.
Ormai, [b]in soli quattro giorni[/b], erano divenuti incapaci di opporsi in quanto la percezione della realtà era cambiata e non consideravano più il tutto come un esperimento. Loro stavano [b]DAVVERO[/b] vivendo in un carcere e solamente la commissione avrebbe potuto concedere un rilascio.

Non solo. Anche il vero ex detenuto (vedi primo episodio) ebbe un [b]crollo psicologico[/b] al pensiero di ciò che era diventato immedesimandosi (seppur per qualche ora) nell’ufficiale con potere decisionale di libertà sugli altri. Quello stesso potere che anno dopo anno (sedici) gli negava il rilascio.

[url=https://leganerd.com/2011/03/29/esperimento-carcerario-di-stanford-part-6-%E2%80%93-atto-di-ribellione-e-conclusione/]Continua…[/url]

[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/esperimenti-scientifici-estremi/][ESE][/url] è la rubrica a cura di @WebDataBank che parla degli esperimenti scientifici più controversi.[/rubrica]