I babbuini mummificati in Egitto rappresentano un affascinante enigma che ha da tempo intrigato gli storici e i biologi. Questi animali, legati alla divinità egizia Thoth, sollevano domande sulla loro provenienza e sulle rotte che hanno seguito per giungere nell’antico Egitto. Recentemente, una ricerca interdisciplinare ha portato alla luce nuove scoperte che gettano luce su questo mistero, evidenziando aspetti di globalizzazione, interazioni uomo-fauna selvatica e significato culturale.
Gli antichi egizi veneravano molti animali, e Thoth era spesso raffigurato come un babbuino amadriade, una specie non originaria dell’Egitto. Questi babbuini erano importati, mummificati e offerti come doni votivi, fungendo da collegamento tra il popolo e le divinità. Tuttavia, le loro origini e il modo in cui sono giunti in Egitto sono rimasti oggetto di dibattito accademico.
La biologa Gisela Kopp e il suo team hanno affrontato queste domande utilizzando avanzate tecniche di analisi genetica per esaminare i genomi mitocondriali dei babbuini mummificati e confrontarli con campioni contemporanei provenienti da diverse regioni dell’Africa. Questo confronto ha rivelato che i babbuini avevano origini nel Corno d’Africa, in particolare nell’odierna Eritrea.
Le scoperte si allineano con i resoconti storici dell’antico porto di Adulis, noto per il commercio di animali rari e beni di lusso, tra cui i babbuini. La ricerca suggerisce anche che Punt, una terra leggendaria menzionata negli antichi testi egiziani, potrebbe essere la stessa area geografica di Adulis, indicando un importante centro commerciale nell’antichità.
La rappresentazione dei babbuini nell’antico Egitto, in cui erano venerati mentre altrove erano considerati parassiti, solleva questioni culturali interessanti. Questo enigma suggerisce interazioni complesse tra gli antichi egizi e la fauna selvatica, andando oltre il semplice addomesticamento.
La ricerca di Kopp segna una pietra miliare poiché rappresenta la prima analisi riuscita del DNA antico estratto da primati non umani mummificati. Questo apre nuove strade per la comprensione delle interazioni storiche uomo-fauna selvatica, della diversità genetica e dei modelli di trasmissione delle malattie.