A fine estate 2014 uscì un videogioco survival horror punta e clicca completamente indipendente. Un’operazione piccola che divenne un successo incredibile. Inizialmente era mirata ad un divertimento basato più che altro sul jump scare e su dei ribaltamenti concettuali (animatroni per bambini che diventano macchine omicide senza scrupoli o pietà) in grado di attirare un pubblico giovanile, anche grazie ad una trama piuttosto dritta e senza pretese. A monte c’era uno sviluppatore di nome Scott Cawthon, molto attivo fin dall’inizio degli anni Duemila anche nell’ambito dell’animazione, ma che veniva da diversi flop, tra i quali il più celebre era Chipper and Sons Lumber Co., titolo dalle cui critiche l’uomo disse che imparò tantissimo. Insomma, non c’erano proprio tutti gli ingredienti che si trovano nei casi destinati a conquistare il mercato. Eppure, questo è successo.

Nella recensione di Five Nights at Freddy’s, nelle nostre sale dal 2 novembre 2023 con Universal Pictures, vi parliamo dell’ultimo tassello di questo fenomeno incredibile partito completamente lontano dai riflettori. Arrivato, dalle coordinate temporali da cui questo articolo viene scritto, come capitolo di una saga che ha sfornato ben 14 titoli videoludici (tra pc, console e mobile) e una marea di libri tra romanzi e approfondimenti.

Un’operazione piccola che divenne un successo incredibile.

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Il live action diretto da Emma Tammi, prodotto da niente meno che dalla Blumhouse (e da Cawthon stesso, che ha messo mano anche alla sceneggiatura) e con protagonista Josh Hutcherson era dunque comprensibilmente atteso, anche perché arrivato in un momento in cui il materiale su cui poter lavorare era veramente enorme, dato che dopo il primo capitolo sono stati aggiunti tantissimi elementi e retroscena che hanno notevolmente arricchito l’immaginario del titolo.

Gli autori della pellicola non erano però evidentemente soddisfatti di quello che avevano, optando per l’ideazione di una trama piena di tutt’altri ingredienti e non rendendo conseguentemente la vita facile ad un’opera che nella sua forma finale presenta diversi problemi e non solo legati all’intreccio, ma riscontrabili persino nel suo semplice appartenere ad un genere vero e proprio. A testimonianza che la critica non è spesso specchio della reazione del pubblico, Five Nights at Freddy’s ha incassato 130 milioni di dollari nei primi tre giorni nonostante sia stato oggetto di critiche molto negative.

Benvenuti alla Freddy Fazbear’s

Mike Schmidt (Hutcherson) ha notevoli problemi di rabbia dovuti al trauma di aver assistito al rapimento del suo fratellino minore Garrett quando, da bambini, erano al campeggio con i genitori. Questo passato problematico lo ossessiona al punto che il ragazzo ha come unico scopo della vita quello di rivivere il sogno più volte possibile per trovare dei dettagli che non riesce a ricordare e svelare l’arcano del sequestro. Motivo per cui si intrattiene con libricini contenenti teorie parascientifiche a proposito di viaggi onirici.

Oltre questo, le conseguenze dell’incidente lo hanno portato spesso ad assumere comportamenti sul lavoro molto violenti e di grande insubordinazione a causa dei quali è costretto a cambiare impiego in continuazione. Il problema è che il ragazzo è anche il tutore di sua sorella Abby (Piper Rubio), posizione insidiata dalla loro malefica (ma veramente malefica) zia Jane, la quale vuole ottenere la custodia della piccola per motivi probabilmente economici. Per questo motivo decide di accettare un lavoro scomodo e mal pagato come custode notturno alla ex pizzeria per bambini Freddy Fazbear’s.

Mike Schmidt ha notevoli problemi di rabbia dovuti al trauma di aver assistito al rapimento del suo fratellino minore Garrett quando, da bambini, erano al campeggio con i genitori.

Five Nights at Freddy's

Il locale è chiuso dagli anni ’80 in seguito ad un terribile incidente col tempo rimasto avvolto nel mistero, dunque il suo compito è quello di passare lì una decina di ore preoccupandosi di far rimanere fuori chiunque voglia entrare (di solito barboni) e non farsi spaventare dall’aspetto fatiscente e oscuro di un luogo in completo degrado e che può vantare numerosi spifferi.

C’è però qualcosa di strano in quel posto, che Mike comincia a mettere a fuoco dopo l’incontro con Vanessa (Elizabeth Lail), una gentile poliziotta che spesso passa al locale durante il turno del ragazzo, la quale gli rivela che non è neanche proprio solo là dentro, dato che sono lì presenti ancora gli animatroni simbolo del posto: l’orso Freddy Fazbear, il coniglio Bonnie, la gallina Chica e la volpe pirata Foxy. Robottoni così inquietanti da far dubitare del fatto che qualche bambino possa averli trovati divertenti in qualche modo.

La cosa più curiosa però è che quando Mike si addormenta si ritrova a vivere il famoso sogno traumatico di cui sopra con una lucidità incredibile e ciò lo invoglia a continuare a passare del tempo in quel luogo.

Solo citazionismo, niente originalità

A discapito di un’attesa importante da parte dei (tanti) appassionati dei videogiochi e incrementata dalla presenza dei signori Blum e Cawthon, questo Five Nights at Freddy’s non è propriamente una pellicola indimenticabile.

Non è un problema la tanta carne al fuoco, quanto l’incapacità di dare al tutto un senso veramente organico, ideando una trama che fa veramente fatica anche solo a mantenersi a galla grazie ad un senso che possa essere logico (non c’entrano nulla i problemi del protagonista con l’intreccio narrativo, banalmente). Siamo, insomma, di fronte al solito mostro di Frankenstein, incapace di approfondire gli elementi che introduce né di rendere efficace la sua struttura primitiva, il suo cuore, che è l’elemento horror in primis e la elaborazione del lutto in secundis.

Se il primo si sfilaccia presto a causa di un ritmo colpevolmente compassato e a delle trovate di genere leggibilissime, come l’atmosfera posticcia, l’estetica non credibile e i già citati jump scare reiterati, il secondo viene depotenziato da un pressoché nullo approfondimento dei personaggi e da un intreccio basato sulla risoluzione di misteri che anche quando vengono svelati (e per lo spettatore succede presto) non danno nessun senso nuovo. I personaggi stessi continuano a comportarsi nella medesima maniera.

Non è un problema neanche la tanta carne al fuoco, quanto l’incapacità di dare al tutto un senso veramente organico, ideando una trama che fa veramente fatica anche solo a mantenersi a galla grazie ad un senso che possa essere logico.

Five Nights at Freddy's

La mediocrità immaginativa del film è segnalata anche dalla sua tendenza a riempirsi di trovate già ampiamente viste, ma messe in scene con una pigrizia tale che talvolta mettono in crisi la sua stessa credibilità, tradita dall’invece quasi totale assenza di squilli originali. Le scene stesse della furia omicida degli animatroni sono solo citazioniste, tra l’altro degne di un fan movie, laddove qualcosa si vede e non viene invece fatto avvenire fuori campo (con uso del montaggio dilettantesco).

Non si riesce neanche a capire bene se questo Five Nights at Freddy’s sia propriamente un horror, dal momento che non fa paura, non diverte e non riesce a riflettere sul nulla, mettendo in scena una risoluzione che altro non è che l’ennesimo esempio di “furto” (c’è anche il casting a testimoniarlo) di elemento altrui, magari ribaltandolo. Ci sarà comunque un sequel, visto che la critica non è specchio della reazione del pubblico.

Five Nights at Freddy’s è nelle sale italiane dal 2 novembre 2023 con Universal Pictures.

45
Five Nights at Freddy's
Recensione di Jacopo Fioretti

Five Nights at Freddy's di Emma Tammi e prodotto dalla Blumhouse è l'atteso horror live action della famosissima omonima saga videoludica creata da Scott Cawthon (anche sceneggiatore del film). Si tratta di una pellicola che decide di arricchire enormemente l'immaginario del titolo prendendosi delle liberta che finisco con il sovraccaricare un intreccio al punto da minarne la credibilità e allontanarlo da quelli che potrebbe essere i suoi punti di forza cinematografici. Ne esce una soluzione fortemente sfilacciata, dalla resa estetica approssimativa e che finisce con l'essere ricordata solo per la sua verve citazionistica, a fronte di una totale assenza di originalità. Seguito in arrivo al 100%.

ME GUSTA
  • Ci sono degli elementi di fedeltà importante al gioco.
  • Gli animatroni sono ricreati bene, soprattutto quando sono fermi o al massimo quando sono sul palco.
FAIL
  • La trama è cervellotica e sconnessa.
  • Quasi totale assenza di trovate originali.
  • La parte estetica è rivedibile.
  • Quasi nessun personaggio è veramente credibile.
  • C'è un generale depotenziamento dei punti di forza del genere di appartenenza.