Le prime stelle ad aver illuminato l’Universo hanno sempre suscitato grande curiosità tra gli scienziati, poiché rappresentano il punto di partenza per la formazione di tutto ciò che esiste oggi. E ora, grazie a uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal, abbiamo la possibilità di conoscere meglio queste antiche stelle, grazie alla loro firma chimica.
Queste stelle si sono formate circa 13,5 miliardi di anni fa e sono state individuate attraverso i dati raccolti dal telescopio Vlt dell’Eso. Secondo gli scienziati, queste prime stelle dovevano essere molto diverse dalle stelle che possiamo osservare oggi, avendo una composizione chimica piuttosto semplice e una massa centinaia di volte superiore a quella del Sole.
Tuttavia, la loro esistenza è stata breve e drammatica: essendo costituite essenzialmente da idrogeno ed elio, sono giunte presto al ‘capolinea’, esplodendo come supernove. Questo loro finale ha permesso l’arricchimento del gas circostante con elementi chimici più pesanti. Inoltre, gli astri delle generazioni successive, nati da questo gas addizionato, hanno diffuso a loro volta sostanze ancor più pesanti quando sono arrivati al finale.
Gli scienziati hanno potuto studiare la composizione chimica di queste stelle grazie alle tracce degli elementi chimici sparpagliati nello spazio dopo il loro ‘botto’ finale. In particolare, le tracce sono state trovate in tre nubi di gas molto distanti, osservate in un’epoca in cui l’Universo aveva appena il 10-15% della sua età attuale. Le nubi in questione presentano un profilo chimico compatibile con gli elementi emessi dalle antiche supernove.
La massa delle stelle e il livello di energia delle loro esplosioni hanno giocato un ruolo fondamentale nella diffusione degli elementi, tra cui il carbonio, l’ossigeno e il magnesio. Tuttavia, alcune esplosioni non sono state abbastanza energiche e quindi non hanno permesso l’espulsione di elementi più pesanti, come il ferro che si trova solo nel nucleo stellare.
Il team di ricercatori, guidato da Andrea Saccardi, ha utilizzato il Vlt dell’Eso per individuare nubi di gas distanti con una composizione chimica specifica: poco ferro, ma abbondanza di altri elementi come il carbonio. Le tre nubi sopra menzionate rispondono a questo profilo chimico particolare, che è stato osservato anche in numerose stelle antiche della Via Lattea, ritenute di seconda generazione rispetto a quelle primordiali.
I risultati ottenuti da questa ricerca aprono nuove prospettive di ricerca per i telescopi e gli strumenti di prossima generazione, come l’imminente Elt dell’Eso e il suo spettrografo ad alta dispersione Andes. La scoperta della firma chimica delle prime stelle rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dell’Universo e della sua evoluzione nel tempo.