La croce e delizia del cinema horror è quella di essere uno dei generi che più si presta alle teorizzazioni e alle formule. Motivo principale per cui è stato, nel corso della sua Storia, uno dei più efficaci quando si è dovuto affrontare il racconto di tematiche sociali e politiche, ma, allo stesso tempo, è quello che ha visto più film costruiti in maniera simile e, a volte, praticamente uguale. C’è l’horror di ambiente, c’è l’horror familiare, c’è horror metaforico, però le impalcature, le figure e le trovate rischiano comunque di ripetersi. Un leitmotiv che ha portato gli autori a cercare lo spunto e spesso anche il senso della loro opera nella cosiddetta “variazione sul tema”.

Nella recensione di Imaginary, il nuovo horror firmato Blumhouse productions, al cinema dal 14 marzo 2024 con Eagles Pictures, vi parliamo proprio di uno dei suddetti esemplari: un film di genere che ceca la sua personalità nelle inclinazioni del linguaggio, nelle zone grigie, che permettono un minimo di manovra per rimanere completamente ingabbiati negli schemi. Un film che però, di fondo, è in gran parte derivativo e neanche troppo interessato ad appesantire il “giochino” filmico approfondendo tematiche invece accennate il giusto per creare l’ecosistema adatto a far sorgere il terrore.

La croce e delizia del cinema horror è quella di essere uno dei generi che più si presta alle teorizzazioni e alle formule.

Anche perché né la scrittura (curata da  Greg Erb e Jason Oremland) né tanto meno la regia, affidata a Jeff Wadlow, l’uomo che dalla commedia action è passato all’horror ottenendo così il risultato di dimostrare di non avere la personalità o l’abilità di sapere costruire una coerenza narrativa, hanno la forza di andare oltre a delle premesse che, seppur classiche, neanche erano male.

Paradossalmente però, da un certo punto di vista, questo disinteresse lascia sorgere nello spettatore la tendenza a pensare all’horror ipotetico che poteva essere, distraendosi rispetto alla volontà giocosa dell’operazione e ciò permette al colpo di scena di attecchire meglio, permettendo al terzo atto di risollevare la pellicola. Oltre a far sentire stupido il tipo di pubblico che si diverte a leggere prima questo tipo di film, anche perché gli indizi c’erano comunque.

Due cuori e un orsetto

Jessica (DeWanda Wise) è un’illustratrice per bambini dall’infanzia complicata a causa del rapporto con un padre che ora non è più in grado di vivere in autonomia. Nell’infanzia probabilmente giusto indagare anche il motivo per cui donna vive immersa in un mondo immaginifico che le permette di entrare in contatto con i bambini, oltre a quello a causa del quale la notte non fa dei sogni proprio sereni e rassicuranti.

Forse il ritorno nella sua casa d’infanzia darà modo di far luce sull’origine di questo talento. Certo, si tratta di un ritorno piuttosto complicato visto che avviene insieme alla famiglia precedente di suo marito Max (Tom Payne), un musicista dallo sguardo glaciale con due figlie a carico avute durante il suo primo matrimonio. Trattasi di Taylor (Taegen Burns), un adolescente che non ha proprio accettato il nuovo rapporto del padre, e la piccola Alice (Pyper Braun), che invece con Jessica ha legato piuttosto bene. Lo abbiamo detto prima, la donna riesce ad entrare molto bene in sintonia con i più piccoli.

Imaginary

Forse il ritorno nella sua casa d’infanzia darà modo di far luce sull’origine di questo talento.

Imaginary vive soprattutto di commistioni di ambienti familiari, cercando la tensione nei legami e infatti del legame tra Jessica e Alice vive, accomunate forse per qualche trascorso simile, ma anche da Chauncey, il più classico degli orsacchiotti di pezza che fece tanto compagnia alla illustratrice come ora la fa anche alla sua figliastra minore.

La cosa preoccupante però è l’influenza che questo orsacchiotto sembra avere sulla piccola, dato che sembra spingerla a intraprendere giochi sempre più pericolosi. Tanto pericolosi da far preoccupare Jessica che, indagando sulle origini di Chauncey farà luce su cosa le è successo durante l’infanzia, una porta chiusa tempo fa e che ora sarà costretta a riaprire. Oppure si possono trasferire tutti volendo, ma si sà, il mercato immobiliare oggigiorno è un inferno tale che neanche un peluche demoniaco può reggere il confronto.

Horror a tavolino con sorpresa

Imaginary è un horror costruito secondo una ricetta vita e rivista. Si comincia prendendo le suggestioni, ovvero ciò che permette ad un horror d’ambiente di trovare l’atmosfera giusta per terrorizzare lo spettatore, e le si accompagnano con un numero imprecisato di jump scare e con un mostro per gradire. Un mostro non qualunque, ma uno che suggerisce una costruzione antitetica dell’orrore (un tenero orsetto malefico è perfetto), natura che rende coerente il ribaltamento di figure di solito accoglienti.

Tipo? Tipo una casa d’infanzia che diventa una casa degli orrori e come una famiglia felice che diventa un concentrato di tensione. Il tocco finale è il mistero intorno ad un ipotetico trauma, meglio se condiviso, suggerito da ferite più o meno visibili. C’è la vicina di casa esperta di maledizioni! Che volete di più?

Imaginary

Imaginary è un horror costruito secondo una ricetta vita e rivista.

Un film per esempio, uno che non sia costellato da dialoghi improvvisati e da personaggi con un approfondimento psicologico minimamente credibile, anche perché tutto sembra andare verso la direzione del buco nero psicologico, dove l’orrore è funzione per arrivare a parlare di altro. Un film che sia in grado di legare i due livelli della trama prima o poi. Invece, all’improvviso, accade l’imprevisto.

Il plot twist di Imaginary fa scatenare l’azione, quella che un tempo era il pane quotidiano del buon Wadlow (sempre trattato con scarsi risultati) e il film cambia, rivelando tutta la sua anima d’intrattenimento e cercando nella mix con altri immaginari che, seppur mai originali o mai troppo brillanti (per carità), prova a regalarsi e a regalare quel colpo di coda finale. “Figlio di un Dio minore”, come soleva dire qualcuno di più importante di chi scrive, la pellicola non sarà mai uno dei titoli di punta della Blumhouse, ma costituisce una variante di uno spartito fisso che potrebbe essere in parte gradita da qualche appassionato. Questo basta a farne un buon film? Sicuramente no.

Imaginary è al cinema dal 14 marzo 2024 con Eagles Pictures.

50
Imaginary
Recensione di Jacopo Fioretti

Imaginary è il nuovo horror per famiglie della Blumhouse, stavolta diretto dal sempre mediocre Jeff Wadlow, che per non perdere la sua nomea, dirige una pellicola senza particolare sagacia e mordente, assecondando una sceneggiatura che si preoccupa semplicemente di essere quella "variazione" su un tema già letto e riletto. L'unica cosa, forse, degna di nota del film è la sua incapacità, forse inconsapevole, di mandare lo spettatore in una direzione diversa da quella in cui sta la sua natura più autentica.

ME GUSTA
  • Il plot twist rivelatore della natura ludica della pellicola.
FAIL
  • C'è molto poco di originale nel film.
  • La scrittura dei personaggi e del loro background è superficiale.
  • L'atmosfera horror non è mai particolarmente convincente.