Se fino ad adesso si è sempre pensato che a produrre le proteine legate all’Alzheimer potessero essere solamente le cellule cerebrali ecco che si è scoperto che in realtà non è così. Infatti grazie ad un recente studio effettuato sui topi è stato possibile scoprire che a fornire un valido contributo a tale processo sono anche le cellule che supportano i neuroni. Entrando più nel dettaglio della questione possiamo dire che per molto tempo le proteine beta-amiloidi, presenti nel nostro cervello naturalmente, sono state associate all’Alzheimer.

Il biologo molecoalare Klaus-Armin Nave è intervenuto sulla questione affermando che il pensiero generale è sempre stato lo stesso ovvero che i principali produttori della proteina menzionata in precedenza fossero proprio i neuroni. E che questi “rappresentassero il bersaglio principale dei nuovi farmaci“. Ma i trattamenti indirizzati in modo specifico a queste proteine non sono riusciti a garantire il risultato sperato. E questo ha portato gli studiosi a credere che vi sono alcune componenti importanti della malattia ancora oggi non conosciute.  

La scoperta degli studiosi

Il neurogenetista Andrew Octavian Sasmita, del Max Planck, e i suoi colleghi hanno portato avanti uno studio grazie al quale è stato possibile effettuare una scoperta incredibile. Nello specifico gli studiosi sono riusciti a dimostrare il coinvolgimento degli oligodendrociti, ovvero le cellule di supporto dei neuroni, nella formazione di placche cerebrali anomale. E per poter effettuare tale scoperta hanno eliminato il gene dietro l’enzima 1 di scissione APP del sito beta, indicato con la sigla BACE1.

I ricercatori hanno sviluppato un atlante cerebrale basato su IA per comprendere meglio l’Alzheimer I ricercatori hanno sviluppato un atlante cerebrale basato su IA per comprendere meglio l’Alzheimer

Questa nello specifico agisce separando l’APP, ovvero la proteina precursore della beta-amiloide, che a sua volta è implicata nella produzione di beta-amiloide. Il neurogenetista Constanze Depp si è espresso a tal proposito rivelando che gli oligodendrociti sprovvisti di BACE1 sono riusciti a sviluppare ben il 30% meno di placche cerebrali. Studi clinici sull’uomo però sembrerebbero aver rivelato che l’inibizione di BACE potrebbe essere la causa della comparsa di altri problemi particolarmente debilitanti. Tra questi ad esempio un calo del volume cerebrale e un peggioramento della memoria.