Due notizie accendono nuovi interrogativi sui Ray-Ban Meta, gli occhiali smart realizzati in collaborazione tra Luxottica e Meta. Gli occhiali sono dotati di fotocamere integrate e consentono di registrare video, usare l’AI per ottenere informazioni sullo scenario circostante ed effettuare chiamate sfruttando i microfoni integrati.
La prima notizia ci arriva direttamente da Meta, che ha rivelato cosa intende fare dei dati ottenuti dalle registrazioni degli utenti. La seconda, se possibile ancora più allarmante, riguarda l’inquietante esperimento condotto da due studenti di Harvard.
Meta conferma: dati Ray-Ban usati per addestrare AI
Meta ha confermato che le immagini e i video catturati con gli occhiali smart Ray-Ban Meta possono essere utilizzati per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale. Questa pratica, attualmente limitata a Stati Uniti e Canada, ha sollevato preoccupazioni sulla privacy, soprattutto perché gli utenti potrebbero non essere pienamente consapevoli di condividere informazioni sensibili.
Gli occhiali di Meta hanno una funzione che ricorda Google Lens: è possibile inquadrare piante, animali, negozi e monumenti – tra le altre cose -, per ottenere informazioni in tempo reale grazie all’AI dell’azienda. Sarebbero proprio i dati raccolti durante l’uso di questa funzione a poter essere usati da Meta per addestrare i suoi modelli. In compenso, nell’UE e in Italia, le funzionalità AI non sono ancora disponibili, proprio per via delle stringenti regole sullo sfruttamento dei dati.
Ray-Ban Meta e riconoscimento facciale: una combo micidiale
Due studenti di Harvard hanno realizzato una demo allarmante che mostra come gli occhiali smart possano sfruttare la tecnologia di riconoscimento facciale per ottenere informazioni personali in tempo reale. Il sistema, realizzato dagli studenti e chiamato I-XRAY, utilizza occhiali come i Ray-Ban Meta per catturare immagini, che vengono poi condivisi in tempo reale su Instagram e analizzate da un’intelligenza artificiale. L’AI confronta queste immagini con database pubblici, estraendo dati come nomi, numeri di telefono e indirizzi, e trasmettendoli in tempo reale a un’app.
Durante l’esperimento, gli studenti hanno identificato con successo i loro compagni di corso e diversi estranei, ottenendo un numero di informazioni spaventose. I-XRAY non verrà divulgato al pubblico: i ragazzi hanno raccontato di averlo progettato esclusivamente per denunciare i rischi delle tecnologie di riconoscimento facciale.