Come si trasforma un horror dalla forte impronta sociale in un horror di puro intrattenimento, ma con una rimanente parvenza di impronta sociale? Tenteremo di scoprirlo nella nostra recensione di Speak No Evil – Non parlare agli sconosciuti, il remake firmato da James Watkins e dalla Blumhouse Productions della celebrata pellicola omonima del regista danese Christian Tafdrup uscita nel 2022. Tenetevi forte.

Il rifacimento di pellicole di genere nate in Europa o in Asia da parte dei creativi statunitensi non è certamente una novità, specialmente per quanto riguarda il genere horror (pensate al caso di The Ring per esempio, ma potremmo farne molti altri), così come non è una novità il loro stravolgimento. Se vogliamo questo aspetto è anche più che comprensibile, dato che si tratta di passaggi tra culture diverse, tra mercati diversi e tra ricollocazioni diverse: un remake può non condividere le ambizioni o le intenzioni con le quali viene ideato l’originale.

Nulla di strano, ma il rischio che ne consegue è quello di non riuscire ad essere efficace nella trascrizione del materiale di partenza. Una mancanza fatale in un processo del genere dal momento che il risultato finale di un rifacimento non può che essere vincolato a come viene letta e interpretata la matrice originale, soprattutto per quanto riguarda le sue fondamenta tematiche e di linguaggio. Una volta capito ciò si può fare di tutto, anche decidere di stravolgere. Ed è questo ciò che accade nel nostro caso, anche se rimane il dubbio che tutto quanto del film del 2022 sia stato compreso.

Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti e non andare nella loro casa in mezzo al nulla

Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti

I Dalton nel loro momento di vita migliore.

Anche in Speak No Evil – Non parlare agli sconosciuti il luogo incriminato è l’Italia, anche se stavolta le coppie coinvolte non sono una danese e una olandese, ma, più banalmente, una americana e coppia inglese. Accomunate dalla lingua e dal fatto di avere entrambe un infante con disabilità (uno è un maschietto e l’altro è una femminuccia), il loro incontro diventa un colpo di fulmine, soprattutto lato british, composto dall’istrionico dottore dalle vibes da maschio alpha disimpegnato, Patrick (James McAvoy) e la sensibile moglie Ciara (Aisling Franciosi) e il loro figlioletto Ant (Dan Hough), che non è di troppe parole. Il loro entusiasmo è tale da invitare nella loro casa in campagna i loro nuovi amici, Louise (Mackenzie Davis) e Ben (Scoot McNairy) Dalton e la piccola Agnes (Alix West Lefler).

Dal canto loro gli americani sono inizialmente un po’ restii, data soprattutto la crisi coniugale che non permette loro di vivere sereni, ma alla fine decidono di andare, anche perché l’unione che anima la coppia appena conosciuta potrebbe di sollievo per il periodo difficile che stanno passando. Magari una sorta di influenza positiva. Oppure un modo per staccare il cervello e capire finalmente cosa fare. E poi, dopotutto, Agnes sembra trovarsi bene con i due e loro figlio, male di certo non può fare un soggiorno di un solo weekend nelle ridenti campagne inglesi.

Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti

“Urlando contro il cielo-oooh”

Ovviamente non è così, ma bastava guardare le espressioni di Patrick con un minimo in più d’attenzione per avere sentore che potesse non essere tutto rosa e fiori. Magari la crisi dei Dalton è talmente forte da averli accecati perché messi di fronte alla prospettiva di sentirsi capiti da un’altra coppia, così giovanile, vitale, bella e in grado di vedere in loro qualcosa che loro per primi non credono più a scorgere. O a scorgere di nuovo.

Una volta arrivati nella villa i padroni di casa fanno un lavoro certosino su di loro, soprattutto il dottore sul suo dirimpettaio, piano piano sottomettendoli ad un clima che ha lo scopo di inglobarli. La situazione si fa scomoda, dalla scoperta che Ant non ha più la lingua, all’atteggiamento che hanno i suoi “genitori” nei suoi confronti fino al modo equivoco in cui i due cominciano a trattare Agnes, un po’ come se fosse figlia loro. La reazione dei Dalton è inizialmente piuttosto squilibrata nel valutare ciò che sta velocemente succedendo loro intorno, devono sbrigarsi perché le cose potrebbero mettersi veramente molto male.

Speak No Evil, il regista James Watkins: “James McAvoy è stata la mia prima ed unica scelta” Speak No Evil, il regista James Watkins: “James McAvoy è stata la mia prima ed unica scelta”

Buoni o cattivi

Uno dei presupposti più profondi della pellicola danese del 2022 era quella di creare una frattura nel pensiero comune secondo il quale ci fosse un qualcosa che possa giustificare l’essere famelico, violento e cinico di una parte importante della società in modo da percepirla come distante. Il mondo è selvaggio e costruzioni regolamentate come la famiglia tradizionale non posso costituire un riparo, anzi, esse ne sono ormai divenute delle trasfigurazioni altrettanto tossiche. In questo senso la pellicola di Tafdrup era efficace nel far sentire scomodo lo spettatore, preoccupandosi di accorciare la distanza tra “buoni” e “cattivi”.

Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti

Chi non si guarda allo specchio così?

Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti altera completamente questo fondamentale del film originale, creando un solco tra le due coppie e preoccupandosi di comunicare dei background diversi tra l’una e l’altra, in prima battuta volendo anche creare un’empatia con Patrick e Ciara, ma, poi, di fatto, creando un loro identikit che li categorizza. Arrivando ad un finale in cui tutto cambia in modo definitivo e sconvolgendo così del tutto le caratteristiche iniziali di una pellicola che fonda la sua missione nel non essere mai consolatoria o rassicurante.

Il problema non è la volontà di mettere in moto un’operazione del genere, che si sposa bene con la voglia revisionista da sempre in essere nel cinema statunitense, ma il fatto che essa depotenzi il materiale con il quale si trova ad avere a che fare. La recitazione stessa della superstar del titolo, James McAvoy, legittima questa critica, dal momento che è chiamato alla sua ormai classica parte da psicopatico qui ancora meno contenuta rispetto ad un overacting al quale spesso si concede. Non c’è così nessun dubbio sul suo personaggio e dunque sulla storia e quindi sul tono della pellicola.

Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti

Vedo, sento, ma non parlo.

Rimane il lato intrattenimento di Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, che, pur facendo a meno del fattore incertezza, funziona bene, creando dei momenti di tensione in un meccanismo prettamente ludico e che piano piano abbandona ogni velleità, specialmente grazie ad un intreccio che si svela con una semplicità talmente disarmante e anticlimatica da non voler sorprendere più nessuno. È veramente il meglio che si poteva fare?

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Speak No Evil - Non parlare agli sconosciuti
Recensione di Jacopo Fioretti

Alla fine della recensione di Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti rimane il dubbio che questo remake della pellicola omonima del 2022 non sia veramente il meglio che si potesse fare con i tanti spunti dell'originale. James Watkins e Blumhouse cercano un rifacimento in grado di intrattenere, facendo la classica operazione revisionista statunitense e sfruttando il talento e il carisma di James McAvoy, ma perdono tutto il resto. Il film altera tutti i presupposti della sua fonte ispiratrice, appiattendo il discorso su società, famiglia e un mondo umano selvaggio e cinico per scegliere un approccio più consolatorio e rassicurante.

ME GUSTA
  • Il meccanismo tensivo funziona a livello ludico.
  • C'è un ottimo uso degli spazi.
  • James McAvoy, al solito, è istrionico...
FAIL
  • ... anche se a volte troppo poco contenuto.
  • Si perde il fattore horror dell'insicurezza continua.
  • La deriva depotenziata dalla perdita dei presupposti tematici originali.