Non dovremmo più sorprenderci nel scrivere la recensione di Kung Fu Panda 4 dieci anni dopo la precedente, data la quantità di revival-sequel che provano a continuare, riproporre e rinverdire franchise – anche animati, come in questo caso – che pensavamo di aver salutato per sempre. Peccato che, nonostante non ci troviamo di fronte all’inutilità di Shrek 4 ai tempi, anche stavolta la DreamWorks Animation abbia fatto cilecca nel proporre una storia talmente lineare da averla già dimenticata (non a caso in cabina di regia c’è sempre Mike Mitchell). Dal 21 marzo al cinema con Universal Pictures.

Il retaggio nella trama

La trama di Kung Fu Panda 4 ci presenta un Po (Jack Black in originale, Fabio Volo da noi) oramai vera e propria star acclamata della Valle della Pace, che allo stesso tempo sembra ancora stia imparando ad utilizzare le proprie capacità ed abilità. Ha sconfitto tre grandi nemici nei precedenti capitoli ma questa volta potrebbe dover affrontare quello potenzialmente più pericoloso: se stesso, e chi lo potrebbe sostituire. Pare quasi troppo presto – nonostante sia appunto passato un decennio dall’ultima volta – eppure Po ci sembra ancora goffo e impreparato come agli inizi, quando il venerabile Maestro Shifu (Dustin Hoffman) gli comunica che sta per diventare la Guida Spirituale della Valle e, di conseguenza, il suo posto come Guerriero Dragone dovrà essere preso da qualcun altro. Po deve quindi trovare un successore che sia all’altezza dei suoi… ravioli.

Questione di eredità

Kung Fu Panda 4 si basa quindi principalmente sul concetto di eredità, tanto cara al genere cinecomic e supereroistico negli ultimi anni (soprattutto post-Endgame della Marvel). Nessuno spazio per i Cinque Cicloni nella pellicola, tutti fuori in missione o allenamento, bensì un intero lungometraggio incentrato sul personaggio Po e sulla sua lotta tanto interiore quanto esteriore. Se il primo film era l’addestramento, il secondo la pace interiore e il terzo l’ascesa a maestro di arti marziali, ricevendo il Bastone della Saggezza dal Maestro Oogway, ora che ha insegnato il Dono del Chi della tradizione dei panda alla Valle, al protagonista paffuto non resta che pensare al futuro. Po è il solito adorabile pasticcione quindi non solo dovrà capire se e come essere una valida Guida Spirituale, visto che è sempre stato abituato a risolvere tutto con le mani in combattimento, ma anche a trovare un degno successore come Guerriero Dragone.

New entry

L’aspetto più interessante del film a livello narrativo, proprio come in Shrek 4 che aveva avuto l’unico merito di farci conoscere il personaggio di Tremotino prima della serie C’era una volta, sono le due new entry principali messe in campo. Da un lato la volpe truffaldina Zhen (Awkwafina), che strizza l’occhio ai due protagonisti di Zootropolis, dall’altro la Camaleonte (Viola Davis), un pericoloso rettile mutaforma capace di prendere le sembianze di chiunque. Entrambi hanno una forte caratterizzazione fin da subito e il villain è finalmente degno di questo nome, grazie anche al suo potere inquietante e alla sua presenza scenica, elemento oramai per niente scontato in un film d’animazione. Ci sarà modo di citare anche tutti i precedenti nemici di Po, quasi a chiudere per davvero con questo capitolo il franchise. Ciò che non colpisce invece, sono sicuramente i personaggi secondari e il proverbiale Covo di Ladri, nonostante l’idea efficace, accattivante e divertente della taverna in cui si ritrovano durante il viaggio i nostri “eroi” nel loro viaggio fisico e metaforico.

W l’animazione

Mike Mitchell, già dietro la macchina da presa anche di Trolls, riesce a dare il meglio di sé nella parte animata e nelle sequenze action, che utilizzano la tecnica mista tra animazione tradizionale pittorica e 3D digitale come iniziato nel Gatto con gli Stivali 2, piuttosto che in quella narrativa. L’animazione è infatti la vera forza di Kung Fu Panda 4 piuttosto che la storia e l’evoluzione di Po, già vista in altri frangenti. Soprattutto nelle scene di combattimento, la pellicola mostra i muscoli, e meno male dato che si tratta del corrispettivo animato dei film sulle arti marziali come Karate Kid e affini.

Storia di due padri

L’aspetto che più aveva colpito del terzo film, oltre all’animazione dinamica, era la figura del padre biologico ritrovato di Po, Li Shan (Bryan Cranston) mettendo al centro le figure di due padri, insieme a quello adottivo Mr. Ping (James Hong) – quando solitamente vi è la controparte femminile – che devono trovare un equilibrio per crescere insieme il proprio figlio. Ebbene, una delle forze del film è sicuramente il dinamico duo, oramai rodato, che ancora una volta si mette sulle tracce del figliol prodigo per provare ad aiutarlo nella sua missione, proponendo le sequenze più esilaranti della pellicola.

Nascita di un eroe

Nel chiudere (almeno per il momento) la saga il film vuole ricordarci che, per parafrasare Ratatouille, “non tutti possono essere dei grandi eroi, ma un grande eroe può celarsi in ognuno di noi”. Questa è la lezione più importante che Po imparerà in quest’avventura, e noi con lui.

60
Kung Fu Panda 4
Recensione di Federico Vascotto

Chiudiamo la recensione di Kung Fu Panda 4 confermando come si tratti di un capitolo divertente ma che non porta purtroppo nulla di nuovo alla saga o a quelle supereroistiche e di arti marziali. Ottima l’animazione mista, soprattutto nelle sequenze in combattimento, e valide la new entry Zhen e la villain Camaleonte, ma la trama risulta vista e rivista.

ME GUSTA
  • L’animazione dinamica.
  • La new entry truffaldina Zhen.
  • La villain Camaleonte e il suo potere mutaforma.
FAIL
  • Il tema dell'eredità già visto.
  • Po deve scegliere un successore ma sembra ancora agli inizi.
  • Tutta la parte narrativa risulta già affrontata e senza guizzi.