I leopardi rivelano la loro identità attraverso un ruggito piuttosto distinto, che in realtà nasconde qualcosa. Questi animali sono particolarmente famosi per la loro natura sfuggente, tuttavia i loro ruggiti sembra nascondino qualcosa di molto importante. Uno studio davvero rivoluzionario ed innovativo ha sottolineato le caratteristiche vocali uniche dei leopardi, dando delle possibilità a tutti noi di poter comprendere e nello stesso tempo proteggere questi animali.
Lo studio è stato effettuato all’interno del Parco nazionale Nyerere in Tanzania ed a condurlo è stato un team collaborativo di scienziati che ha unito le proprie competenze per decodificare ciò che si nasconde nel ruggito del leopardo. Allo studio hanno preso parte i ricercatori dell’Università di Exeter, della Wildlife Conservation Unit dell’Università di Oxford, di Lion Landscapes, della Frankfurt Zoological Society e importanti organizzazioni tanzaniane.
I ruggiti dei leopardi sono vere e proprie firme vocali
Utilizzando la cattura di fototrappole su larga scala, con la registrazione audio autonoma, gli studiosi sono giunti ad una conclusione, ovvero che ogni leopardo ha un ruggito distinto. Questa scoperta ha fatto si che gli scienziati potessero identificare i singoli leopardi con una precisione del 93%. Secondo l’autore principale dello studio, ovvero Jonathan Growcott, dottorando presso l’Università di Exeter, la scoperta di firme vocali uniche dimostra come effettivamente abbiamo sempre avuto delle conoscenze limitate sui leopardi.
“È importante sottolineare che il nostro successo nell’uso di una combinazione di diversi tipi di tecnologia potrebbe, si spera, portare altri a pensare a come integrare diversi tipi di tecnologia nella loro ricerca, poiché i dati preziosi che ciò fornisce potrebbero davvero far progredire la scienza e aiutarci a comprendere gli ecosistemi e i paesaggi in un modo molto più olistico“. Queste le parole dell’autore principale dello studio, Jonathan Growcott.
Un approccio innovativo quello dato dai ricercatori in questione, che non soltanto ha identificato i singoli leopardi, ma ha aperto anche le porte ad applicazioni future, come ad esempio il monitoraggio dei cambiamenti della popolazione ed anche l’utilizzo dell’habitat nel corso del tempo.